Dopo Riina mafia pacificata nel segno del business

Società | 25 gennaio 2019
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Dopo la morte di Totò Riina le dinamiche interne a Cosa nostra rivelano un patto di pacificazione tra le cosche e di riorganizzazione nelle quali Matteo Messina Denaro è quasi ininfluente. La fotografia della evoluzione della mafia emerge dalla relazione del presidente della Corte d’appello Matteo Frasca per l’inaugurazione dell’anno giudiziario al palazzo di giustizia di Palermo.

Frasca sottolinea che è ormai accertata la «pacifica convivenza dei corleonesi, anche i più intransigenti, con i perdenti, ormai tornati da qualche tempo sul territorio di origine, che gestiscono indisturbati i loro affari illeciti anche di un certo rilievo». Il segno di una ritrovata convivenza viene colto nel fatto che nelle indagini più recenti «non vi è traccia di ideazione, anche generica, di fatti di sangue o, in ogni caso, di violenza da una parte o dall’altra». Le principali fonti di arricchimento e di accumulazione restano sempre il traffico di stupefacenti, il pizzo che è ancora «lo strumento più semplice da adottare in tempi brevi», le scommesse soprattutto on line. La mafia è sempre attiva, con articolazioni che arrivano nel mondo delle professioni, nel campo degli appalti, ma la gestione e la turbativa riguardano quasi esclusivamente quelli degli enti locali di piccole e medie dimensioni.  Dopo gli arresti di boss e fiancheggiatori e il sequestro di ingenti patrimoni la mafia cambia strategie. «Si sta rigenerando - ha detto il pg Roberto Scarpinato nella relazione di apertura dell’anno giudiziario a Palermo - e sta dimostrando di potere ricorrere a varie strategie di resistenza. Da un lato mantiene i metodi intimidatori classici e dall’altro ha avviato un processo di lento e sotterraneo mutamento del metodo di rapportarsi con la società civile».  Potremmo definire questa traiettoria - ha aggiunto Scarpinato - come una progressiva transizione dalla violenza al consenso».

«La Sezione Territoriale 'Palermò della Procura della Repubblica ha fatto registrare un forte incremento dell’attività cautelare. Le richieste di misure cautelari personali hanno subito un incremento pari al 43,78% rispetto all’anno giudiziario precedente mentre le misure reali sono aumentate del 23,5%». «Si può affermare, invece, che la morte del detto Riina - si legge nella parte tratta dalla relazione fornita dal procuratore della Repubblica, Francesco Lo Voi - ha contribuito ad accelerare i processi non conflittuali di riorganizzazione dei vertici dell’organizzazione e delle altre strutture intermedie». «Viene, in ogni caso, confermata l’elevata resilienza delle strutture organizzative criminali della Cosa nostra palermitana che, una realtà più volte verificata e comprovata. Sarebbe, pertanto, un errore gravissimo sottovalutare il potenziale criminale dell’organizzazione, prestando minore attenzione alle attuali pericolose dinamiche associative. Deve continuare il processo di logoramento della forza militare, territoriale, economica e politica di Cosa nostra, che ha già dato esiti molto positivi e che, mantenendo fermo l’attuale livello dell’attività giudiziaria, potrebbe fornire, nel tempo, risultati decisivi. Mentre si può ragionevolmente escludere una interferenza del latitante Matteo Messina Denaro nelle dinamiche associative dei mandamenti palermitani». Il punto di forza di Matteo Messina Denaro, l’ultimo importante e pericoloso boss mafioso ancora latitante, è la sua meticolosa applicazione di un "criterio dinastico» nel governo dell’associazione mafiosa. Messina Denaro, sostiene il procuratore generale Matteo Frasca,

sceglie sempre persone appartenenti alla propria cerchia familiare in modo che il vincolo mafioso coincida pienamente con il vincolo di sangue. Il metodo del boss più ricercato d’Italia ha trovato

riscontro nelle ultime indagini che hanno portato prima all’arresto e poi alla condanna di alcuni stretti congiunti di Messina Denaro: il cognato Filippo Guttadauro, il fratello Salvatore e la sorella Patrizia, il cognato Vincenzo Panicola, i cugini Giovanni Filardo e Lorenzo Cimarosa, il nipote Luca Bellomo. La selezione dei sottocapi tra le persone di famiglia si accompagna a un’altra strategia di governo del territorio e consiste nella rinuncia alle più eclatanti azioni criminali come

stragi e delitti eccellenti. Ciò gli ha consentito di «operare in una cornice di pace apparente utilizzando soggetti insospettabili che hanno permesso a Cosa nostra di penetrare nel tessuto sociale ed economico». Tra i settori controllati da Messina Denaro la grande distribuzione alimentare e la

produzione di energie alternative.

«Rivolgo un saluto e un ringraziamento ai giornalisti che, in un contesto generale di insofferenza alla critica e al dissenso, sono chiamati ad assicurare un’informazione libera, credibile, responsabile e plurale, concorrendo alla formazione delle coscienze e alla crescita della democrazia del Paese; un ricordo particolare intendo rivolgere alla memoria di Mario Francese del cui omicidio per mano mafiosa ricorre oggi (26 gennaio, ndr) il quarantesimo anniversario».


«Le principali fonti di reddito di Cosa nostra provengono dal traffico di stupefacenti acquistati dalle organizzazioni calabresi e campane e dalle estorsioni; continua l’espansione dell’infiltrazione nel settore dei giochi e scommesse soprattutto on line; permane la presenza nel campo degli appalti, ma la gestione e la turbativa riguardano quasi esclusivamente quelli degli enti locali di piccole e medie dimensioni». «Un obiettivo prioritario dell’Ufficio - si legge nella parte tratta dalla relazione fornita dal procuratore della Repubblica, Francesco Lo Voi - rimane l’ablazione dei patrimoni mafiosi mediante le misure di prevenzione ed i sequestri preventivi, nonchè il contrasto all’inquinamento mafioso delle attività economiche mediante misure cautelari personali e reali nei confronti di imprenditori e professionisti, anche esterni alla struttura associativa, dei quali Cosa nostra si avvale per condurre i suoi affari». Per quanto riguarda le attività di riciclaggio fuori dalla Sicilia, «sussistono concreti elementi per ritenere che, oltre a quelle tradizionalmente ramificate all’estero, la destinazione privilegiata delle somme da ripulire in Italia non sia costituita dalle regioni del Nord, bensì da quelle centrali, con particolare riferimento alla regione Lazio»


«Continuano a essere numerosi, anche se in sensibile diminuzione, i procedimenti di competenza del Tribunale in materia di immigrazione, essendone sopravvenuti 1.229 a fronte dei 1.543 del periodo precedente, con un decremento del 20%, mentre le definizioni sono passate da 2.553 a 2.231, con un decremento del 12,6%; la pendenza segnala un decremento di circa il 29%.». Si legge nella Relazione. «Diversa la tendenza osservata in appello. Infatti, nel periodo di riferimento - prosegue - si osserva una riduzione delle iscrizioni pari al 22,9% [da 384 a 296] mentre le definizioni registrano un aumento significativo pari al 202,6% [118 contro le 39 dell’anno precedente]. La pendenza finale è pari a 650 in aumento del 37,7% rispetto all’anno precedente quando si era attestata a 472». «Ha assunto un rilievo straordinario nel nostro distretto il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati», scrive il presidente della Corte d’appello. L'introduzione di nuove norme (istituzione dell’albo dei tutori volontari presso i Tribunali per i Minorenni e trasferimento al Tribunale per i Minori della competenza per le tutele) viene accolto con favore: " Il mutamento normativo consente oggi nella scelta dei tutoriun intervento omogeneo e specializzato per tutto il distretto». Al termine del primo semestre del 2018, i procedimenti di tutela iscritti sono stati 660. Nonostante il calo degli sbarchi, il numero delle tutele aperte continua a essere molto elevato. «le segnalazioni - si legge nella relazione - non riguardano solo i minori sbarcati nella Sicilia Occidentale, ma anche quelli che vengono trasferiti nelle numerosissime strutture comunitarie sorte nel territorio del distretto, con una incidenza statistica del numero di minori sbarcati fuori distretto di oltre un terzo».



«Sono in calo le notizie di reato aventi ad oggetto la corruzione, la concussione, l’indebita percezione di contributi, i reati di falso in bilancio e bancarotta fraudolenta, le attività terroristiche; presentano segno negativo anche le variazioni del numero di denunce riguardanti i delitti di associazione a delinquere di tipo mafioso, l’omicidio volontario tentato e consumato, l’omicidio colposo per infortuni sul lavoro e le lesioni colpose sia per infortuni sul lavoro che per violazione delle norme di circolazione stradale. E’ evidente, in controtendenza rispetto all’anno passato, la diminuzione di reati contro il patrimonio quali furti, rapine, usura, autoriciclaggio e frodi nelle sovvenzioni comunitarie». "Sono invece aumentate le denunce per omicidio colposo - prosegue - per violazione di norme sulla circolazione stradale; sono lievemente aumentate le denunce per estorsione e ancor di più in materia di riciclaggio; analogamente in ascesa i fenomeni dei reati informatici e della tossicodipendenza ed i reati in materia tributaria. In ascesa anche i delitti contro la libertà individuale considerati nel complesso, anche se le denunce per riduzione in schiavitù sono in netto decremento, e contro la libertà sessuale; stazionario il numero di denunce per stalking».

«Il fenomeno della prescrizione ha subito in questo distretto anche quest’anno una consistente riduzione: 2.339 sono stati i procedimenti estinti per prescrizione contro i 2.888 del periodo precedente, con una flessione del 19 %». Rispetto al dato nazionale, quelli relativi al distretto di Palermo si mantengono al di sotto per ciascuna tipologia di ufficio: infatti 8,55% è il dato medio nazionale relativo ai Tribunali, 8,22% il dato riguardante gli uffici gip/gup, 25,99% l’incidenza percentuale dei procedimenti definiti dalle Corti di Appello con sentenza di prescrizione.


Allarme femmicidi e baby criminali, attenti al terrorismo islamico

Sulla violenza di genere e le baby gang l’allerta dei giudici rimane sempre alta, come su molti altri reati di grande impatto sociale: ecco come il Primo presidente della Cassazione Giovanni Mammone ne ha parlato, e alle sue parole si aggiungono quelle del Pg Riccardo Fuzio sul terrorismo islamico e la criminalità organizzata.

«Di notevole allarme sociale è il fenomeno del cosiddetto

femminicidio che, pur non rilevante numericamente, è indice di

una persistente situazione di inferiorità della donna

nell’ambito familiare - ha detto Mammone - e di una tendenza a

risolvere crisi coniugali attraverso la violenza. Viene

segnalato, inoltre, l’aumento del numero dei procedimenti per

reati contro la libertà sessuale, anche commessi

da minori, e per stalking». Le mura familiari sono spesso luogo

di conflitti che sfociano in denunce: «si conferma la tendenza

all’aumento dei procedimenti per reati connessi alla

conflittualità familiare, dai maltrattamenti» al mancato

pagamento degli alimenti per moglie e figli «che matura spesso

in contesti di disagio economico e sociale ed è spesso

condizionata da abuso di alcool e droghe», ha spiegato Mammone.

Sulle violenze commesse dai minori, si è inoltre soffermato

il Primo presidente definendolo un «fenomeno allarmante» pur se

"limitato numericamente». Mammone ha ricordato le «aggressioni

violente e immotivate messe in atto da giovanissimi

ai danni di coetanei». «Si tratta di vicende che impegnano non

solo la polizia giudiziaria, ma anche gli organi di giustizia

minorile, i servizi sociali ed altri enti incaricati della

tutela delle vittime».

Quanto alle carceri italiane, Mammone non ha nascosto come

nuovamente si rischia il collasso. «Quanto alla situazione delle

carceri, si registrano nuovamente casi di sovraffollamento.

Cresce la popolazione carceraria straniera. Il numero dei

detenuti stranieri alla data del 31 dicembre 2018 era di 19.745

su 57.608, la capienza regolamentare alla stessa data era di

50.499. Elevatissimo, e in aumento per l’attribuzione di nuove

competenze, risulta il carico di lavoro della magistratura di

sorveglianza pur a fronte di un costante ed elevato numero di

definizioni, con un generale aumento delle pendenze».

Sul rischio jihad, il Pg Fuzio è intervenuto rilevando come

nonostante «la quasi completa sconfitta militare del cosiddetto

Islamic State nello scenario di guerra siro-iracheno», «il

livello della minaccia terroristica rimane elevato, per la

persistenza di forme di pubblicità, esaltazione, proselitismo

dell’agire terroristico sul web». «In ogni caso il sistema

complessivo di contrasto si è rivelato all’altezza». Il Pg ha

poi sottolineato la ripresa dell’attività della Cupola

palermitana di Cosa Nostra, dopo la morte dei boss Riina e

Provenzano e la crescente insicurezza delle strade di Napoli

"scenario» di crimini di camorra che mettono a repentaglio

l'incolumità dei cittadini.


Troppe toghe sotto inchiesta, spesso per scorrettezza


Il caso più recente è quello dei due magistrati di Trani , Antonio Savasta e Michele Nardi, arrestati con l’accusa di aver fatto parte di un’associazione per delinquere finalizzata ad intascare tangenti per insabbiare indagini e pilotare sentenze giudiziarie e tributarie in favore di facoltosi imprenditori. Ma non si tratta di una vicenda isolata. Altre toghe sono finite sotto indagine e si tratta di episodi che si ripropongono sempre più spesso. E’ per questo che il procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio ha colto l'occasione della solenne cerimonia di inaugurazione dell’anno

giudiziario per esprimere tutta la sua preoccupazione per un

fenomeno che danneggia l’immagine dell’intera magistratura.

«Suscita allarme la gravità e la frequenza degli episodi che

di recente hanno visto coinvolti diversi magistrati, perché ciò

determina un indebolimento della fiducia dei cittadini

nell’indipendenza e imparzialità della funzione penale», ha

detto esprimendo tutto il suo sconcerto. Ma anche assicurando

che «di fronte a questa situazione il sistema disciplinare sa e

deve essere severo al pari di quello penale». L’attenzione della

procura generale è puntata sui rapporti tra i magistrati e gli

ausiliari della giustizia, «specie in ambienti particolarmente

esposti per l’entità degli interessi in gioco» come le

procedure fallimentari e le misure di prevenzione patrimoniale,

ha spiegato Fuzio ricordando il «caso Saguto», la vicenda cioè

della gestione delle misure di prevenzione del tribunale di

Palermo. Una vicenda che ha evidenziato che prima che sul piano

disciplinare bisogna agire «preventivamente» con più penetranti

controlli amministrativi e di professionalità «per evitare il

rischio di derive patologiche in un settore di rilevantissimo

interesse economico ,capace di incidere sul piano nazionale in

termini di difesa della legalità del fenomeno mafioso».

L’anno scorso sono state 149 le richieste di procedimenti

disciplinari a carico dei magistrati , la maggior parte (il

61,1%) a firma dello stesso Pg della Cassazione, mentre

ammontano a quasi il 40% quelle del ministro della Giustizia.

Sono state invece 141 i provvedimenti emessi dalla Sezione

disciplinare del Csm: di questi 35 sono condanne (24,8%) e 40 le

assoluzioni (28,4%). Mentre nei casi rimanenti si è proceduto

all’archiviazione. Tre i magistrati che sono stati rimossi

dall’ordine giudiziario, 4 sono stati invece sanzionati con la

perdita di anzianità, 24 con la censura e quattro con

l'ammonimento, la sanzione più lieve.

Come negli anni scorsi è nelle regioni del meridione che si

concentra il maggior numero di magistrati sottoposti ad azione

disciplinare. Nelle sole regioni Sicilia e Campania presta

servizio il 30,8% dei magistrati incolpati. Segue il Lazio, al

Centro, con il 10,3%. Mentre la classifica del Nord è guidata

dalla Lombardia (5,1%)

La maggior parte delle incolpazioni (47,6) riguarda le

violazioni del dovere della correttezza, il 38,6% della

diligenza. Quelle che si riferiscono a comportamento tenuto dai

magistrati fuori dall’attività giudiziaria rappresentano il

13,8%.  





 di Angelo Meli

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