Il nuovo governo non ha più alibi

Politica | 31 ottobre 2014
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D’ora in avanti nessun alibi per la maggioranza e l’opposizione all’Ars. Il Governo non è più quello del presidente, uomo solo al comando; è un governo di tecnici designati dai gruppi e partiti che formano una maggioranza, seppur risicata. Le opposizioni dimostrano di essere delle minoranze divise sui contenuti programmatici e unite solo contro Crocetta, cogliendone a volte qualche contraddizione.

Il Governo, che abbiamo definito tecnico-politico- tecnico per la composizione, politico per la designazione- non avrà un compito facile. Deve continuare a risanare il bilancio, far funzionare la macchina burocratica, avviare una politica d’investimenti per la crescita in un momento nel quale tutte le previsioni macroeconomiche non sono tra le più ottimistiche. Scorrendo il recente rapporto Svimez sul Mezzogiorno ed elencando tutti gli indici registriamo solo segni negativi e spesso peggiorati rispetto agli anni scorsi.

Il PIL del Mezzogiorno nel 2013 segna un’ulteriore calo del 3,5%, dello 2,7% in Sicilia la quale,dal 2007 al 2013, ha perso il 14,6%. Sud, dunque, ancora in recessione dopo sette anni di crisi, mentre il Centro-Nord appare in timida ripresa. È il giudizio della Svimez che, costatato il calo di consumi e d’investimenti, prevede un’ulteriore divaricazione tra le due aree. Il quadro macroeconomico tratteggiato è molto vicino alla percezione che ne ha la gente dei campi e delle città.

Dal 1982 al 2010 sono stati abbandonati, non più coltivati, 5,3 milioni di ettari di Superficie Agricola Utilizzata dei quali 2 milioni sono allocati al Sud. Il 36% dei capi-azienda (in Sicilia il 40%) ha più di sessantacinque anni. Il settanta per cento delle aziende agricole produce un reddito annuo di appena ottomila euro, insufficienti a creare un’impresa competitiva. Anche sul versante industriale rischiamo ormai una vera desertificazione che impedirebbe la crescita anche delle altre regioni perché le politiche nazionali e europee di austerità hanno costretto il Meridione a competere con le aree marginali dell’Ue e quelle del Centro-Nord con le aree più forti. Il risultato è un ulteriore allontanamento tra le due aree che impedirebbe all’Italia di uscire dalla crisi che somiglia sempre più alla Grande Depressione del 1929. Infatti, il crollo dell’occupazione per il sesto anno consecutivo accresce il rischio sociale. Nell’incertezza del futuro le coppie non fanno più figli. Per il secondo anno consecutivo nel Mezzogiorno ci sono stati più morti che nati. Solo 177 mila nati, il valore più basso dal 1861. Su quasi un milione di persone che hanno perso il lavoro in Italia, 583 mila sono meridionali. Sono aumentati i migranti dal Sud verso il Nord, 2,3 milioni negli ultimi venti anni, un 1,5 milioni, di cui 188 mila laureati, solo dal 2001 al 2011, altri 116 mila nel 2013. Il fenomeno riguarda prevalentemente i giovani del cui dramma abbiamo già scritto. Solo in Sicilia 500 mila giovani NEET- né scuola né impiego né formazione-. La Svimez rileva che dei 3 milioni 393 mila NEET, 2 milioni sono al Sud e del totale nazionale 2 milioni sono donne.   

Dunque, un Sud sempre più povero con una crescita del numero di famiglie poverissime( in stato di deprivazione materiale severe), in Sicilia il 41,7%. In Italia dal 2007 al 2013 le famiglie povere sono passate da 443 mila a 1,14 milioni di cui il 57,3% meridionali.

I governati siciliani conoscono bene questi dati, anche per le loro professionalità, e sanno perfettamente che i risultati della loro azione di governo saranno misurati sulla loro modifica in positivo iniziando dagli indici del lavoro. La Sicilia, come tutto il Mezzogiorno, rischia di rimanere esclusa dal mercato del lavoro se, come raccomanda la Svimez, non saranno recuperati i ritardi nella spesa dei Fondi europei e superate le criticità e le contraddizioni delle scelte nazionali. Grave è il ritardo nazionale e regionale per il nuovo ciclo di programmazione europea 2014/2020, mentre permane quello relativo alla spesa certificata del ciclo precedente. Sinora sono stati certificati il 51% per i Programmi degli Obiettivi di Convergenza, il 51% per il FERS, il 65% per il FSE, solo l’8% per i PAC (piani d’azione di coesione). Scorriamo, ora, le criticità sottolineate nel Rapporto: l’Accordo di Partenariato, con tutta la sua complessa articolazione- 11obiettivi tematici, 700 risultati da ottenere con oltre 330 azioni- è priva di programmazione, mentre la legge di Stabilità riduce le somme stanziate per il Sud. Intanto, l’Agenzia della Coesione, che dovrebbe coordinare il nuovo ciclo di programmazione, è stata istituita nel 2013, ma entrerà a regime solo nel 2015, cioè dopo l’approvazione dell’Accordo di Partenariato e dei Programmi Operativi che avrebbe dovuto coordinare.

Per sostenere una politica di crescita il Governo nazionale, e quello regionale per la sua parte, dovrebbe mettere al centro la Nuova Questione Meridionale con tutto quello che comporta anche nella prevenzione dei fenomeni degenerativi, dalle mafie alla corruzione all’evasione fiscale.

A tal proposito la Svimez rilancia un allarme da noi condiviso. La riattivazione di una nuova strategia della tensione da parte delle mafie- vedi le intimidazioni verso magistrati, amministratori  comunali attivi nel contrasto alla corruzione e altre manifestazioni che sembrano contraddire la sommersione seguita negli ultimi anni dopo le stragi- sono, come sempre, un bastone di appoggio alle varie e non definite politiche di destabilizzazione durante le crisi di transizioni. La questione non può essere lasciata solo alle forze dell’ordine e della magistratura. Essa è squisitamente politica e dalla Politica va affrontata, prima di tutto.spendere e non si sanno spendere fa montare la rabbia sociale.

 di Vito Lo Monaco

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