Quel boss in salotto a Brescello

4 ottobre 2014
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A Brescello (Reggio Emilia) una troupe di giovani coraggiosi ha girato, come web-tv "Cortocircuito", un formidabile servizio ripreso dal Fatto online. Tema:  gli ottimi e cordialissimi rapporti del sindaco (Pd) con  tal Francesco Grande Aracri, abitante nel paese da molti anni ma non un cittadino come tutti gli altri. Egli infatti è stato  condannato per mafia e sottoposto a sorveglianza speciale. E’ inoltre al centro  di attività economiche sospette che hanno recentemente portato ad un sequestro di beni  a suo carico, da parte dei CC di Reggio Emilia, per un valore di 3 milioni di euro. Fa da cornice al tutto l’accusa di legami con la cosca 'ndranghetista di Cutro, E tuttavia il  sindaco ha definito questo soggetto "persona educata e composta, gentilissima e tranquilla, sempre vissuta a basso livello". 

Brescello è anche il paese di Peppone e  don Camillo, mitici personaggi di Guareschi, resi ancor più famosi dai film interpretati da Cervi e Fernandel,  nel ruolo di sindaco e parroco. Solo che le cose sono cambiate, rispetto a quei tempi. Perché Peppone e don Camillo (rompendo una crosta solo apparente di bonomia) facevano continuamente prorompere un torrente di divergenze, litigi, scontri e risse. Ora invece parroco e consiglio comunale si schierano subito dalla parte del sindaco. Ormai è tutto un idilliaco "pappa e ciccia" , un universale "volemose bene" all'insegna dell'indignata negazione dell'esistenza di qualunque problema di mafia. Si organizzano iniziative  popolari pro-sindaco e si raccolgono per lui firme di solidarietà e sostegno (con il concorso, pare, dei familiari del condannato). E chi prospetta anche solo la possibilità di infiltrazioni illegali nel paese è pregato senza tanti riguardi di farsi da parte e starsene zitto.
Brescello in verità non si differenzia troppo da molte altre zone  del Centro e Nord Italia. Spesso, anche se vi sono presenze mafiose di tutta evidenza, fortissima e diffusa è la tendenza a negarle. Miopia, superficialità, sottovalutazione e ignoranza si intrecciano con una sorta di distacco "aristocratico" del Centro-Nord verso problemi considerati a torto roba esclusiva di un Sud arretrato e povero. Senza accorgersi che così si spalancano praterie sconfinate alla penetrazione dei mafiosi. Che per parte loro fanno di tutto (ce l'hanno nel DNA) per passare inosservati, per non essere avvertiti come un pericolo: dimostrando notevoli capacità di "ibridarsi" mescolandosi e mimetizzandosi con le persone per bene.  Con il paradosso che questa mimetizzazione (la vita “a basso livello”…) finisce per essere un comodo alibi per chi non vuol vedere o prova a giustificare la sua  disattenzione.
Viene in mente quel che il prefetto di Palermo  Carlo Alberto dalla Chiesa aveva dichiarato oltre trent'anni fa a Giorgio Bocca,  pochi giorni prima di essere ucciso dalla mafia, a proposito dei Corleonesi ( i Liggio, i Collura, i Criscione ecc.) che nel 1949 erano stati da lui denunziati  in Sicilia per più omicidi e sempre assolti per insufficienza di prove, e poi  si erano "tutti stranamente ritrovati a Venaria Reale  alle porte di Torino”. Dalla Chiesa chiedeva  “notizie sul loro conto e gli veniva risposto 'brave persone, non disturbano, firmano regolarmente'. E nessuno si era accorto che in giornata magari erano venuti a Palermo o tenevano ufficio a Milano o, chi sa, erano stati a Londra o Parigi". Tempi, luoghi e personaggi  sono diversi: ma sostanzialmente uguale  e' il giudizio troppo ottimistico e indulgente: ieri "brave persone" oggi "persone educate e composte", come  a smentire che la storia non si ripete.
Quel che il sindaco e gli abitanti di Brescello  (purtroppo come tanti altri) non vogliono neppure prendere in considerazione e' la sicura, accertata forza relazionale della 'ndrangheta soprattutto nei piccoli centri,  cioè la sua costante ricerca di  credito sociale attraverso stretti rapporti con le amministrazioni locali e la popolazione:  senza commettere reati che creino troppo allarme, ma facendo valere come immanente (senza strafare) la forza che comunque discende dal loro persistente legame con  l'organizzazione criminale  le cui radici restano in Calabria. Con il risultato di un sotterraneo, crescente intreccio con il mondo "per bene" e di una progressiva intensificazione dell'inquinamento  dell'economia pulita ad opera di quella illegale. A volte facilitata dal fatto che un aiutino per superare le difficoltà  economiche contingenti può anche far comodo e può indurre a negare di avere a che fare non persone poco raccomandabili.

 

 di Gian Carlo Caselli

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