Bankitalia e la strategia di sviluppo che manca alla Sicilia
Ho sempre guardato con sospetto all'utilizzo della statistica nelle polemiche politiche quotidiane. I dati statistici sono un patrimonio fondamentale per la conoscenza di un paese e costituiscono uno strumento essenziale per orientare l'azione di decisori politici e delle istituzioni. L' Istat in Italia svolge un ruolo fondamentale fornendo una messe enorme di dati che però sono spesso utilizzati male dai media, dai politici ed a volte, purtroppo anche dai ricercatori.
Cosa volete capisca un povero cittadino come me se ogni settimana sente dire in televisione che sono stati creati 900.000 nuovi posti di loro e magari suo figlio é disoccupato da due anni? Cosa pensate capisca la signora Cesira della differenza tra tasso di occupazione e tasso di disoccupazione, per non parlare del concetto di disoccupazione implicita. Per questo, pur utilizzando spesso i dati dello splendido portale Istat, ho sempre preferito fare certezza alle mie informazioni leggendo le elaborazioni dei centri studi.
Perciò conviene prestare grande attenzione all'analisi congiunturale dell'economia siciliana presentata ieri dalla sede palermitana di Banca d'Italia. L'immagine che ne esce è quella di un'isola che in modo lento e tiepido si è agganciata alla debole ripresa in corso nel paese. I settori in crescita sono quelli collegati alle attività terziarie ed al turismo, l'agricoltura non riesce a ripetere le eccezionali performances di due anni fa, continua la flessione dell'apparato industriale con una punta negativa nell'edilizia. L'occupazione cresce poco, solo in alcuni settori e in quantità assolutamente insufficiente rispetto alle necessità. Infatti siamo ancora ben lontani dai dati antecrisi. Resta assolutamente insufficiente la dotazione infrastrutturale e non vengono assolutamente implementate le potenzialità nell'area della logistica integrata connesse alla posizione geografica dell'isola. Insomma, il vero problema che emerge dai dati è l'assenza -al di la' delle chiacchiere elettorali- di una strategia di sviluppo dell'isola. Bisogna innanzitutto far partire i cantieri del patto per la Sicilia e dei patti metropolitani di Palermo, Catania e Messina.
Dentro i patti c'è del buono, del meno buono e dell'inutile ma tre miliardi di euro da spendere entro il dicembre 2019 sarebbero un volano per l'asfittica impresa edile siciliana. Facciamoli partire senza perdere altro tempo; in corso d'opera si potrà correggere ciò che non funziona. Grande attenzione attenzione alla spesa dei fondi strutturali e d'investimento europei dei quali si sta molto parlando in questi giorni. Bisogna abbandonare l'antico vizio di battere sempre cassa, mai dando conto invece dell'efficacia e della qualità della spesa. Il nodo da sciogliere tuttavia, a modesto avviso di chi scrive, è la straordinaria concentrazione in Sicilia di elementi contraddittori potenzialmente in grado di far implodere un sistema che è al tempo stesso bloccato ed esposto a venti di tempesta interni e dal resto d'Italia e d'Europa. Un'amministrazione regionale con poteri da quasi stato ma con bassissima efficienza, l'incapacità di definire una missione che la nostra isola in passato ha invece avuto, un ceto politico inadeguato, di basso livello culturale (escluse alcune eccezioni), inquinato da gravi fenomeni corruttivi, assolutamente inadeguato a confrontarsi con quello che si sta discutendo a livello nazionale ed europeo.
Altro che Strabuttanissina Sicilia ed altre puttanate simili: la Sicilia è una delle grandi regioni del Mediterraneo ed ha il diritto che i suoi problemi trovino il giusto spazio per essere affrontati essere risolto, ma wsa ha anche il dovere di presentare proposte credibili.
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