Governo e opposizione ignorano i drammi della Sicilia
La Nato, tra la difesa della frontiera Est e del Medio-Oriente (con i cinquecento chilometri di confine della Turchia), per ora ha deciso nel vertice del Galles di privilegiare la prima. Il confronto con la neo aggressività del nazionalismo russo- prima annessione della Crimea ora delle regioni filorusso dell’Ucraina- minaccia di riproporre il clima di una nuova guerra fredda. Questa scelta oggettivamente sembra mettere in secondo piano le crisi attorno al Mediterraneo. Dal riflusso della primavera araba alla Libia lacerata e senza un’autorità statuale riconosciuta, dalla guerra Hamas-Israele ai conflitti in Iraq, Persia sino alla minaccia del Califfato dell’Isis, il Mediterraneo attualmente è l’area geopolitica più conflittuale.
L’Italia e la Sicilia si trovano al centro dell’area; porta di accesso all’Europa per tutte le genti che scappano dagli orrori della guerra e della miseria e le quali purtroppo cadono, anche per responsabilità dell’Europa, nelle mani dei nuovi mercanti della tratta umana; è stato l’unico luogo di accoglienza con tutti gli oneri connessi. L’auspicato intervento dell’Ue ora si è materializzato con la decisione di inviare qualche motovedetta, due aerei e qualche elicottero. Molto poco per i gravi bisogni che l’accoglienza ha creato soprattutto alla Sicilia.
Preoccupa la cecità e la sordità della classe dirigente siciliana, di fronte al dramma della migrazione e della pace nel Mediterraneo, lascia gli enti locali soli a fronteggiare e gestire l’emergenza, col comodo espediente del rinvio delle responsabilità (che sono gravi) al governo nazionale e all’Ue, e intanto si avvita in un dibattito, sempre più povero di contenuti sociali ed economici, sulla composizione della Giunta regionale ritenuta non sufficientemente rappresentativa o rivoluzionaria.
Le tragedie del Mediterraneo e quelle provocate dalla crisi economica sono lontane dall’interesse politico della classe dirigente isolana. Vorremmo, invece, che la classe dirigente siciliana si confrontasse con la complessità di tali questioni che mettono in discussione il ruolo della Sicilia per trasformarla da isola di approdo di migranti fuggitivi verso l’Europa in luogo di integrazione, di lavoro e sviluppo. Ma ciò è difficile pensando ai punti di crisi su cui abbiamo scritto più volte e quando non si è in grado di assicurarlo ai residenti storici.
Basta attraversare la Sicilia interna per vedere poche terre coltivate e seminate, qualche sparuta mandria e qualche gregge al pascolo. Abbiamo parlato della crisi dei vecchi poli industriali , recentemente visitati dal Presidente del Consiglio, dell’area serricola, quella dell’”oro verde”, più che dimezzata, del patrimonio archeologico, architettonico, culturale lasciato all’incuria per mancanza di fondi, di tanti giovani precari laureati disillusi che lasciano l’isola, delle nuove forme di povertà diffusa nella città e nella campagna. Eppure, nonostante tutto ciò non sia un segreto, non abbiamo saputo di alcun dibattito all’Ars, tra i partiti, al loro interno, mentre i fondi europei rischiano di non essere utilizzati e restituiti all’Ue.
Non abbiamo letto appelli alla mobilitazione di massa per la pace né proposte di sviluppo dopo le misure di risanamento del bilancio regionale. Dopo tanti anni di ascarismo, c’è ancora chi delega ai giochi politici romani la soluzione della crisi regionale, cancellando in sol colpo tutti i propositi di autonomia e responsabilità propria di gruppo dirigente. Intanto, dal vicino Medio-Oriente è nata una nuova minaccia del fondamentalismo islamico che si prefigge di ricostituire l’antico Califfato islamico del quale fece parte per alcuni secoli la Sicilia con grandi benefici di sviluppo economico e culturale basato sullo spirito di tolleranza e convivenza religiosa che ha modellato la Sicilia per diversi secoli sino all’avvento dell’inquisizione. Il “Giardino” del contadino arabo, soppiantato dal latifondo e dal feudo (all’origine dei tanti mali e ingiustizie della Sicilia) rimase nell’immaginario collettivo per molto tempo come un luogo d’incanto, ameno e ricco.
Oggi, l’Isis con i suoi barbari sacrifici umani non rievoca quell’era felice del “Giardino”, ma quella cupa dell’oppressone religiosa dell’inquisizione spazzata via dall’illuminismo e dalla Rivoluzione francese. L’Isis si propone di usare il controllo dell’area del petrolio non solo contro l’Occidente, ma per il suo duro dominio sulle popolazioni di quell’area. Riflettano, si pentano e agiscano di conseguenza tutti quei governi occidentali che hanno armato l’Isis e alimentato il fondamentalismo per dividere quei popoli e dominare l’area geopolitica. Quindi, non solo Ucraina e Russia, ma anche Mediterraneo.
Vito Lo Monaco
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