Dalla fusione a freddo alla scissione a caldo del Pd
Dalla fusione alla scissione. È il titolo più esemplificativo del dramma che ha sconvolto il PD. È la presa d'atto di una fusione fallita di post-ideologie (ex comunisti, ex democristiani) che ha dato luogo a un no-ideologie. Invece di una nuova cultura riformista che avrebbe dovuto sostituire quella novecentesca, non più in grado di rispondere a un'economia globale alle prese con gli effetti della rivoluzione informatica, essa ha sancito il trionfo del neoliberismo e la rinuncia ad ogni critica al capitalismo.
Quest'ultimo è stato considerato l'unico vincitore della Storia dopo il fallimento del comunismo degli ex paesi socialisti e dell'ultima grande nazione retta da un partito comunista quale la Cina, dove prospera un sistema capitalistico rampante e di nuovo conio. Per fortuna Papa Francesco non rinuncia a criticare quel capitalismo senza finalità sociali che genera e alimenta le grandi disuguaglianze e la nuova povertà estesa ai ceti medi. La crisi del PD è tutta dentro quella più generale del centro-sinistra europeo e mondiale, allontanatosi dai bisogni correnti del suo popolo, incapace di inventare nuove politiche economiche e sociali tese a ridurre le ingiustizie e le disuguaglianze sociali, travolto e confuso dalla post-ideologia che nega l'esistenza della destra e della sinistra come valori etici, economici, sociali, culturali alternativi.
La conseguenza di ciò è la crisi attuale dei sistemi di democrazia parlamentare e l'affermarsi di nuove forme di destra populista alla Le Pen o alla Trump. La maggioranza del PD ha rifiutato il confronto su questi temi, ha tradotto tutto in uno scontro di potere interno per qualche poltrona, mentre la minoranza dopo incertezze politiche durate anni, non ha saputo rappresentare con chiarezza la sua alternativa valoriale. Il gioco delle correnti ha allontanato parte della base sociale storica del PD. Il popolo delle periferie, i lavoratori occupati e precari, i disoccupati o si sono ritirati dalla partecipazione politica attiva nel centro-sinistra o si sono rivolti ad altri come i 5 Stelle. Renzi, con le sue capacità comunicative, è apparso una soluzione ai più fiduciosi, con la sua rincorsa del "centro" ha finito per scavalcarlo, perdendo la sua identità di sinistra, peraltro non saputa difendere dalla sua classe dirigente storica.
Il successo di Renzi così come il suo fallimento, è il frutto del fallimento della classe dirigente storica della sinistra derivante dal PCI con le sue successive trasformazioni. Non è dunque credibile che, quanto avvenuto nell’assemblea nazionale e nella direzione del PD, sia solo un problema di conflitti e di antipatie personali all'interno della classe dirigente di quel partito. Il PD da oggi è un'altra cosa, ma non sappiamo nemmeno come sarà quel soggetto politico invocato da più parti che dovrebbe darci un progetto di riorganizzazione del mondo e dell’Ue nell'era di Trump, della Brexit e di una possibile Frexit. Come contrastare le povertà vecchie e nuove, la disuguaglianza crescente? Come ripartire dalla lettura critica dell'attuale capitalismo finanziario, dal fallimento dell'esperienza storica del Comunismo, ma anche dalla crisi della socialdemocrazia? La ricerca dovrà coinvolgere le grandi risorse umane e culturali presenti tra la gente che soffre la crisi, che è impaurita sino ad abbandonarsi al mito risolutivo dell’uomo forte, a scapito della democrazia e dei diritti.
Non bastano i blog e i tweet per una partecipazione attiva e solidale di milioni di persone, se non c’è la riproposizione di un reale governo dell’economia da parte della politica, della centralità delle istituzioni democratiche ma rappresentative ed efficienti da sistemi elettorali che consentano controllo e scelta democratica della rappresentanza. Non abbiamo bisogno di comunicazione efficace, ma di politiche che possono essere efficacemente comunicate ed applicate per ridurre le diseguaglianze. Quindi tutto ci riporta alla questione centrale dell’attuale fase: se la rivoluzione informatica ha trasformato e trasformerà sempre più i sistemi produttivi e dei servizi del mondo come creare nuovi lavori e nuovi sistemi sociali solidali per ridurre le diseguaglianze? La sfida del XXI secolo per una nuova cultura di sinistra si gioca su questo fronte che è aperto già da un po’, non perdiamo altro tempo!
Vito Lo Monaco
L'arte della divisione che ha polverizzato la sinistra in cento anni
La più famosa è quella di Livorno del 1921 che ha battezzato la nascita del Partito comunista d’Italia: la «dannazione» che tormenta la sinistra italiana si chiama «scissione». Prima si chiamava Partito Socialista, nel simbolo c’era la falce e il martello, correva l’anno 1892.
Livorno
Da una parte i socialisti dove militava anche Benito Mussolini, dall’altra il Pci di Antonio Gramsci. Da quasi un secolo e con le dovute proporzioni la sinistra sembra interrogarsi ancora attorno alle nuove versioni dell’antica dicotomia tra riformismi e massimalismi che attanaglia l’area progressista italiana.
E se fu dalla scissione della mozione di sinistra al 17esimo congresso del Partito socialista italiano che nacque il Pci, fu sempre da una costola del Psi che nacquero anche i socialdemocratici (allora il partito si chiamava Psli).
Il Psdi
Quando a palazzo Barberini andò in onda, era il 1947, il j’accuse di Giuseppe Saragat contro Pietro Nenni reo di essere troppo «filocomunista». Un altro strappo clamoroso nella storia della Repubblica cui fece seguito, l’anno dopo, anche una scissione nel sindacato. Dalla Cgil, fino ad allora composta da tre formazioni principali, comunista, socialista e cattolica, dopo lo sciopero generale che seguì l’attentato a Palmiro Togliatti, uscirono prima i cattolici poi i repubblicani e i socialdemocratici.
Dal Psi al Psiup
Un’altra scissione porta nel 1964 alla nascita del Psiup, il Partito socialista italiano di unità proletaria, voluto dalla sinistra del Psi. Partito che a sua volta nel 1972 si auto-sciolse decidendo di confluire nel Pci. Tranne un’ala: quella guidata da Vittorio Foa, che costituì il Pdup, Partito Democratico di Unità Proletaria, che poi a sua volta si fonderà con il gruppo del Manifesto.
Con la scissione social-democratica, che rappresenta la seconda divisione tra socialisti e socialdemocratici dopo il fallimento dell’operazione che aveva portato al Partito Socialista Unificato (Psu), nacque il Psdi. Era il 1969.
Rimini 1991
Durante il XX congresso del Pci si concluse definitivamente l’esperienza incominciata nel 1921 a Livorno e si aprì la nuova avventura della sinistra italiana. Nacque il Pds, con Achille Occhetto che aveva iniziato l’operazione di rinascita al congresso della Bolognina. La svolta fu contestata da Cossutta, Salvato, Libertini, Serri e Garavini che fondarono così il Movimento per la Rifondazione Comunista, che poi diverrà il Partito della Rifondazione Comunista.
Rifondazione si spacca
Nel 1995, in occasione della fiducia al governo tecnico guidato da Dini i gruppi parlamentari di Rifondazione si spaccarono ancora: in 14 deputati votarono la fiducia e diedero vita a una nuova formazione, quella dei Comunisti Unitari. Tra riunificazioni e scissioni si arriva all’11 ottobre 1998, quando in concomitanza con la crisi del governo Prodi, Rifondazione comunista (che appoggiava il governo) si spaccò in due: l’ala vicina al segretario Fausto Bertinotti e quella più governativa legata al presidente Armando Cossutta.
Nasce Sel
E sempre nel 1998 la sinistra italiana perse una «p»: l’obiettivo, dopo decenni di scissioni, era l’inclusione. Ma passato un decennio circa di nuovo si cambia. L’occasione è data dalle elezioni europee. E tutto, ancora una volta, prese vita da una scissione. A farne le spese fu ancora una volta Rifondazione comunista. A Chianciano nel 2009 nacque Sel.
La fusione a freddo del Pd
L’ultimo atto, almeno fino ad ora, di questa epopea viene da Firenze nel 2007 quando nasce il Partito Democratico. Unisce le forze centriste di sinistra e gli ex del Pci. Fino ad ora.
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