Il valore dell’agricoltura per la Sicilia
L’agricoltura e la filiera agroalimentare in Sicilia e in Italia sono parte della crisi del Sistema Italia, sconvolto da anni da un processo di ristrutturazione, accelerato della globalizzazione dell’economia, dove è possibile misurare l’efficacia della ricaduta delle politiche economiche comunitarie e nazionali sin qui perseguite.
Mercoledì prossimo, 8 ottobre dalle ore 10 alle 12, il Centro Pio La Torre ne discuterà, in uno dei suoi abituali Forum, in diretta streaming con l’assessore regionale all’agricoltura, i presidenti delle organizzazioni professionali agricole- Cia, Coldiretti, Confagricoltura, Copagri-, i rappresentanti dei lavoratori agricoli ed degli economisti agrari. Il tema del Forum spazierà “dal Piano di sviluppo rurale alla lotta contro le agromafie”.
Dopo quasi trent’anni di intervento dei Fondi strutturali europei in Sicilia, come nelle altre regioni meridionali, storicamente più condizionate dalle mafie, il reddito procapite è rimasto inferiore al 75% della media europea. Il Valore Aggiunto del sistema agroalimentare siciliano nell’ultimo decennio è diminuito del 5% in valore corrente e del 17% in valore costante. Il professore Bacarella documenta su questo numero di A Sud’Europa che l’agricoltura siciliana ancora oggi è per l’80% di tipo tradizionale e per il 20% moderno. Il settore primario siciliano produce 4 mld euro che risultano insufficienti a coprire il consumo regionale agroalimentare pari a 10 mld euro. Tale divario è colmato dalla Grande Distribuzione Organizzata diventata il grande Moloch dell’intermediazione tra produzione e consumo, senza riconoscere alcun diritto e rappresentanza all’uno e all’altro.
Quanto hanno inciso su questo risultato macroeconomico negativo la mancanza di unità politica del settore agroalimentare, la sua storica debolezza organizzativa commerciale, l’insufficienza di marketing di fronte la globalizzazione e la presenza delle mafie con i vecchi e nuovi sistemi di prelievo parassitario? Sono tornati in auge gli abigeati, i furti di macchinari e di prodotti agricoli accanto a nuove forme di racket e di efficiente controllo del trasporto, dei mercati generali e alla produzione, del packaging, dell’eolico, del traffico dei rifiuti tossici, del mercato del lavoro nero, del caporalato. Insufficiente è stata la consapevolezza del peso rilevante assunto dalle agromafie, dal campo allo scafale del supermercato, quest’ultimo diventato luogo privilegiato di riciclaggio del denaro sporco. Tale controllo si è consolidato per la compiacenza di istituzioni , di politici e di imprese non solo locali. Basta non dimenticare i procedimenti giudiziari sulla realizzazione di alcuni centri commerciali che hanno reso palese gli accordi tra affari, politici e criminalità organizzata oppure le contraffazioni agroalimentari, dalle mozzarelle di bufala al pomodoro di Pachino. Nonostante la crescita della repressione del fenomeno criminale, l’attenzione politica sulla crisi del settore primario non è cresciuta né ha prodotto interventi specifici di lunga durata né analisi e azioni concrete delle stesse organizzazioni professionali e dei governi nazionali e regionali.
La nuova proposta di PSR presentato dal Governo regionale all’Ue pur nella sua apprezzabile analisi e proposta metodologica evita di commentare gli scarsi risultati degli interventi passati dei fondi strutturali che potrebbero dare utili indicazioni per non ripetere gli errori del passato, anche recente. Il problema non è solo spendere le risorse dei fondi strutturali, ma farlo bene nell’interesse della crescita del settore.
La Sicilia con la programmazione dei fondi strutturali 2014/2020 ha un’altra occasione di programmazione dal basso che potrebbe, se ben orientata, attivare quel cambiamento culturale degli imprenditori agricoli (giovani e no) e della stessa pubblica amministrazione; finalizzare, con poche linee d’azione, gli investimenti solo su quelle buone pratiche che hanno un riscontro sul mercato globale; coinvolgere il mondo delle imprese, del lavoro e delle istituzioni locali. In questo quadro il contrasto alle mafie sul quale tutti concordano, può avere uno slancio operativo che si riverserebbe sulle strategie di politica economica.
Mercoledì porremo queste poche domande ai partecipanti al Forum:
L’approccio Leader ha dato luogo ad una concreta programmazione dal basso coinvolgendo operatori, istituzioni locali – dagli enti locali alle scuole-? I Gal sono stati funzionali in questa logica e come mai i risultati economici non sono stati positivi?;
L’area serricola ha subito una profonda ristrutturazione che ha quasi cancellato le piccole imprese senza mettere al riparo le stesse grandi aziende. Come si pensa di procedere?;
I distretti agroalimentari hanno incentivato la contrattazione interprofessionale accrescendo il potere negoziale dei produttori nella filiera?;
L’immissione in agricoltura di tanti giovani, che si rifiutano di emigrare, è adeguatamente sostenuta dal sistema formativo, dalla ricerca, dalle banche e dalla pubblica amministrazione?;
gli allevatori siciliani, soprattutto delle aree interne, saranno esclusi dal contributo unico europeo previsto nell’ambito della regione unica negoziata nella conferenza Stato-Regioni, perche non dispongono di Albi o Registri genealogici per i loro bovini meticci selezionati nel corso di secoli?;
Anche con questo Forum, il Centro La Torre, mettendo a confronto le varie rappresentanze politiche e sociali, cerca di svolgere il ruolo che si è dato di facilitatore e di lievito per la comprensione della realtà dalla quale oggi la Politica sembra essere distante. Mirando come sempre alla crescita della democrazia partecipata, libera dai lacci di tipo politico, burocratico o mafioso.
Vito Lo Monaco
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