Al teatro Argentina di Roma va in scena il «Quarto Stato» di oggi
Il palcoscenico alza il sipario sul lavoro. «Ritratto di una nazione. L’Italia al lavoro» è il nuovo progetto di Antonio Calbi e Fabrizio Arcuri, promosso dal Mibact, che l’11 settembre apre la stagione del Teatro Argentina. Un paesaggio scenico cui partecipano le 20 regioni italiane rappresentate dalle pièce di altrettanti autori in una maratona, fino al 16 settembre, di 30 ore complessive. «Il primo articolo della nostra Costituzione dice che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro - esordisce Caldi direttore dello Stabile capitolino - e il teatro è un parlamento socioculturale dove si affrontano i temi che più affannano il nostro presente. Uno di questi è senza dubbio il lavoro: quello perduto, dai disoccupati agli esodati, quello che i giovani non trovano e quello usurante che la gente non vuole più fare». Un grande affresco con cui il teatro si fa strumento di indagine del presente e non a caso il manifesto scelto per la locandina è l’opera del coreano Liu Xiaodong che, ispirandosi al «quarto stato» di Giuseppe Pellizza da Volpedo, rappresenta le nuove povertà a livello mondiale.
Tra gli autori, Michela Murgia (Sardegna) con «Festa nazionale» dove una donna delle pulizie (interpretata da Arianna Scommegna) nella base militare Nato dell’Ogliastra, pur avendo perso il marito per leucemia forse a causa della radioattività dei test su armi chimiche e nucleari, non condanna l’inquinamento ma lo accetta come sacrificio al dio del lavoro. «Quando mi è hanno proposto questo progetto volevo rifiutare: sono un’indipendentista sarda, in conflitto con la nazione Italia. Poi ho accettato per stracciare la cartolina di una Sardegna meta di vacanze modaiole e raccontare quella che è sede di sette basi militari, con grave impatto sulla salute di chi ci vive e che non ha niente ma, per avere lavoro, accetta anche tragiche conseguenze ». Il tema del lavoro si declina con la politica, il sindacato, la corruzione. Alessandro Leogrande (Puglia) in «Pane all’acquasale » intreccia storie di caporalato ai danni dei braccianti con quelle degli operai dell’Ilva e con la storia di un grande sindacalista del passato Giuseppe Di Vittorio (Michele Placido): «Il neo-schiavismo nella raccolta dei pomodori fa parte dell’economia nazionale; i giovani operai dello stabilimento siderurgico di Taranto lavorano in una realtà desindacalizzata dove è scomparsa la coscienza di classe». Un Don Camillo e un Peppone di oggi (Gigi Dall’Aglio e Gianni Parmiani) sono protagonisti di «Saluti da Bresciello » dove l’autore, Marco Martinelli (Emilia Romagna), immagina un corpo a corpo tra i due personaggi di Guareschi, che devono vedersela con infiltrazioni mafiose nella terra «rossa» per antonomasia. Tra gli altri, Renato Gabrielli (Lombardia), Vitaliano Trevisan (Veneto), Marta Cuscunà (Friuli) e il prologo sulla visione del lavoro in Europa è affidato al Premio Nobel letteratura Elfriede Jelinek, interpretato da Maddalena Crippa.
Il siciliano Davide Enia è autore di «Scene dalla frontiera»: «Nuove figure professionali sono nate a Lampedusa, sommozzatori molto speciali che recuperano i cadaveri dei migranti, un lavoro emotivamente devastante». «Ritratto di una Nazione» segue a «Ritratto di una Capitale », in scena l’anno scorso, e prelude ad altri due capitoli: «Il prossimo è dedicato all’Europa con 28 “profezie” - conclude Calbi - e finiremo con “Sinfonia del Mondo”, 24 ore da altrettanti capitali». (Corriere della Sera)
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