Busetta: l'uscita dal tunnel è lontana

Economia | 29 novembre 2014
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«Siamo vicini all'uscita dal tunnel, cominciamo a vedere la luce. L'Italia ha toccato il profondo rosso, ora è possibile prevedere una risalita ed un percorso di sviluppo dopo anni di previsioni buie». Lo ha detto l'economista Pietro Busetta, docente universitario e presidente della Fondazione Curella, nel corso della XXVIII edizione dell'Osservatorio congiunturale sull'economia, intitolato «Forecasting the future». All'hotel delle Palme di Palermo sono stati affrontati i temi più attuali, che riguardano le strategie per uscire dall'attuale fase di crisi e l'individuazione dei settori sui quali è necessario investire per invertire la rotta. «L'Italia - ha aggiunto Busetta - su 60 milioni di abitanti ha 20 milioni di occupati, uno su tre contro uno su due di Germania, Francia e Gran Bretagna. Ma se guardiamo l'Emilia Romagna il rapporto è uno a due, contro uno a quattro in Sicilia e Campania. Vuol dire che senza il Mezzogiorno l'Italia sarebbe già ripartita». 
«Il Mezzogiorno e la Sicilia sono invece ancora nel tunnel - ha continuato Busetta - ma fermo restando le evidenti colpe del Mezzogiorno e della Sicilia, questo non vuol dire che è giusto abbandonare il malato. È un'Italia provinciale, basta pensare che il Governo finanzia l'alta velocità Bari-Napoli, escludendo di fatto tutto ciò che sta al di sotto o che viene scelta Matera capitale della cultura, città di bellezza sconvolgente, ma difficilmente raggiungibile. Palermo e Napoli non possono essere dimenticate se si vuol fare ripartite l'Italia, bisogna portare anche i grandi eventi. In Sicilia avremmo bisogno di far lavorare un altro milione di persone ed è impensabile che questo possa accadere - ha detto Busetta -. È più probabile che si vada verso uno spopolamento sempre maggiore. Non è un caso se in alcuni paesi vendono le case ad un euro. Non fatevi prendere in giro - ha aggiunto - da chi dice che turismo e agricoltura sono la medicina per la Sicilia. Malta fa 14 milioni di presenze come noi, ma gli occupati nel turismo sono solo il 40 per cento. Servono il manifatturiero di alta qualità e la logistica. E a proposito di logistica, il Ponte sullo Stretto è una cosa seria. Potrebbe collegare Mumbai al mondo occidentale passando per Augusta». 
I lavori sono stati aperti dai saluti del presidente della Banca Popolare Sant'Angelo, Nicolò Curella. Dopo è intervenuto il sindaco Leoluca Orlando che ha sottolineato come «il governo centrale e quello regionale dimenticano i comuni. Come Anci - ha aggiunto - abbiamo deciso di smetterla di fare i contabili senza risorse e attendere le riforme. Le riforme le facciamo meglio se le anticipiamo e le facciamo da soli. Abbiamo iniziato col Patto di Ventimiglia, abbiamo firmato anche il patto dell'arcipelago Palermo e firmeremo a dicembre il patto di Alcamo, comune capofila per un progetto ecosostenibile per la costa trapanese». 
Successivamente è intervenuto Andrea Boltho, economista del Magdalen College di Oxford: «Dopo la crisi del 2008 paesi come Germania, Francia, Gran Bretagna stanno recuperando quanto perduto. - ha sottolineato -. L'Italia va come una lumaca perchè oltre ai problemi di sempre, burocrazia invadente, sistema giudiziario, infrastrutture carenti, si sono aggiunti difetti più recenti. Quali? La bolla immobiliare che ha portato al crollo dei prezzi delle case, ma su questo fronte vedo qualche speranza di ripresa; l'austerità che eccetto in Svezia, Germania e Svizzera, anzichè portare ad una diminuzione del debito pubblico, ha portato ad un aumento in altri diciotto paesi compresa l'Italia; la mancanza di riforme, ma occorre ammettere che in Italia tutto sommato in tema di riforme non molto sotto la media. Tuttavia, secondo i miei calcoli le riforme non sono un toccasana, sono utili a lungo termine, ma con un effetto addirittura deleterio nell'immediato. Infine, l'Italia pecca nella mancata crescita della produttività nel manifatturiero e nell'esportazione». 
Poi, ha aggiunto: «A chi dice, come molti attuali leader politici, che occorre uscire dall'euro, è opportuno ricordare che l'iniziale shock dell'uscita dall'euro creerebbe dei grattacapi iniziali che in questo contesto economico potrebbero rivelarsi mortali». 
«Concordo con Busetta - ha detto Antonio Purpura, assessore ai Beni Culturali della Regione Sicilia - che il turismo non è la medicina per la Sicilia. Tuttavia credo che da un lato le altre scelte non portano risultati immediati e dall'altro, puntando su turismo e beni culturali diamo forza all'agroalimentare, al piccolo manifatturiero e all'artigianato, settori strettamente legati al turismo. Inoltre dire ai siciliani che puntiamo al loro patrimonio storico significa aprire un canale di comunicazione da tempo poco fluido tra politica, imprenditoria e società civile». «Trivellazioni? Se il turismo non è partito non è certo per colpa delle trivellazioni, forse un problema è rappresentato dalle seconde case costruite sulla costa. Mettiamo le cose in ordine e non creiamo conflittualità che non stanno in piedi tra industria e turismo», ha aggiunto l'assessore Purpura. 
«Non possiamo affermare che il mancato sviluppo nel Mezzogiorno, in Sicilia in particolare, o i mancati investimenti possano essere addebitati esclusivamente alla presenza della mafia o della criminalità organizzata - ha affermato il professore Luigi La Spina, docente alla Luiss di Roma - la mafia non può essere una scusante e non è l'unico ostacolo allo sviluppo perchè in questi anni lo Stato ha dato risposte importanti nella lotta a Cosa Nostra e forse siamo vicini alla sconfitta della mafia, ritengo che ci sia un problema di inefficienza e di gestione inadeguata della pubblica amministrazione, del sistema della giustizia, della carenza di infrastrutture e di uno scarso senso civico. Tutto questo ha condizionato lo sviluppo al di là della mafia». 
«Esiste un problema di desertificazione industriale - ha detto l'economista Fabio Mazzola, direttore della scuola di Economia dell'Università di Palermo - esiste un problema di diminuzione della popolazione, di neolaureati che vanno via dalla Sicilia. Credo che però un ruolo fondamentale debba e possa essere esercitato dalle città, dalla gestione del territorio. Ciò che manca è lo stretto raccordo di natura istituzionale per mettere tutti d'accordo su tematiche specifiche. Beni culturali, turismo e agricoltura sono asset fondamentali per il territorio ma servono strumenti adeguati per delineare una linea di sviluppo che possa davvero competere e penso anche alla nuova tecnologia applicata alla cultura». 


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