L'atto di accusa della Corte dei conti: politici corrotti
L'atto d'accusa della presidente Lucia Savagnone in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2014 della Corte dei Conti (sezione giurisdizionale per la regione Siciliana) non ha precedenti per la durezza dei toni e la nettezza del giudizio. Cito due passaggi: “da tempo” afferma il magistrato, “assistiamo ad uno stravolgimento dei diritti costituzionalmente garantiti, cosicché avere un lavoro costituisce non più un diritto ma un privilegio” e qualche riga sotto “ la corruzione della classe politica è dettata da una incontrollata smania di ricchezza e di potere. Essa ... costituisce una concausa determinante dell'impoverimento dell'intera nazione ...Occorrerebbe almeno evitare che un amministratore, una volta accertata la commissione da parte sua di un illecito, venga confermato nelle funzioni o gli venga conferito altro incarico...Ugualmente sarebbe necessario escludere, nella distribuzione di cariche, uffici e mansioni coloro che, pur non avendo tenuto un comportamento penalmente rilevante, sono stati destinatari di sentenze definitive di condanna da parte di questo giudice contabile per aver male amministrato. A parlare è il giudice amministrativo, il quale esprime non opinabili giudizi politici ma asserzioni direttamente discendenti dalla sua attività: ciò conferisce una particolare pesantezza alle sue parole e rende indispensabile una risposta non elusiva da parte di chi in Sicilia detiene le maggiori responsabilità politiche. Anche se personalmente non amo la generalizzazione che sta dietro l'espressione “classe politica”, si tratta di un atto di accusa che arriva nel pieno di una delle stagioni più difficili della vita della nostra regione: una finanziaria bocciata e di cui si sta rivelando difficile produrre il bis, una confusa vicenda parlamentare sul disegno di legge per l'abolizione delle province che, nell'ipotesi migliore, condurrà ad una legge di riordino delle istituzioni locali pasticciata e contraddittoria, una crisi economica di lunghezza eccezionale che sta impoverendo ormai anche i ceti medi. E' una situazione esplosiva gestita da un governo evidentemente in difficoltà e da un sistema politico regionale (intendendo per tale i partiti e l'Ars) che sembrano essersi avvitato nell'autoreferenzialità denunciata dalla presidente Savagnone. Il mio ragionamento non è di ordine giudiziario- quello è compito dei magistrati- né di carattere astrattamente morale: si tratta, invece, di esaminare dal versante propriamente politico quanto sta avvenendo nell'isola. Non mi appassiona il pianto greco sulla mancanza di peso politico della Sicilia nel governo nazionale: nel retrobottega delle grandi manovre per la formazione di un governo con le caratteristiche di quello presieduto da Renzi giacciono a decine gli scheletri di aspiranti sottosegretari. Il problema, semmai, sono le conseguenze sulla vicenda regionale della formazione di quel governo. La principale mi pare l'indebolimento del principale alleato di Crocetta fuori del PD, l'ex ministro e aspirante segretario nazionale dell'UDC Giampiero D'Alia; la seconda è la probabile resa dei conti interna al Partito Democratico siciliano che nell'elezione a larghissima maggioranza del nuovo segretario regionale aveva trovato un'apparente unità interna, seppur con l'eccezione dell'area Lupo. Che ne sarà del rimpasto, che doveva essere messo in moto dall'ascesa di Luca Bianchi all'Esecutivo nazionale? Non so quanto a fondo Bianchi conoscesse la cultura politica siciliana; certamente ha scoperto come in Sicilia il promoveatur ut amoveatur sia pratica assai diffusa. Infine, a me pare entrata ormai in crisi definitiva l'idea di Crocetta di governare attraverso maggioranze variabili da trovare di volta in volta in Assemblea. E' una situazione estremamente complicata e stavolta non basterà andare da Giletti ad annunciare la rivoluzione siciliana. Mi incuriosisce, intanto, leggere come reagirà la politica alla dura requisitoria della presidente: mi vergognerei a vedere i sepolcri imbiancati che applaudono e i soliti noti che salgano in cattedra per bacchettare la magistratura che travalica i confini delle proprie competenze.
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