Aumentano i poveri d'Italia e vivono quasi tutti al Sud

Economia | 8 dicembre 2017
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L'Istat ha pubblicato il Report 2016 sulle condizioni di vita, reddito e carico fiscale delle famiglie italiane. Un contributo statistico importante alla conoscenza delle condizioni di vita del nostro paese che va letto con grande attenzione, evitando però di infilarlo nel frullatore della polemica politica quotidiana. Anche per questo annoierò i miei rari lettori con alcune definizioni che sono essenziali per comprendere esattamente il significato dei dati. Il rischio di povertà è la percentuale di persone che nel 2015 vivevano con un reddito disponibile inferiore a una soglia fissata a 9.748 redditi annui. Grave deprivazione materiale è la percentuale di famiglie che registrano almeno quattro segnali di deprivazione sui nove indicati.1 

Rischio di povertà o di esclusione sociale è la percentuale di persone che si trovano in almeno una delle tre condizioni: vivono in famiglia a bassa intensità di lavoro, oppure a rischio di povertà, o ancora in condizioni di grave deprivazione materiale. Chiarito di cosa stiamo parlando, andiamo al merito dei dati. L'indagine campionaria dell'istituto di statistica dimostra che il reddito disponibile ed il potere d'acquisto delle famiglie, che aveva subito tra il 2009 e il 2014 una riduzione di circa il 12%, torna per la prima volta a crescere nel 2015 dello 1,7% in termini reali. Le famiglie italiane hanno conseguito nell'anno di riferimento un reddito netto pari in media a 29.988 che presenta però un forte indice di diseguaglianza e un altrettanto grande differenziale territoriale. Infatti al 20% più povero della popolazione va il 6,3% del reddito totale mentre il quinto più ricco possiede quasi il 40% del reddito. Questo dato, in aumento rispetto alle precedenti rilevazioni, fa dell'Italia il ventesimo paese nella graduatoria europea (su ventisette) per quanto riguarda l'indice di Gini, la misura usata per misurare la diseguaglianza. Anche a livello territoriale le differenze sono evidenti: nel primo quinto più povero di popolazione si collocano il 33,2 % degli individui che vivono nel Mezzogiorno ma solo il 13,2% di quelli che stanno nel Nord-Ovest. Per contro il 26,2 del quinto più ricco della popolazione vive nel Nord-Ovest a fronte dell'appena il 10% del Sud. 

 Ma non è questa l'unica fonte di diseguaglianza: i soggetti che vivono in famiglie numerose, in particolare le coppie con tre o più figli, risultano concentrati nel quinto più povero (36,5%) e sono meno presenti nei quinti più ricchi (10,0% e 11,8% rispettivamente nel quarto e nell'ultimo). Ancora: nel segmento inferiore della distribuzione dei redditi si riscontra una maggiore presenza di minori. In sostanza la crescita del reddito è associata ad una crescita della diseguaglianza: i ricchi sono diventati più ricchi ed i poveri si sono ulteriormente impoveriti. Ne esce l'immagine di un'Italia ancora lontana dal recuperare pienamente i livelli di reddito ante crisi, più divisa tra aree forti ed aree deboli, più diseguale tra chi sta bene e chi non ce la fa a tirare avanti. Ci pare una rappresentazione reale di un paese che avrebbe bisogno di nuove politiche concentrate sulla lotta ai divari reddituali e territoriali e sul rilancio degli investimenti e che invece arranca da troppo tempo in una condizione di sostanziale instabilità. Lo dimostra anche lo spazio che la ricerca assegna ad una questione nota da anni, ma mai affrontata: il cuneo fiscale e contributivo, cioè la somma dell'Irpef, dei contributi sociali a carico del lavoratore e di quelli a carico del datore di lavoro. L'Istat colloca al 46% il cuneo per il lavoro dipendente: nel 2015 il costo del lavoro è risultato in media pari a 32.000 euro, ma la retribuzione netta che resta a disposizione del lavoratore è pari a 17.270 euro, poco più del 54%. Del restante 46% il 25,4% è a carico dei datori di lavoro, il restante 20,6 risulta a carico dei lavoratori (14% di imposte dirette e 6,6% di contributi sociali). E' questa una delle principali storture del sistema fiscale e contributivo italiano alla quale è urgente porre rimedio. Veniamo infine alla questione della povertà: nel 2016 si stima che il 30% delle persone che vivono in Italia siano a rischio povertà ed esclusione sociale (erano il 28,7% nel 2015). Il 20,6% degli individui sono a rischio povertà mentre il 12,1% vivono in famiglie gravemente deprivate e il 12,8% stanno in famiglie a bassa intensità lavorativa. Il Mezzogiorno resta l'area territoriale più esposta al rischio povertà o esclusione sociale con il 46,4% , il rischio di povertà è al 34.0%, la grave deprivazione materiale al 20,4%, le famiglie a bassa intensità lavorativa rappresentano il 20,3% del totale. 

Se si esaminano i dati della composizione familiare, il rischio si concentra in particolare sulle famiglie con tre o più figli. La povertà assoluta colpisce in Italia 4.500.000 persone ed un problema da affrontare subito. Il REI (reddito di inclusione) che sta prendendo avvio in questi giorni ha per ora risorse sufficienti solo per un terzo delle persone interessate. In Sicilia oltre 250.000 famiglie, quasi 900.000 persone, versano in condizioni di povertà assoluta. Il REI basterà appena per poco più di 50.000 nuclei familiari. Bisogna che la Regione Siciliana, come hanno fatto molte altre, provveda con una legge ad integrare lo strumento nazionale mettendo a disposizione risorse aggiuntive. Un vasto gruppo di associazioni, coordinate dal Centro Studi Pio La Torre, aveva presentato un disegno di legge di iniziativa popolare che la scorsa Assemblea regionale non volle colpevolmente portare in Aula. Non si perda altro tempo: la nuova ARS che si insedia il prossimo 15 dicembre faccia propria quella proposta e ponga subito rimedio ad un'intollerabile mancanza di attenzione della politica siciliana verso la parte più debole e disagiata della popolazione.

1) I nove segnali sono:

a) essere in arretrato con il pagamento di bollette, affitto, mutuo o altro tipo di prestito;

b) non poter riscaldare adeguatamente l'abitazione;

c) non poter sostenere spese impreviste di 800 euro;

d) non potersi permettere un pasto adeguato almeno una volta ogni due giorni, cioè con proteine della carne o pesce o equivalente vegetariano;

e) non potersi permettere una settimana di vacanza all'anno lontano da casa;

f) non potersi permettere un televisore a colori;
g) non potersi permettere un'automobile;

h)non potersi permettere una lavatrice;

i) non potersi permettere un telefono



 di Franco Garufi

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