L’attualità dei valori di Berlinguer per i giovani
A Troina, antichissimo centro della Sicilia interna, un gruppo di giovani democratici colti appena ventenni, coeso, motivato e curioso, mi ha invitato alla Festa de L’Unità organizzata da loro e dedicata a Enrico Berlinguer nel trentennale della sua precoce morte. Quei giovani hanno intervistato l’ex segretario del Pci troinese, Silvano Privitera e me, quali militanti e dirigenti locali e regionali dell’epoca per sapere come la Sicilia del tempo avesse vissuto la scelta del “compromesso storico”, dell’”alternativa democratica", del rifiuto del modello unico di società socialista e del partito guida sino al riconoscimento dell’esaurimento della spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre propugnati da Berlinguer, vicesegretario del Pci dal 1969, segretario dal 1972 sino alla sua morte nel 1984 avvenuta poco dopo un comizio per le elezioni europee.
Quel gruppo di ragazze e ragazzi, in una bella piazza sempre più affollata di giovani, adulti e anziani, con uno sfondo naturale dominato dall’Etna e da antichissimi ruderi, testimoni di un nobile e ricco passato, hanno voluto sapere cosa fosse stato quel Pci, partito di massa, grande scuola di educazione civica alla democrazia. Senza alcuna nostalgia, hanno cercato di capire se in quella storia possano rintracciare valori e ideali per il loro impegno di giovani del XXI secolo, se l’elaborazione del “compromesso storico” trovi somiglianze nella situazione attuale, se essa abbia generato correnti e lotte interne e così per oltre due ore di fitto dibattito.
Per noi interrogati, nella qualità di testimoni d’epoca, è stato facile ricordare che il pensiero di Enrico Berlinguer aveva radici nel pensiero di Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti. “L’unità della sinistra di estrazione marxista, non basta, è necessaria, ma non sufficiente, occorre il dialogo con i cattolici”. La classe operaia, le classi lavoratrici da sole, anche se maggioranza, senza alleati nel complesso ceto medio non possono garantire la realizzazione di una via democratica al socialismo.
È la tragica lezione della tragedia del Cile quando, con il golpe dei militari l’11.settembre.1973, viene soffocato nel sangue l’esperimento democratico del socialista Salvatore Allende, rovesciato dalla saldature dell’alleanza del ceto moderato cattolico con la reazione cilena, sostenuta dal governo Usa fortemente contrario alla presenza della sinistra nei governi dei paesi sotto la sua influenza. Pesarono in quella tragedia anche gli errori dell’estremismo dei socialisti cileni e dei gruppi rivoluzionari che spinsero all’opposizione la sinistra della DC cilena, che aveva guardato con favore al Governo Allende, facendovi prevalere l’anima reazionaria.
Da quella tragedia nacque la proposta di“ compromesso storico” tra il movimento operaio d’ispirazione comunista e socialista e quello popolare cattolico per rinnovare lo Stato italiano, dargli un largo consenso di massa che lo riparasse da un’involuzione conservatrice, possibile pericolo per un’Italia sconvolta dal dissesto dell’economia, dalla crisi del centrosinistra, dalla rincorsa a destra della Dc, dall’avanzata elettorale del Msi neofascista, dall’esplosione dell’estremismo di sinistra che sfocerà nel terrorismo. Contemporaneamente Berlinguer impresse una svolta nelle relazioni col movimento comunista internazionale. “Non ci possono essere né un partito né uno Stato guida”.
La costruzione del socialismo nelle società sviluppate e democratiche dell’occidente dovrà perseguire la via democratica e considerare la tutela dei diritti e delle libertà individuali e collettive il momento più alto del suo sviluppo. In Sicilia, la nuova strategia del Pci aprì una fase nuova nella politica regionale. L’apertura del dialogo verso il Pci da parte della Dc, a Roma guidata da Aldo Moro e in Sicilia da Pier Santi Mattarella e Rosario Nicoletti, portò alla rivisitazione dell’Autonomia regionale per cancellarne le interpretazioni conservatrici dei governi centristi e rilanciare un programma di riforme che il centrosinistra non era riuscito a realizzare.
Furono approvate, con un “accordo di programma di fine legislatura” importanti leggi di programmazione dello sviluppo, di sostegno alla cooperazione, di ristrutturazione del settore minerario, d’incentivazione delle imprese agricole. La nuova legislatura regionale vide il primo governo presieduto da Pier Santi Mattarella sostenuto da una maggioranza estesa al Pci. Fu la breve fase dei governi di “unità autonomista” che produsse importanti leggi – dalla programmazione al decentramento verso gli enti locali, dalle leggi di settore alla riforma dell’urbanistica – e che fu stroncata dall’assassinio politico mafioso di Pier Santi Mattarella.
Anche in Sicilia, come a livello nazionale con l’assassinio di Aldo Moro, il terrorismo politico e quello politico mafioso furono usati per stroncare ogni possibile apertura al Pci. L’avvicinamento tra Pci e Dc, caldeggiata dal repubblicano Ugo La Malfa, non ricevette il favore della nuova dirigenza socialista di Bettino Craxi che temette di essere escluso da un’alleanza tra comunisti e democristiani contro la quale lavorò pensando di diventare il primo partito della sinistra. La storia ci dice come finì, anche perché i partiti di massa nati dalla Resistenza e dalla Liberazione non riuscirono a comprendere le grandi trasformazioni del mondo. I nuovi focolai di guerra, la crisi ciclica del capitalismo e del sistema dei paesi socialisti, i nuovi rapporti tra Nord e Sud del mondo, la fine dell’illusione del progresso illimitato del progresso, la crisi degli accordi di Bretton Woods e della stabilità del cambio dollaro-oro sancita alla fine della seconda guerra mondiale imponevano una nuova strategia e un loro governo mondiale.
Berlinguer tentò con l’analisi dei nuovi bisogni sociali sorgenti - il femminismo, la questione giovanile, la società degli anziani assieme ai nodi storici non risolti dello sviluppo del nostro paese, v.questione meridionale, sino all’alternanza al governo delle forze democratiche e alla fine della conventio ad escludendum verso i comunisti- di indicare una terza via per la realizzazione del socialismo dopo l’esperienza storica socialdemocratica e quella dei paesi a regime socialista. Berlinguer avvertì che sorgeva un nuovo capitalismo globalizzato e finanziario sempre di più capace di scavalcare, in assenza di un governo democratico mondiale, gli interessi nazionali e i rispettivi governi. L’alternativa democratica nacque, con contrasti interni, in quel clima condizionato dal terrorismo politico e mafioso e dall’arretramento dell’apertura ai comunisti che provocò tante delusioni.
Cosa rimane di quella fase? Una grande lezione storica di metodo, di analisi, di vita democratica, di unità prima culturale e poi politica di una classe dirigente di partito, pronta al governo del paese, forgiata dal confronto democratico interno e sociale, sobria nello stile di vita. È stato chiesto se c’è all’orizzonte della sinistra un nuovo Berlinguer? Abbiamo risposto che non può esserci perché ogni persona è figlia del suo tempo. Ieri fu il tempo dei partiti di massa, radicati nelle classi e nelle pieghe della società di allora, che pensarono la Costituzione e che ricostruirono il paese distrutto dalla guerra, oggi, nell’era del capitalismo globale finanziarizzato, la nuova rappresentanza politica deve riprendere il comando dell’economia nel rispetto della democrazia , della giustizia sociale e dell’uguaglianza. Valori che sentiamo pronunciare spesso dal Papa Francesco e meno dai politici anche di sinistra. Compito dei giovani è di non rinunciare, per il loro futuro, a questi valori, di essere presenti nella vita politica e pretendere che la democrazia sia reale, non virtuale, partecipata.
Vito Lo Monaco
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