Con la cultura non si mangia, allora chiudiamo i centri di ricerca
Con la cultura non si mangia, tranne che non serva a decorare qualche parata o manifestazione di facciata o di clientela. Ciò vale per la ricerca economico-sociale ma anche per quella dell’Antimafia vera, non di cartame.
La Fondazione del Banco di Sicilia preannuncia il taglio del finanziamento al centro di ricerca Res. Governo ed Ars decidono i tagli lineari (in nome dell’imparzialità) alle associazioni non distinguendo tra quelle delle feste patronali e quelle impegnate storicamente a elaborare ricerca e cultura giuridica, sociologica, politica, economica di contrasto alle mafie. Gli effetti saranno cancellazione di ricerca e di indagine sui fenomeni sociali ed economici. In preparazione della campagna elettorale, amministrativa, regionale e nazionale (?) e dopo la batosta del 4 dicembre il dibattito politico riscopre i temi del Sud e della diseguaglianza, della disoccupazione, del disagio sociale. Rilancia cifre, patti, promesse di impegni però non accompagnati da decisioni operative concrete.
I gruppi politici (meglio chiamarli così che partiti) di sinistra, di centro, di destra sono già impegnati a scegliere il proprio candidato a sindaco, a presidente della Regione, indipendentemente da programmi di risanamento sociale, di crescita, di recupero di diritti perduti e di speranza in un futuro migliore.
A chi giova tutto ciò? Dalla disgregazione può venir fuori la rinascita come la precipitazione verso l’abisso della sfiducia assoluta verso la democrazia. Solo lo schieramento capace di unire più forze (a sinistra come a destra) su un credibile programma potrà prevalere nel voto amministrativo, come in quello politico regionale e nazionale.
L’attuale fase sembra aver segnato un punto fermo di crisi della personalizzazione della politica ma la vittoria di Trump negli Usa rilancia le speranze di successo ai populismi europei di fronte ai quali la sinistra europea sembra ancora non avere soluzioni convincenti.
La vittoria di Trump, è stato detto, segna la sconfitta dell’establishment, rappresentata negli Usa dalla Clinton incapace di riscaldare i cuori e afferma invece un ipocrita populismo (da oggi “decideranno gli americani della classe media in sofferenza”) formando un governo con i più ricchi d’America diventati sempre più ricchi grazie alla diseguaglianza che loro stessi hanno contribuito a creare.
L’uscita da sinistra della crisi è possibile solo, come ha commentato Prodi, con una ricostruzione di un nuovo Ulivo dopo le lacerazioni provocate dalle vocazioni maggioritarie. Non ci vuole un nome della provvidenza ma una massa unita di gente che sceglie la politica come servizio per i più deboli della società.
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