La Sicilia e il valore di una finanziaria lacrime e sangue

31 gennaio 2014
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Alla fine è stata pubblicata una Finanziaria “ripulita” che lascia aperte questioni di portata vastissima. Il tavolo tecnico romano sembra aver prodotto qualche risultato per quanto riguarda l’emergenza; è positivo l’impegno del ministro Graziano Del Rio di anticipare per la Sicilia le norme per l’armonizzazione dei sistemi contabili allo scopo di consentire alla Regione di riavviare in tempi brevi il processo di rientro dal debito. Il tentativo di imporre al Commissario dello Stato una sorta di abiura era destinato a fallire ed ancora una volta, al presidente Crocetta ha fatto difetto la sobrietà conle declamazioni di vittoria dopo l'incontro di mercoledì con il governo nazionale, il cui esito avrebbe invece richiesto understatement istituzionale e verifiche prudenti. Un caveat al ceto politico siciliano: il Governo nazionale ha il dovere di fare la sua parte per non lasciare solo un territorio con cinque milioni di abitanti, ma il vecchio armamentario delle rivendicazioni sicilianiste e dell'eterno credito della Sicilia nei confronti dello Stato centrale non porterebbe da nessuna parte Comunque la si giudichi,la vicenda conferma l’estrema gravità del momento etestimonia che è finitalalunga stagione in cui la politica ha usato senza vincoli di sorta le risorse del bilancio regionale.

Bisogna riscrivere, innovandolo ed adeguandolo alla realtà, il libro dell'Autonomia speciale ormai consunto dagli abusi consumati per decenni in suo nome.Che la Regione fosse sull'orlo del collasso finanziario non è una scoperta delle ultime settimane. Il 22 ottobre 2012 questa rivista aveva dedicato un lungo servizio alla relazione della Corte di Conti sulla parificazione del bilancio 2011 dalla quale emergevano le distorsioni cumulatesi nel corso di un ventennio, in particolare in conseguenza dell'irrigidimento della spesa corrente e della supremazia che essa aveva via via assunto rispetto a quella per investimenti. In quei mesi si discusse addirittura di un possibile default, ma l'attenzione si spostò subito sulle elezioni regionali e sulla vicenda politica che ne seguì.Poi sull’allarme finanziario cadde il silenzio, mentre l'isola era investita dalla ”rivoluzione crocettiana” (l'iperbole, patologia del linguaggio politico italiano ha colpito anche questa parola dopo la lunga agonia del sostantivo “riforme”), corroborata dalle esternazioni televisive ma sostanziata dai fatti in alcuni settori, per esempio la formazione. Il commissario dello Stato ha fatto largo uso della relazione della Corte dei Conti del giugno 2013 per evidenziare l’accentuarsi dello squilibrio finanziario: “...tutti i saldi di bilancio consolidavano i valori negativi contabilizzati nell'esercizio precedente...in particolare il saldo tra entrate e spese correnti (c.d. risparmio pubblico) era pari ad un valore negativo di 1.099 milioni di euro e lo stesso aveva subito un peggioramento rispetto all'anno 2011.

” Ed ancora: ”le spese correnti si attestavano allo stesso livello dell'esercizio precedente (15.447 milioni) …..La Corte fin dal giudizio di parifica delrendiconto generale per l'anno 2011, aveva infatti analizzato la patologica situazione venutasi a creare nel tempo a causa del continuo e progressivo espandersi del volume dei residui attivi, pari a 15 miliardi di euro di cui una consistente quota formatasi antecedentemente all'anno 2001...” Insomma, la Regione ha speso nel periodo considerato un miliardo di euro in più di quanto aveva incassato, mentre il fondo di garanzia a copertura dei residui attivi era stato in pratica azzerato. Dubito che il commissario, nell'esercizio del suo mestiere, potesse non mettere in rilievo un tale sbilancio.Egli sottolinea infatti che “il legislatore regionale ...avrebbe dovuto provvedere all'elaborazione entro il 31/12/2013di un piano di riordino della normativa regionale finalizzato al contenimento della spesa corrente ed al perseguimento di obiettivi di risparmio per i principali settori di intervento. Questo piano però, a tutt'oggi, non è stato proposto dal governo regionale, ma soltanto preannunciato nel DPEF...” Il dottor Aronica, quindi, è consapevole che le responsabilità ricadono sui predecessori di Crocetta, ma a quest’ultimo contesta di non aver dato un chiaro segno d’inversione di tendenza.Fin qui l'impugnativa appare difficilmente confutabile tanto da indurre il sospetto che sia mancato, in corso d'opera, un lavoro di chiarimento e di concertazione con gli uffici del commissariato che la complessità della situazione avrebbe reso indispensabile. Altri passaggi, nelle trenta pagine del testo, sembrano meno convincenti, a volte addirittura contraddittori. Ad un profano di diritto regionale qual sonoappare, per esempio, difficile comprendere perché vengacontestato “l'inserimento nel riquadro B2 del maggior onere derivante dagli articoli 12e 5 in tema di forestazione, atteso che lo stesso viene qualificato in 123.000 migliaia di euro anziché in 180.000 migliaia di euro così come autorizzato per l'esercizio 2014” (pag. 6) e contemporaneamente (pag14) si bocci la limitazione dei rimborsi chilometrici dei forestali con la motivazione (in sé condivisibile) “che ogni regolamentazione del trattamento economico è rimessa in forma esclusiva alla contrattazione collettiva e non può essere integrata e/o modificata dal legislatore regionale”.

Ancora meno convincenti sono le motivazioni della bocciatura delle norme sulle coppie di fatto o quelle che prevedevano interventi a favore dei disabili. Ora la Regione può percorrere due strade: resistere davanti alla Corte Costituzionale per far valere in giudizio le proprie ragioni, oppure concertare con il governo nazionale ed il commissario dello Stato una Finanziaria-bis. Nel frattempo è innanzi ai nostri occhi un aggrovigliatissimo nodo politico con conseguenze potenzialmente devastanti per le persone e le categorie economiche che orbitano attorno al sistema della spesa regionale, ma assai preoccupanti per il complesso dell'economia e della società siciliane. Infatti, nel momento in cui sono indispensabili scelte radicali atte ad evitare che l'isola diventi il vaso di coccio dell'economia italiana, si rischia la paralisi della Regione. E’ facile prevedere (vedi Gianantonio Stella sul Corriere della Sera di giovedì scorso) che quest'episodio assesterà un altro, duro colpo all’immagine della Sicilia e darà nuovo alimento alla polemica anti regionalista che va tanto di moda e che utilizza in modo strumentale le responsabilità - che non possono essere sottaciute - del ceto politico siciliano, afflitto da un’invincibile coazione a ripetere. La sindrome di Cassandra è (cito da Wikipedia) "la convinzione di chi formula ipotesi pessimistiche ed è' convinto di non essere creduto", ma il tempo finisce sempre per dare ragione a coloro che, senza timore della solitudine, pongono i problemi nella loro dura e drammatica consistenza.

Oggi i fatti confermano che l'unico modo per salvare la Sicilia è la revisione radicale degli strumenti dell'autonomia speciale, l'individuazione di politiche di sviluppo non subalterne all'utilizzo clientelare della spesa regionale, un confronto serrato con le rappresentanze economiche e socialiper definire un piano di risanamento e di crescita in cui si mettano a frutto tutte le risorse disponibili, a partire da quelle europee, in una logica di programmazione democratica.Mi spiace sinceramente che il tetto da lungo tempo pericolante sia caduto sulla testa di un presidente che, seppur con toni non sempre adeguati, rappresenta sincere istanze di cambiamento e di una persona seria come Luca Bianchi che, paracadutato da Roma, ha generosamente messo le sue notevoli capacità della Sicilia. Può capitare che il crollo investa proprio chi ha avviato la ristrutturazione, quando al vecchio si tenta di sovrapporre il nuovo senza rafforzare le strutture portanti. Se ciò avvenisse, sarebbe un disastro per la Sicilia. Se cadesse Crocetta, la Sicilia rischierebbe un arretramento politico che ci riporterebbe agli anni peggiori, la cui memoria deve farci da monito. Per questo giudico inquietante il silenzio delle forze politiche della maggioranza.I giorni che ci aspettano richiederanno mente fredda e controllo dei nervi: attenzione a non evocare la rabbia sociale di una regione il cui malessere può tracimare oltre il punto di non ritorno, fino a rompere gli argini della propria collera, com’è avvenuto tante volte nella sua storia. Di pifferai magici non sentiamo proprio bisogno; ce ne sono già troppi in circolazione.

 di Franco Garufi

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