Contro la mafia nel triangolo della morte
26 febbraio 1983-26 febbraio 2013, trent’anni dalla prima marcia popolare antimafia. “Il futuro della mafia siamo noi”, grideranno i giovani di Bagheria e Casteldaccia. “La sua scomparsa dalla storia del paese dipenderà da noi”. Il 26 febbraio di trent’anni fa la Sicilia e il Paese videro la prima marcia popolare contro la mafia, da Bagheria a Casteldaccia nel “Triangolo della morte”. Fu l’inizio di una rivolta morale e civile contro il sistema politico-mafioso. Non fu la prima manifestazione antimafia, come peraltro documenta la lunga lotta del popolo siciliano, dai fasci del 1800 agli anni dei due dopoguerra con le lotte agrarie, sino a quelle edili e degli operai del Cantiere Navale di Palermo degli anni 50 e 60 contro il nuovo blocco di potere politico-mafioso, ma la prima di tutta la società civile.
La marcia di trent’anni fa sarà riproposta, su iniziativa del Centro Studi Pio La Torre, di intesa con la rete delle scuole “Bab el gherib”, e l’adesione della Chiesa, dei sindacati, del mondo dell’associazionismo e delle amministrazioni comunali per martedì 26 febbraio prossimo. Ci sarà un’antimafia diventata più ampia e trasversale, contro tutte le mafie odierne indebolite ma non ancora cancellate dalla società, dall’economia e dalla politica. Saranno i giovani studenti delle primarie, medie e superiori di Bagheria e Casteldaccia con i loro genitori, nonni, fratelli e sorelle, gli amministratori locali, gli esponenti dei sindacati e delle associazioni a raccogliere il testimone di quella rivolta morale e civile. Nell’estate del 1982 impazzavano i killer di mafia che uccidevano per strada anche vittime innocenti per imporre il loro dominio; gli amministratori di allora negavano l’esistenza della mafia nei loro territori. Furono alcune Chiese locali a prendere la parola per la prima volta pubblicamente contro la mafia assieme alle forze storiche dell’antimafia. Così si ebbe la trasformazione del movimento generato dalla sinistra politica (comunista, socialista e cattolica), in movimento generale di tutta la società. Nacquero subito dopo, ai primi di settembre del 1982, a Casteldaccia il primo comitato popolare di lotta contro la mafia, poi a Bagheria, e successivamente a Palermo e in altre città.
Da quella forma iniziale di aggregazione trasversale venne il sostegno ai magistrati di nuova cultura che seppero utilizzare la legge Rognoni-La Torre, la prima legge antimafia dello Stato italiano ottenuta grazie al sacrificio di tanti uomini dello Stato e della politica caduti in quegli anni per spezzare il potere politico mafioso: Reina, Mattarella, La Torre, Dalla Chiesa, i magistrati Terranova, Costa, Chinnici, i migliori investigatori delle forze dell’ordine. Da quel movimento della società civile ebbero origine successivamente le associazioni antiracket, antiusura e i movimenti di legalità nelle scuole. In quell’epoca né nelle scuole, né nelle aule giudiziarie, né nelle assemblee elettive erano usuali analisi e confronti sul fenomeno mafioso. Oggi, invece, c’è una memoria sociale, antimafia condivisa, non solo mediatica e delle apparenze ma riflessiva e costruttiva. Essa agisce non solo sull’onda di fatti cruenti che scuotono la sensibilità collettiva, ma sull’onda di una riflessione politica e culturale più profonda che riconosce nella sconfitta della mafia la possibilità di una crescita economica, sociale, democratica.
È il monito alla classe politica del nuovo Parlamento che la marcia del 26 febbraio lancerà, la sconfitta definitiva delle mafie dipende dalla politica, oltre che dall’impegno della società, perché la mafia è questione politica. La sua scomparsa discende dal modo di intendere il governo della cosa pubblica e il modello di sviluppo del paese, infatti si tratta di scegliere tra un libero mercato condizionato dal dirittto o condizionato dalla mafia, tra una democrazia espressione di cittadini liberi o di cittadini intimiditi dalla mafia e dei bisogni.
Il nuovo Parlamento raccolga questo monito e affronti subito le priorità segnalate dal movimento antimafia: dalle modifiche al codice antimafia, a una nuova legge anticorruzione, a quella contro il riciclaggio e l’autoriciclaggio, per una legge elettorale che restituisca ai cittadini la possibilità di scegliere gli eletti, per una politica per la crescita e lo sviluppo che tuteli lavoro, imprese e giustizia sociale.
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