L’Europa sorpassa l’Italia nella lotta alla mafia

25 ottobre 2013
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Un palese contrasto si evidenzia tra la decisione assunta dal Parlamento Europeo per un Piano d’Azione per il 2014-2020 contro la mafia, la corruzione e il riciclaggio e l’orientamento preso dal Pdl di boicottare (almeno sino ad oggi) l’insediamento della neo Commissione Antimafia Nazionale dopo ben sette mesi dalle elezioni del febbraio scorso.

Il documento di indirizzo del Parlamento Europeo assume una rilevanza storica perché per la prima volta riconosce che la questione mafia è anche europea, che la legislazione di 28 paesi membri deve, prendendo ad esempio quella italiana, introdurre nei rispettivi codici penali: la fattispecie del reato di associazione mafiosa, la confisca dei beni illecitamente accumulati dalle organizzazioni mafiose, il 41/bis, il reato di scambio, l’incandidabilità e l’ineleggibilità dei mafiosi e dei loro complici politici, l’esclusione dagli appalti delle imprese mafiose. Inoltre la risoluzione individua le nuove tematiche della corruzione, del riciclaggio del denaro come aspetti centrali della commistione tra ambienti politici, economici e criminali, chiede la loro penalizzazione, l’abrogazione del segreto bancario e dei paradisi fiscali.

Le cifre del giro delle organizzazioni criminali citate dal documento europeo sono impressionanti: 3600 organizzazioni criminali tendenti all’internazionalizzazione e alla collaborazione tra loro, controllano il 3,6% del Pil globale. Le attività di corruzione nel mondo, secondo l’Onu, si attestano al 2,7% del Pil globale. In Europa l’Ue valuta l’incidenza della corruzione in 120 miliardi di euro, pari all’1% del Pil. Inoltre il Parlamento europeo solleva questioni drammatiche come quelle dettate dalle recenti tragedie di migranti: tratte degli esseri umani, traffici illeciti di ogni genere finalmente entrano nell’agenda politica dell’Ue anche se per ora sotto forma di indirizzo politico suggerito agli Stati membri.

C’è da sperare che intanto l’Ue nella prossima legislatura legiferi sulle questioni sollevate dal documento di indirizzo, istituisca una procura antimafia europea che coordini quelle nazionali, rafforzi l’Europol e altri organismi come Frontex con risorse umane, tecniche ed investigative che le rendano efficaci per reprimere i crimini e aiutare i deboli che chiedono ospitalità per sfuggire alle guerre, alla fame e al degrado della loro dignità umana.

In questo scenario stona quanto sta avvenendo nel Parlamento Italiano sul tema antimafia. Sette mesi per nominare una Commissione di cui abbiamo già detto, ancora un mese per eleggere un Presidente. Alla fine è risultata eletta, con una maggioranza relativa, Rosy Bindi, politicamente autorevole. A questo punto è augurabile il ritiro di ogni pregiudiziale da parte del Pdl e la ricerca di un piano di azione per i prossimi mesi pena la paralisi o l’indebolimento della Commissione. In tal caso le mafie ringrazierebbero.

Tutti gli attori della scena politica in questione si dichiarano formalmente antimafiosi, ma se non procedono a calendarizzare quanto richiesto dal movimento antimafia, sul voto di scambio, la corruzione, il riciclaggio, l’autoriciclaggio, i tempi di prescrizione, sul riuso sociale dei beni confiscati, rimarranno solo vuoti impegni.

Il perenne clima perturbato del Paese non può far scivolare in secondo piano le emergenze tra cui c’è proprio il rafforzamento dell’impegno anticorruzione e antimafia.

Vorrei rivolgere l’invito a una maggiore attenzione ai candidati a segretari del Pd, dai quali sinora non ho avuto il piacere di ascoltare alcun ragionamento specifico e completo su come loro intendano potenziare l’azione antimafia del Pd nel Paese e nel Governo. Perché non ci sarà cambiamento fino a quando l’argomento non troverà soluzione.

Vito Lo Monaco



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