Fondi europei, a Sicilia e Calabria il record dei ritardi
19 programmi operativi su 51 dei fondi strutturali europei per il periodo 2014-20 non hanno raggiunto i target programmati e rischiano perciò il disimpegno, cioè la restituzione delle risorse all'Unione Europea alla fine dell'anno. La spesa sostenuta e certificata dalla Commissione europea ammonta a circa 4.5 miliardi di euro ma solo il 53% è già stato da Bruxelles messo a disposizione del nostro paese, il che significa che da qui alla fine dell'anno l'Italia dovrà riuscire a "tirare " altri 2.5 miliardi di euro. Il programma operativo nazionale per le piccole e medie imprese e i programmi operativi di alcune regioni- prevalentemente del Centro-Nord sono in regola con gli obiettivi prefissati, mentre fondo sociale europeo sul terreno nazionale e Sicilia e Calabria per quanto riguarda i programmi regionali sono in forte ritardo.
È quanto emerge dal rendiconto di metà anno pubblicato dall'Agenzia per la coesione, responsabile per il monitoraggio e l'implementazione della spesa europea Non è la sola notizia negativa di questa fine d'agosto per quanto riguarda l'utilizzo dei fondi europei. Il vicepresidente ed assessore all'economia della regione siciliana, Gaetano Armao, ha denunciato le difficoltà derivanti dall'obbligo per regione ed enti locali di rispettare i parametri del patto di stabilità interno nel cofinanziamento dei fondi strutturali. Si ripresentano, insomma, questioni che sono state spesso in passato oggetto di dibattito ma alle quali non si riesce a dar soluzione, tanto che la situazione a metà del corrente periodo di programmazione non appare sostanzialmente diversa da quella che fu oggetto di tante preoccupazioni alla conclusione del periodo di programmazione 2007-2013.
Qual è il male che impedisce al nostro paese di utilizzare un maniera efficace ed efficiente gli oltre 40 miliardi tra fondi europei e cofinanziamenti nazionali disponibili? La malattia si chiama cattiva organizzazione della pubblica amministrazione, incapacita' di essa di adeguarsi alle regole europee, incertezza del quadro politico. È altrettanto vero tuttavia che i regolamenti europei che normano i programmi attuativi delle politiche di coesione territoriale sono eccessivamente farraginosi, pieni di complicazioni e codicilli spesso inutili.
Finora tutti i tentativi di cambiare tale stato di cose, compreso il ben noto rapporto Barca che ha dato l'impronta all'attuale ciclo di spesa, si sono scontrati con una realtà nazionale che sembra impenetrabile. È in corso la discussione a livello dell'Unione sul 2021-2028, ma la sensazione è di una crescente difficoltà anche per il conflitto politico che va emergendo tra diversi stati membri. Il governo populista italiano è fortemente tentato dalla scorciatoia della rinazionalizzazione dei fondi, in passato cara ad una parte del mondo politico britannico. Ciò consentirebbe a Cinque stelle e Lega , per esempio, di liberarsi dai vincoli europei e dagli obblighi inerenti alla coesione, con la possibilità di dirottare almeno 20 miliardi di euro nei prossimi due anni verso reddito di cittadinanza e flat tax.
C'è questo disegno, che segnerebbe un ulteriore passo per l'uscita dell'Italia dalla dimensione europea dietro molto atti e dichiarazioni di alcuni esponenti dell'Esecutivo. Tale é, per esempio, il significato.recondito del messaggio che Luigi Di Maio ha lanciato all' Europa approfittando dell'incredibile vicenda dei 150 migranti sequestrato a bordo della nave Diciotti della Guardia Costiera italiana: se non ci accontentate non vi verseremo i 20 miliardi di contributo italiano al bilancio UE. Ma siccome gli"arcana imperi" sono noti solo a pochi "iniziati", la ministra del Mezzogiorno Barbara Lenzi si appresta, secondo notizie di stampa, a chiedere a Bruxelles un breve rinvio delle scadenze previste per la fine d'anno: una mossa tecnicamente corretta che però non risolve i molti e complessi problemi politici che stanno alla radice del mancato utilizzo dei fondi strutturali in Italia.
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