Si ricomincia a parlare di lotta alla mafia
Possiamo affermare con prudenza che l’attenzione antimafia, in questo primo scorcio di anno, ha ricevuto un impulso significativo, per ora sul piano mediatico. Se seguiranno atti attuativi, forse potremo parlare d’inizio di una svolta. Ci riferiamo ai concomitanti pronunciamenti, in sede europea e nazionale, relativi alla confisca dei beni e al perfezionamento della legislazione antimafia: la direttiva europea sulla confisca dei beni proventi da reato del 25 febbraio scorso; le dichiarazioni del Presidente del Consiglio sulle cinque mosse che il suo governo farà per sconfiggere le mafie; la visita della Commissione antimafia in Sicilia dove per la prima volta nella storia della Commissione ha sentito, accogliendo una sollecitazione del Centro studi La Torre, anche le associazione antimafia, un gruppo delle quali- Centro La Torre, Centro Padre Nostro, Fondazione Chinnici, Libera, SOS impresa- si è presentato con un documento congiunto che assume un particolare rilievo.
Inoltre, le relazioni complementari delle commissioni Garofoli e Fiandaca; l’incardinamento in sede parlamentare della proposta di legge d’iniziativa popolare”Io riattivo il lavoro” (nelle imprese sequestrate e confiscate alle mafie); la scadenza del mandato del direttore dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati, forniscono nell’insieme i contenuti di una possibile Agenda Politica dell’Antimafia per comprendere e combattere meglio le mafie, sempre pronte ad adeguare ai mutamenti della realtà le loro azioni criminose e i loro collegamenti politici e istituzionali.
Nel corso dell’ultimo trentennio sono stati fatti passi avanti notevoli sul terreno legislativo, politico e sociale nella lotta antimafia. Oggi quasi nessuno nega la pericolosità del fenomeno mafioso, le stesse associazioni imprenditoriali, dopo la sollevazione della società civile, si sono ribellate al giogo mafioso. Sono cresciute le denunce antiracket, antiusura, anticorruzione , ma le cifre assolute ci dicono di quanto sia ancora ampio il divario tra denunce e numero presunto delle imprese che subiscono in silenzio o che trovano più conveniente mettersi in affari con qualche gruppo mafioso oppure quanti politici praticano il voto di scambio. A Palermo e provincia, su circa quarantamila imprese- industriali, artigiane, commerciali, agricole- scritte nei registri solo ottocento (è comunque un gran successo!) hanno aderito al “consumo critico”. In Italia su 15400 confische definitive di beni mafiosi, quelle definitive sono solo 4847. Il Fug (fondo unico della giustizia dove convergono denari e titoli sequestrati e confiscati ai mafiosi e ai corrotti) ha tre miliardi di euro congelati e non riutilizzati nella lotta antimafia. Tutto ciò crea un intreccio malefico tra inefficienza burocratica, politica e diffidenza verso lo Stato e complicità sociale e politica con le mafie che deve essere spezzato da una decisa azione governativa. La società civile mostra di percepire la pericolosità del fenomeno nei momenti di acuta emergenza, lo Stato, con tutte le sue articolazioni, deve farlo ogni giorno per cancellare il fenomeno dalla realtà nazionale.
Il documento di Transparency International, di cui scriviamo più avanti, raccomanda, per combattere la corruzione, la necessità di adottare un Testo Unico sulla confisca, lo sveltimento delle procedure, l’ampliamento del ruolo dell’Agenzia dei beni confiscati, la modernizzazione degli strumenti informatici, la riutilizzazione delle risorse confiscate, il monitoraggio sull’assegnazione e l’utilizzo dei beni confiscati.
Queste indicazioni alle quali ne vanno aggiunte altre come quella di attivare subito l’Anagrafe nazionale per la certificazione e il rating antimafia delle imprese, sono più che sufficienti per riempire l’agenda della legislatura. Governo e Parlamento, se lo vogliono, hanno un corpo di proposte economiche, giuridiche sufficiente per superare le difficoltà che ostacolano un processo riformatore che intrecci misure di crescita economica e crescita civile. Siamo consapevoli anche che tale processo potrà andare avanti solo se le forze progressiste si affermino in Italia e in Europa. Le prossime elezioni europee di maggio saranno indicative anche in tale direzione. Se saranno sconfitti le destre nazionaliste e i vari populismi che sono stati alimentati, inconsapevolmente, anche dalle politiche di austerità senza crescita di questi anni, la lotta antimafia ne beneficerà.
Vito Lo Monaco
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