Gli italiani e il governo dello sprint
Da cambio di passo al cambio di governo. Può essere sintetizzata così la fase politica che il Paese sta vivendo con sorpresa, stupore, speranza.
Che Letta non ce la facesse più si era visto dai penultimatum di Confindustria, Cgil e associazioni artigiane che separatamente avevano preannunciato azioni pubbliche di protesta.
Pur riconoscendo i meriti, la serietà, la credibilità internazionale di Letta era diventato insopportabile il protrarsi della lunga attesa di provvedimenti capaci di invertire in modo evidente l’andamento della crisi. Crisi occupazionale, industriale, sociale, istituzionale, politica. Crisi che deve essere affrontata e negoziata con l’EU, la quale va al voto tra tre mesi, mentre diventa sempre più rumoroso e popolare il vento antieuropeista.
Basteranno a questo punto promesse di velocità, twitter e facebook? I cittadini attendono fatti concreti: posti di lavoro, adeguamento di salari e stipendi al costo della vita, riduzione del cuneo fiscale e delle diseguaglianze sociali, istituzioni e politica trasparenti e efficienti.
Renzi, ottenuto l’incarico dal Presidente Napolitano, dovrà trasformare le promesse in fatti, in azioni concrete, dovrà dimostrare che il cambiamento è iniziato, è reale. Dovrà convincere non solo il suo partito, ma gli alleati di quella stessa maggioranza che ha sostenuto il governo di scopo di Letta e ora dovrebbe votare quello di legislatura di Renzi. Egli dovrà motivare un paese perplesso, ma anche speranzoso, dopo i suoi repentini mutamenti di opinione. Infatti, aveva detto: mai più larghe intese; mai a Palazzo Chigi senza voto popolare; mai staffetta, sa di prima Repubblica. Invece , ci ha ripensato. Si prenda atto di quanto è avvenuto attendendo di conoscere i dettagli del programma su lavoro, ripresa, riforme, Meridione, politiche antimafia.
Tra i contenuti e i tempi del programma vorremmo ascoltare impegni chiari per il Mezzogiorno da realizzare con investimenti nazionali e con un cambio di politiche europee. Analogamente vorremmo sapere se il nuovo governo intenda rilanciare una moderna politica antimafia come chiesto dal Centro Pio La Torre, dal movimento antimafia e, recentemente, dalle due Commissioni Garofoli e Fiandaca le quali, separatamente, hanno formulato precise proposte organizzative e di modifica legislativa per reprimere il fenomeno mafioso nella sua versione “moderna”. Oltre l’approvazione delle modifiche al 416 ter sul voto di scambio in dirittura di approvazione alle Camere si procederà nel perfezionamento della legge contro la corruzione, si introdurranno norme specifiche per i nuovi reati connessi alla cd finanziarizzazione delle mafie, si metterà in campo una riforma complessiva della giustizia per processi brevi e certi?
Renzi nella recente Direzione del Pd ha fatto proprio i contenuti di “Impegno Italia” elaborato da Letta che a sua volta aveva raccolto, con tempi di attuazione, le indicazioni della Commissione Garofoli. Questa ha proposto di introdurre nel codice penale italiano norme per impedire l’autoriciclaggio e l’autoimpiego, rafforzare il 41bis, il sistema di prevenzione patrimoniale e di gestione e destinazione dei beni confiscati, disciplinare il conflitto d’interesse, punire il falso in bilancio, perseguire la corruzione e l’illegalità nella pubblica amministrazione.
Renzi, a questo punto, dovrà lavorare molto affinché quanti hanno bocciato Bersani, Prodi, Letta gli consentano ora di percorrere la via delle riforme promesse. Qualcuno gli ha ricordato quel motto, che Svetonio attribuisce all’imperatore Augusto allorché si rivolgeva prima della battaglia a qualche generale impetuoso, “ Festina lente” affrettati lentamente. In primis, dovrà riuscire a proporre un governo “politico” qualificato e competente, senza rinunciare ai grandi obiettivi di sinistra, dall’eliminazione dell’ingiustizia sociale al rafforzamento della democrazia attraverso la rappresentanza degli interessi e dei corpi intermedi. In secundis, dovrà riportare al centro di ogni politica la persona umana, la sua dignità, i suoi diritti costituzionali ai quali subordinare” il mercato”. Compito non facile, considerato il fallimento della sinistra italiana ed europea post Muro di Berlino che non ha saputo creare un’alternativa democratica alla globalizzazione economica governata dalla finanza della quale, anzi, ha subito il fascino neoliberista. Le politiche dell’austerità pagata dai più deboli, il Patto di stabilità, i governi dei tecnocrati accettati perché “l’Europa ce lo chiede”hanno registrato l’inadeguatezza di un’intera generazione di sinistra riformista. Essa ha confuso i tatticismi con la politica, cioè col governo della “polis” e del bene comune, incapace di progettare un nuovo modello di sviluppo dopo la rivoluzione informatica e l’automazione dei processi produttivi.
Non basterà, dunque, un governo dello “sprint”soprattutto dopo le recenti primarie e le direzioni del Pd che non hanno avviato un ripensamento profondo sui limiti delle politiche della sinistra dell’ultimo venticinquennio. C’è da sperare che comunque il cambio generazionale al governo del paese e del Pd, attuale maggior partito, possa imprimere quel mutamento radicale e progressista tanto auspicato.
Vito Lo Monaco
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