Religiosità distorta
Un’altra processione a Ballarò, quartiere storico di Palermo, che si ferma a rendere omaggio al boss rinchiuso in un carcere lontano da Palermo. Bambini offerti alla protezione del fercolo fatto di religiosità antica e formale riconoscimento, da parte di chi guida l’incedere della “vara”, dell’autorità della famiglia mafiosa del quartiere.
Rispetto mafioso e religiosità (distorta) ancora una volta in evidenza in una città, Palermo, che dell’antimafia ha fatto il suo veicolo di rimodernamento etico, amministrativo, sociale ed economico. Lo stesso quartiere di Ballarò alimenta in contrappasso iniziative, eventi, associazioni popolari antimafia. Un gruppo di attori popolari, non professionali hanno recitato alla Chiesa di S.Giovanni Decollato e successivamente al Centro S.Saverio con grande successo di pubblico l’atto unico di Vincenzo Consolo “Pio La Torre. Orgoglio di Sicilia”. Senza dimenticare il prezioso compito educativo nella scuola fatto da laici e religiosi. La contraddizione solare tra la scomunica della mafia di Papa Francesco, lo scioglimento di confraternite inquinate e il ripetersi prima alla Zisa e poi a Ballarò di atti ribelli all’appello della massima autorità religiosa è sotto agli occhi.
Da laico, non laicista, interessato all’evoluzione positiva dell’atteggiamento netto antimafia della gerarchia ecclesiastica non può chiedersi come mai non si provveda a un risanamento antimafioso delle confraternite.
Sancita, ancora una volta, l’incompatibilità tra mafia e religione, le autorità territoriali ecclesiastiche responsabili non possono intervenire solo nei casi nei quali esplode la contraddizione.
Al prete che viene da Udine o il fraticello senza alcuna informazione e formazione culturale specifica sull’humus sociale può sfuggire la complessità e la ritualità mafiosa per l’affermazione della propria forza territoriale.
Non bisogna lasciarli soli, occorre formarli in senso antimafioso; senza aspettare l’informativa degli inquirenti o dell’autorità giudiziaria, la curia e le chiese locali possono e debbono risanare da ogni infiltrazione mafiosa tutti gli organismi ecclesiali e le sospettate confraternite.
Non si può ripetere l’errore di quanti pensano che un atteggiamento esteriore rispettoso e verbalmente antimafioso debba essere accolto automaticamente.
Quanti imprenditori hanno tentato e tentano di iscriversi in una associazione antiracket per avere il bollino verde dell’antimafia mentre sono in combutta con politici e con funzionari pubblici corrotti o con organizzazioni mafiose?
Dopo l’appello di Giovanni Paolo II ad Agrigento nel 1993, eclatante e innovativo, non furono assunte dalle autorità ecclesiali tutte le misure preventive e difensive di vigilanza democratica. Dopo Papa Francesco, con il suo interesse non episodico contro il fenomeno, dopo la soppressione di qualche confraternita palesemente inquinata, dopo la sospensione di processioni; usate come centri di raduno mafioso ogni religioso, ogni credente, non può più stare a guardare. Ovviamente ciò vale per tutti i cittadini. Per quanto riguarda i laici non credenti, senza alcuna spocchia razionalistica e laicista, siamo più interessati affinchè ciò avvenga al più presto, per cancellare dalla nostra terra mafia, corruzione, illegalità e tagliare ogni alibi a quella politica “ipovedente”
Vito lo Monaco
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