Quel boss in salotto a Brescello
A Brescello (Reggio Emilia) una troupe di giovani coraggiosi ha girato, come web-tv "Cortocircuito", un formidabile servizio ripreso dal Fatto online. Tema: gli ottimi e cordialissimi rapporti del sindaco (Pd) con tal Francesco Grande Aracri, abitante nel paese da molti anni ma non un cittadino come tutti gli altri. Egli infatti è stato condannato per mafia e sottoposto a sorveglianza speciale. E’ inoltre al centro di attività economiche sospette che hanno recentemente portato ad un sequestro di beni a suo carico, da parte dei CC di Reggio Emilia, per un valore di 3 milioni di euro. Fa da cornice al tutto l’accusa di legami con la cosca 'ndranghetista di Cutro, E tuttavia il sindaco ha definito questo soggetto "persona educata e composta, gentilissima e tranquilla, sempre vissuta a basso livello".
Brescello è anche il paese di Peppone e don Camillo, mitici personaggi di
Guareschi, resi ancor più famosi dai film interpretati da Cervi e Fernandel,
nel ruolo di sindaco e parroco. Solo che le cose sono cambiate, rispetto
a quei tempi. Perché Peppone e don Camillo (rompendo una crosta solo apparente
di bonomia) facevano continuamente prorompere un torrente di divergenze,
litigi, scontri e risse. Ora invece parroco e consiglio comunale si schierano
subito dalla parte del sindaco. Ormai è tutto un idilliaco "pappa e
ciccia" , un universale "volemose bene" all'insegna
dell'indignata negazione dell'esistenza di qualunque problema di mafia. Si
organizzano iniziative popolari pro-sindaco e si raccolgono per lui firme
di solidarietà e sostegno (con il concorso, pare, dei familiari del
condannato). E chi prospetta anche solo la possibilità di infiltrazioni
illegali nel paese è pregato senza tanti riguardi di farsi da parte e starsene
zitto.
Brescello in verità non si differenzia troppo da molte altre zone del
Centro e Nord Italia. Spesso, anche se vi sono presenze mafiose di tutta
evidenza, fortissima e diffusa è la tendenza a negarle. Miopia, superficialità,
sottovalutazione e ignoranza si intrecciano con una sorta di distacco
"aristocratico" del Centro-Nord verso problemi considerati a torto
roba esclusiva di un Sud arretrato e povero. Senza accorgersi che così si
spalancano praterie sconfinate alla penetrazione dei mafiosi. Che per parte
loro fanno di tutto (ce l'hanno nel DNA) per passare inosservati, per non
essere avvertiti come un pericolo: dimostrando notevoli capacità di
"ibridarsi" mescolandosi e mimetizzandosi con le persone per
bene. Con il paradosso che questa
mimetizzazione (la vita “a basso livello”…) finisce per essere un comodo alibi
per chi non vuol vedere o prova a giustificare la sua disattenzione.
Viene in mente quel che il prefetto di Palermo Carlo Alberto dalla Chiesa
aveva dichiarato oltre trent'anni fa a Giorgio Bocca, pochi giorni prima
di essere ucciso dalla mafia, a proposito dei Corleonesi ( i Liggio, i Collura,
i Criscione ecc.) che nel 1949 erano stati da lui denunziati in Sicilia
per più omicidi e sempre assolti per insufficienza di prove, e poi si erano
"tutti stranamente ritrovati a Venaria Reale alle porte di Torino”.
Dalla Chiesa chiedeva “notizie sul loro conto e gli veniva risposto
'brave persone, non disturbano, firmano regolarmente'. E nessuno si era accorto
che in giornata magari erano venuti a Palermo o tenevano ufficio a Milano o,
chi sa, erano stati a Londra o Parigi". Tempi, luoghi e personaggi
sono diversi: ma sostanzialmente uguale e' il giudizio troppo
ottimistico e indulgente: ieri "brave persone" oggi "persone
educate e composte", come a smentire che la storia non si ripete.
Quel che il sindaco e gli abitanti di Brescello (purtroppo come tanti
altri) non vogliono neppure prendere in considerazione e' la sicura, accertata
forza relazionale della 'ndrangheta soprattutto nei piccoli centri, cioè
la sua costante ricerca di credito sociale attraverso stretti rapporti
con le amministrazioni locali e la popolazione: senza commettere reati
che creino troppo allarme, ma facendo valere come immanente (senza strafare) la
forza che comunque discende dal loro persistente legame con
l'organizzazione criminale le cui
radici restano in Calabria. Con il risultato di un sotterraneo, crescente
intreccio con il mondo "per bene" e di una progressiva
intensificazione dell'inquinamento dell'economia pulita ad opera di
quella illegale. A volte facilitata dal fatto che un aiutino per superare le
difficoltà economiche contingenti può anche far comodo e può indurre a
negare di avere a che fare non persone poco raccomandabili.
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