La dittatura delle discariche in Sicilia
4 settembre 2014
Presto l’autunno prenderà il posto dell’estate e finirà la stagione degli incendi, innescati dal precariato e dai contratti di servizi funzionali all’emergenza. Gli incendi sono diventati parte del paesaggio e ci segnalano il maldestro governo del territorio. Da diverse stagioni si sono aggiunti, lungo le strade cumuli interrotti di rifiuti, diventati anch’essi paesaggio, ma che a differenza degli incendi non andranno via con l’arrivo della pioggia.
Per cambiare la sorte dei nostri boschi, sarebbe sufficiente, come prima misura, destinare: risorse e precariato per la prevenzione e il rimboschimento da effettuare nei mesi invernali. Per i rifiuti la situazione è più complessa, con un sistema collassato che rischia di implodere con la nascita di un centinaio di municipalizzate per la raccolta dei rifiuti, che si aggiungeranno alle ventisette società d’ambito e le sedici SRR.
di Aurelio Angelini
Ognuno con i propri consigli di amministrazione e con una propria strategia, ma tutte a carico del contribuente siciliano che paga le tasse sui rifiuti più alte d’Italia per il servizio più scadente.
Gli ultimi dati del 2013 ci sottolineano che anche nel sud Italia qualcosa sta cambiando: la Campania e la Sardegna hanno raggiunto il 50% circa di raccolta differenziata. La Sicilia è ultima, con un sistema che dipende interamente dalle discariche. Abbiamo fondato la quarta “velocità” staccandosi dalla terza “velocità” rappresentata dal Sud (ma solo per i rifiuti?).
In questi anni in materia di rifiuti si è operato in modo criminogeno: non rispettando gli obiettivi di legge, che la Corte dei Conti della Liguria (27 maggio 2013, n. 83) li configura come “inerzia qualitativo e quantitativo del servizio di r.d., con … grave trascuratezza nella cura dell'interesse pubblico che configurano la sussistenza di responsabilità amministrativo-contabile”; non è stata applicata l'addizionale del “venti per cento al tributo di conferimento in discarica per quei comuni che non abbiano raggiunto le percentuali previste” (art. 205, D.Lgs 152/2006); non vengono rispettato i limiti ambientali di legge per l’ingresso dei rifiuti in discarica, per i quali i comuni pagano un’addizionale per il pretrattamento che non viene in toto o in parte effettuato.
Questi esempi sono solo alcuni dei tanti comportamenti contra legem su cui si basa la gestione dei rifiuti in Sicilia.
In queste settimane e in questo contesto, i comuni siciliani sono alle prese con la redazione dei Piani delle Aree di Raccolta Ottimali (ARO) e stanno decidendo se allearsi con altri comuni, oppure se procedere da soli. La stragrande maggioranza sta scegliendo di non fare “alleanze” e di gestire in proprio ciò che la legge statale per motivi economici, tecnici e ambientali non prevede.
La decisione della regione di permettere ai comuni di gestire in proprio i rifiuti, è stata voluta da Crocetta per onorare un impegno elettorale, con lo scopo di dare una risposta straordinaria ad una situazione straordinaria, in seguito al fallimento gestionale ed economico delle società d’ambito, che nel 2002 erano subentrate ai Comuni nella gestione dei rifiuti. L’obiettivo della riforma era di dare ai sindaci i poteri necessari per approntare idonee iniziative. Ma il modo con il quale si sta applicando questa nuova norma, rischia di provocare altri danni.
Ogni comune sta predisponendo un proprio Piano di raccolta, senza che la regione abbia formulato: vincoli tecnici ed economici; linee guida regionale per la raccolta differenziata; previsioni di impianti di prossimità territoriale.
Era indispensabile –per limitare i danni- che la regione, a monte del processo di raccolta, prevedesse clausole stringenti per la costituzione degli ARO, al fine di evitare la devastante ed onerosa frammentazione municipalista alla quale stiamo assistendo.
In questi giorni vengono presentati in regione i Piani di ARO, tantissimi di questi sono privi dei minimi requisiti tecnici e di previsioni economiche attendibili. In base a questi piani si instaureranno nuovi rapporti giuridici (società municipalizzate e/o gestori privati), che comprometteranno la possibilità di ridare un governo efficiente e unitario dei rifiuti, precondizione per poter chiudere il cerchio organizzativo ed economico del riciclo.
Senza un sistema unitario e un’impiantistica a servizio della raccolta differenziata, ancora una volta, come nel gioco dell’oca, si ritornerà al punto di partenza: la discarica.
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