Abusivismo edilizio impunito, il record è italiano
In Italia gli abbattimenti delle abitazioni abusive sono un obbligo previsto dalla legge, ma secondo quanto riportato dal dossier di Legambiente “Abbatti l’abuso. I numeri delle (mancate) demolizioni nei comuni italiani” più dell’80% degli immobili sono ancora ben saldi alle fondamenta. Non solo non si demolisce, ma neppure si acquisisce al patrimonio pubblico come prevedrebbe la legge. Appena il 3,2% di questi immobili risulta, infatti, trascritto dai Comuni nei registri immobiliari. Il paradosso è rappresentato dal fatto che il nuovo abusivismo oggi ha le “carte a posto” o è realizzato in difformità dai permessi. Il dossier dell’associazione ambientalista analizza il fenomeno a partire dalla distinzione tra la pesante eredità dei decenni passati e le forme attuali.
L’indagine è stata realizzata partendo dai dati forniti da 1.804 comuni italiani (il 22,6% del totale), con un’analisi del fenomeno dal 2004, anno successivo all’ultimo condono edilizio, ad oggi e il quadro complessivo che emerge conferma la sostanziale inerzia di fronte all’abusivismo e alle prescrizioni di legge rispetto alle procedure sanzionatorie e di ripristino della legalità. “E’ indispensabile mettere mano a questa materia- ha detto Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente - perché occorre riscattare interi territori e le loro comunità, riportando legalità, sicurezza, bellezza, economia sana e turismo. È questo il senso nella nostra proposta al Parlamento per accelerare il ripristino della legalità, per rendere più rapido ed efficace l’iter, affidando allo Stato e ai prefetti la competenza sulle demolizioni degli abusi edilizi, oggi in mano ai Comuni troppo spesso vittima del ricatto elettorale”. “E’ bene, così come proponiamo- ha ribadito Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia- che la futura responsabilità sulle demolizioni passi ai Prefetti, per togliere qualsiasi alibi a chi, anche su queste vergogne, ha cercato e cerca consensi elettorali, ma è bene ricordare che continuano ad esistere, per fortuna, sindaci onesti, come quelli di Carini o di Altavilla Milicia che con tenacia, coraggio e determinazione non si sono fermati, hanno continuato ad abbattere, liberando i lori territori da scempi, illegalità e obbrobrioso cemento. A loro va il nostro plauso e ringraziamento”.
Secondo quanto riporta l’indagine di Legambiente, in Italia risultano essere stati abbattuti solo 14.018 immobili rispetto ai 71.450 colpiti complessivamente da ordinanze di demolizione negli ultimi 15 anni: praticamente appena il 19,6% delle case dichiarate abusive. Valutando il rapporto tra ordini di demolizione e abbattimenti, la performance migliore è quella del Friuli Venezia Giulia, con il 65.1%; quella peggiore è della Campania, con il 3% di esecuzioni. Se si considera il numero assoluto di ordinanze, il Friuli Venezia Giulia ha un tasso di demolizioni alto a fronte di un numero basso di ordinanze (l’1,1% a livello nazionale), mentre la Campania detiene il record di ordinanze, oltre il 23% del totale nazionale. Risultano buoni i risultati della Lombardia, che con il 6,9% delle ordinanze nazionali ne ha eseguite il 37,3%, del Veneto (9,5% delle ordinanze nazionali di cui eseguite il 31,5%) e della Toscana (7,1% delle ordinanze nazionali di cui eseguite il 24,8%). Se si sposta l’attenzione sulle regioni storicamente più esposte al fenomeno dell’abusivismo, la Sicilia ha il 9,3% del totale nazionale delle ordinanze emesse e di queste ne ha eseguite il 16,4%, la Puglia ha abbattuto il 16,3% degli immobili colpiti da ordinanza che sono il 3,2% del dato nazionale, la Calabria, sul 3,9% delle ordinanze nazionali ha solo il 6% delle esecuzioni. Se nei comuni dell’entroterra la media delle ordinanze di demolizione è di 23,3 a comune, spostandosi al mare, il dato decuplica, arrivando a 247,5 ordini di abbattimenti.
Secondo la legge il patrimonio edilizio abusivo, colpito da ordine di abbattimento non eseguito entro i tempi di legge, è a tutti gli effetti proprietà del Comune, che lo demolisce in danno dell’ex proprietario o può destinarlo a usi di pubblica utilità. È però evidente che negli uffici comunali preposti quasi nessuno pensa di dover seguire queste prescrizioni, visto che rispetto ai 57.432 abusi non demoliti censiti da Legambiente solo 1.850 (appena il 3%) risulta oggetto di acquisizione al patrimonio comunale. Così le case restano nella disponibilità degli abusivi che ne godono senza alcun titolo e senza oneri, nell’indifferenza più totale. C’è un’Italia abusiva, dunque, che resiste alle ruspe.
Ci sono tuttavia dei territori nei quali, seppur lentamente, gli abusi vengono abbattuti. È il caso del Salento, dove la Procura della Repubblica di Lecce prosegue da alcuni anni con gli interventi di demolizione. Anche in Calabria, dove a febbraio i proprietari di un abuso in costruzione, a pochi metri dal mare nell’area marina protetta Capo Rizzuto, nel crotonese, hanno deciso di abbatterlo senza aspettare che lo facesse il Comune o la Procura. E sono in corso quest’anno interventi di autodemolizione nel comune di Rocca di Papa, cittadina dei Castelli Romani, su ordine della Procura di Velletri, così come sono stati abbattuti all’inizio dell’anno due immobili in un territorio difficile come quello di Casal di Principe e di Caserta costruiti in aree a vincolo di inedificabilità. Sempre in Campania, le ruspe sono entrate in azione a Terzigno, dove era stato realizzato abusivamente un intero impianto sportivo all’interno del Parco nazionale del Vesuvio.
L’associazione ambientalista ha chiesto al Parlamento di intervenire con una proposta legislativa che renda più rapido ed efficace l’istituto delle demolizioni degli immobili abusivi, avocando innanzitutto la responsabilità delle procedure di demolizione agli organi dello Stato, nella figura dei prefetti, esonerando da tale onere i responsabili degli uffici tecnici comunali e i sindaci. Contestualmente, è necessario intervenire su altri tre aspetti significativi che concorrono all’efficacia delle procedure di ripristino della legalità in materia di abusivismo: il controllo della Corte dei Conti sul danno erariale prodotto; il rapporto tra la prescrizione del reato di abusivismo e la demolizione; l’effetto dei ricorsi per via amministrativa sull’iter delle demolizioni. Legambiente, infine, propone di istituire un fondo di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2025 per chiudere la stagione dei condoni edilizi e completare finalmente l’esame di milioni di pratiche ancora inevase e sepolte negli uffici comunali (secondo uno studio di Sogeea nel 2016 risultano ancora inevase 5.392.716 pratiche di condono edilizio, alcune addirittura risalenti al primo, quello del 1985). Procedendo, infine, all’emersione degli immobili non accatastati, le cosiddette “case fantasma”. All’abusivismo edilizio Legambiente ha anche dedicato ABBATTI L’ABUSO, una campagna permanente che ha l’obiettivo di liberare il Paese dalle case illegali.
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