Alimena è il comune con la maggiore propensione agli investimenti
Un rapporto di openbilanci.it valuta la propensione ad investire dei comuni italiani prendendo in esame la parte di spese che il comune decide di dedicare a progetti di lungo termine per lo sviluppo del territorio, ovvero le spese in conto capitale. Passa così in rassegna le città italiane superiori ai 200mila abitanti nel 2014. La città con la più alta propensione agli investimenti è stata Milano, con il 36,24%. Al secondo, terzo e quarto posto troviamo rispettivamente Venezia, Genova e Bologna. Queste tre città si attestano poco sopra la soglia del 20%. Quinto posto per Palermo con il 16,18%. Tra i capoluoghi siciliani troviamo nell’ordine Ragusa con il 9,16%, Enna con il 9,10%, Caltanissetta con il’8,45%, Siracusa con il 7,04%, Agrigento con il 4%, Catania con il 3,43% e Trapani con il 3,10%. Nella classifica dei comuni siciliani non compare Messina.
Sul podio degli investimenti in Sicilia c’è Alimena- che si trova al 385 posto della classifica dei comuni in tutta Italia- con una propensione agli investimenti pari a 101,50%. Il comune madonita è seguito da quello di Campofelice di Fitalia con una propensione agli investimenti pari all’84,66%, seguito da Scillato con il 61,64%. Il fanalino di coda spetta, invece, al comune di Cerda con una percentuale pari allo 0,51%.
La quota di investimenti da parte dei comuni è diminuita dopo la crisi, anche in conseguenza della necessità di rispettare il patto di stabilità, con una considerevole conseguenza a livello economico. La spesa degli enti locali italiani, tra cui i comuni, si dividono tra uscite correnti e spese in conto capitale. Le prime sono quelle cui il comune deve far conto in modo ricorrente (ad esempio quelle per gli stipendi dei dipendenti), mentre le seconde sono straordinarie, come quelle per gli investimenti: ad esempio la costruzione di strade o edifici pubblici.
Per una comunità locale, la spesa per investimenti fatta dalle amministrazioni comunali può essere determinante per favorire lo sviluppo economico. A seguito della crisi, anche per rispettare un patto di stabilità diventato più stringente, i comuni hanno dovuto contenere le loro spese. Sovente non si è trattato di quelle correnti, ma di quelle per investimenti, con conseguenze economiche cospicue, tra cui una generale tendenza al calo delle spese in conto capitale.
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