Disastro Covid: aumentano poveri e disoccupati in Sicilia

22 giugno 2020
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Disparità ampie, reddito medio inferiore alla media italiana, disuguaglianze profonde, aumento della povertà assoluta. E’ il quadro descritto dal rapporto di Bankitalia sulla condizione delle famiglie siciliane, che resistono meglio che in altre crisi ma in un contesto di «divario con il resto del Paese in ambito sociale e ambientale, non colmati negli ultimi dieci anni». «La regione - affermano gli analisti - continua a caratterizzarsi per un livello di reddito inferiore alla media italiana e per una più ampia disparità nella sua distribuzione. La disuguaglianza dei redditi da lavoro, aumentata a seguito delle precedenti crisi, rimane elevata a causa del persistere di una maggiore incidenza di nuclei attivi senza reddito da lavoro. A questa si accompagnano ampi divari rispetto al resto del Paese in ambito sociale e ambientale, non colmati negli ultimi dieci anni. La quota di famiglie in povertà assoluta, maggiore rispetto alla media italiana, rischia di aumentare ulteriormente a seguito degli impatti dell’emergenza sanitaria; sono state comunque attivate misure di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito e ai consumi delle famiglie»

Le famiglie siciliane, però resistono. «Dal punto di vista finanziario le famiglie siciliane - spiega il rapporto - risulterebbero più resistenti alla congiuntura sfavorevole rispetto ai precedenti episodi di crisi. Dal 2008 tra le attività finanziarie, il cui valore è aumentato, si è assistito a una ricomposizione verso quelle più facilmente liquidabili. Alla fine del primo trimestre del 2020 i depositi bancari, che rappresentano la parte prevalente del risparmio, sono ancora cresciuti mentre si è registrato un forte calo del valore dei titoli a custodia detenuti dai risparmiatori, per le tensioni sui mercati innescate dal diffondersi della pandemia. La vulnerabilità finanziaria delle famiglie, misurata dal rapporto tra debiti e reddito disponibile, si è ridotta nell’ultimo decennio, portandosi su livelli inferiori a quelli medi nazionali. E’ inoltre proseguita la ricomposizione della struttura dell’indebitamento delle famiglie: l’incremento della quota di mutui a tasso fisso riduce i rischi legati a un eventuale rialzo dei tassi d’interesse. Nel primo trimestre del 2020 i flussi di nuovi mutui sono risultati equivalenti a quelli osservati nello stesso periodo dello scorso anno, mentre le nuove erogazioni di credito al consumo hanno segnato una notevole flessione.

Il turismo è la vittima immediata dell’epidemia, conferma inoltre il rapporto di Bankitalia sulla Sicilia. «Tra i principali comparti di specializzazione regionale, quello turistico, che negli ultimi anni ha sostenuto la dinamica dei servizi - si legge - è uno dei più esposti alla crisi, anche in ragione della dipendenza dalla domanda estera e dei tempi necessari a ripristinare la fiducia dei viaggiatori, che amplificheranno le difficoltà delle imprese per la stagione estiva 2020».

Nel complesso, i servizi privati non finanziari prevedono «una contrazione dei ricavi superiore al 30 per cento nel primo semestre del 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, in particolare a causa del calo della domanda interna e di problemi nella logistica».

Il quadro non era incoraggiante anche prima del contenimento da Covid. Nel 2019 le presenze turistiche erano risultate sostanzialmente stabili. Erano diminuiti, afferma Bankitalia, «i pernottamenti negli alberghi, a fronte di una moderata crescita di quelli presso altre strutture, e le presenze di stranieri, che rappresentano la metà del totale (un’incidenza superiore di oltre dieci punti percentuali rispetto alla media del Mezzogiorno)». Secondo i dati della Banca d’Italia, anche la spesa media giornaliera dei turisti stranieri si è ridotta. L’andamento dei flussi turistici è stato eterogeneo tra le province siciliane, con cali significativi a Ragusa e Trapani, su cui può aver inciso la riduzione dei collegamenti aerei degli scali locali.

«I livelli occupazionali nel 2019 - si legge ancora - sono rimasti sostanzialmente stabili rispetto all’anno precedente, su valori ampiamente inferiori a quelli osservati prima della crisi finanziaria. Nella prima parte del 2020 il mercato del lavoro ha risentito del progressivo rallentamento dell’attività economica e della sospensione di alcune at-tività non essenziali disposta per il contenimento della pandemia: i dati amministrativi sulle comunicazioni obbligatorie evidenziano un forte calo delle assunzioni nei mesi di marzo e aprile. Le ricadute dell’emergenza sanitaria sull'andamento dell’occupazione sono state mitigate dall’ampio ricorso alla Cassa integrazione guadagni (CIG) e dal blocco dei licenziamenti. Effetti rilevanti sull'occupazione potrebbero emergere nei prossimi mesi; in Sicilia la componente a tempo determinato era fortemente cresciuta negli ultimi anni e ha un’incidenza maggiore rispetto alla media nazionale».

Per il primo semestre del 2020 circa un terzo delle aziende siciliane del settore Industria ha previsto una contrazione del fatturato superiore al 30 per cento, afferma, infine, il report sulla Sicilia di Banca d’Italia. Il quadro non era già positivo prima del Covid. «Secondo le stime di Prometeia - si legge nel report - nel 2019 il valore aggiunto industriale è diminuito (-1,2 per cento) in misura più marcata rispetto a quanto registrato nella media nazionale e del Mezzogiorno». In Sicilia le imprese che nel 2019 avevano registrato una riduzione del fatturato «hanno prevalso sui casi di aumento, con un andamento simile tra le diverse classi dimensionali d’impresa». Tra metà marzo e metà maggio del 2020, Bankitalia ha condotto una indagine straordinaria su un campione di imprese: «Per il primo semestre del 2020 circa un terzo delle aziende ha previsto una contrazione del fatturato superiore al 30 per cento, con un andamento peggiore per le imprese attive nei settori sospesi» dai decreti del governo. «Il blocco dell’attività - sottolinea il report - ha riguardato imprese che rappresentano il 28 per cento del valore aggiunto del settore industriale, una percentuale nettamente inferiore sia alla media del Mezzogiorno sia a quella nazionale (44 e 56 per cento, rispettivamente), a causa della diversa composizione settoriale. La quota sale di quasi due punti se si tengono in considerazione gli effetti di filiera, ovvero la mancata domanda espressa dai settori sospesi e le forniture ai settori essenziali da parte di quelli non essenziali, e al netto del ricorso al lavoro agile».

"Nonostante la regione siciliana stia stata più lievemente colpita rispetto ad altre aree del paese dalla pandemia dal punto di vista sanitario e nonostante l’ambito di attività soggette a chiusura esprimono una percentuale sul valore aggiunto sul totale inferiore rispetto ad altri territori, ci sono effetti dirompenti ed importanti", dice Pietro Raffa, direttore della sede di Palermo della Banca di Italia. Nell’isola i settori soggetti a sospensione pesano per il 22% sulla formazione del valore aggiunto, ma il rallentamento si è ripercosso sull'intera economia. "Dalle interviste svolte alle imprese - spiega ancora Raffa - viene fuori un valore aggiunto prodotto nel primo semestre molto più contenuto rispetto a quello del primo semestre dello scorso anno. Con una caduta della domanda interna particolarmente rilevante che ha ridimensionato le attese di ricavi. Così le previsioni di investimento sono state ridimensionate così come quelle per l’anno successivo".

I cantieri restano bloccati

In Sicilia occorrono in media 5 anni e 4 mesi per completare una infrastruttura. Lo studio è stato condotto raccogliendo i dati messi a disposizione dalla Banca dati delle Amministrazioni pubbliche (BDAP) della Ragioneria generale dello Stato dove è possibile ricavare informazioni sullo stato di avanzamento nella realizzazione delle opere pubbliche. Alla fine del 2019, le opere approvate nel periodo 2011-19 risultavano concluse o in fase di conclusione in poco meno del 40% dei casi, in corso di esecuzione o in fase di progettazione, in entrambi i casi, nel 30% circa. Le opere concluse sono mediamente meno costose, meno recenti e più di frequente consistono in interventi di manutenzione. Estendendo l’analisi a tutti i progetti presenti nella banca dati e per i quali si hanno informazioni sulle date di completamento delle singole fasi operative (circa 9.900 interventi, distribuiti nel periodo 1990-2019), è possibile stimare in 5 anni e 4 mesi il tempo medio di realizzazione delle opere pubbliche in Sicilia. Di questi, circa il 36% è rappresentato da tempi di attraversamento tra una fase operativa e la successiva. La fase di progettazione risulta essere quella di maggiore durata (oltre 28 mesi in media), con un’incidenza particolarmente elevata dei tempi di attraversamento, sui quali pesa anche l’affidamento dei lavori.

 Le fasi di esecuzione e conclusione hanno entrambe una durata media di poco inferiore a un anno e mezzo. I tempi sono superiori nel caso degli interventi di ristrutturazione e ampliamento o delle nuove realizzazioni, per le opere di competenza dei Concessionari di reti e per quelle di importo maggiore. I tempi di realizzazione delle opere pubbliche in Sicilia risultano superiori di oltre il 60% a quelli medi nazionali. Su tale differenza incide anche la diversa composizione dei progetti censiti nella banca dati: per la Sicilia il peso degli interventi al di sopra dei 500.000 euro è maggiore della media italiana di 24 punti percentuali. Elaborazioni della Banca mostrano che, a parità di alcune caratteristiche osservabili (tipologia di intervento, settore, soggetto attuatore, fascia di costo e anno di decisione), in regione i tempi di realizzazione e quelli di attraversamento sono più lunghi rispettivamente di 16 e 8 mesi rispetto al resto del Paese. Oltre a un ciclo di realizzazione più lungo, la Sicilia si caratterizza anche per un’elevata quota di opere incompiute sul totale nazionale. 

 In base ai dati pubblicati dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, un quarto delle opere incompiute censite a fine 2017 era localizzato in Sicilia. Come nel resto d’Italia, la maggior parte delle opere riguardava il settore delle infrastrutture sociali. L’avanzamento finanziario delle opere incompiute, misurato dal rapporto tra l’importo dei lavori realizzati e il costo complessivo, era in media del 40,7 per cento in Sicilia, rispetto al 57,8 in Italia; in regione tuttavia la quota di opere dichiarate incompiute con un avanzamento superiore al 75 per cento era significativamente maggiore della media nazionale. I dati disponibili consentono di avere alcune informazioni sulle cause alla base del mancato completamento dell’opera. Sia in Sicilia sia in Italia la causa principale dichiarata risiedeva nell’esaurimento di fondi; in regione erano meno frequenti, rispetto alla media nazionale, motivazioni legate a cause tecniche o al mancato interesse al completamento, mentre erano relativamente più probabili cause dipendenti dall’entrata in vigore di nuove norme. 

Angelo Meli



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