La svolta necessaria dell'Unione Europea

23 giugno 2014
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L’accordo che si profila tra le grandi famiglie politiche europee per la governance dell’UE, il democristiano Juncker alla presidenza della Commissione, il socialdemocratico Schulz a quella del Parlamento, è un fatto positivo, ma ancora non annuncia una svolta nella politica di austerità perseguita fino a ora. Intanto, è importante che non sia stata sottovalutata la portata pericolosa dell’ondata euroscettica manifestatasi col voto alle europee in tutti i paesi, ma con tracimazioni molto pericolose in Francia e in Inghilterra. È altresì importante l’intesa di Parigi tra i partiti del PSE sulla necessità di una svolta nelle politiche sociali e economiche per la crescita pena una crisi politica irreversibile del ruolo dell’UE.

Modificare consensualmente i patti sottoscritti per l’Italia dal governo Berlusconi e rispettare le indicazioni maggioritarie del voto europeo per Juncker, per la presidenza semestrale dell’Italia diventa l’occasione per consolidare il ruolo politico del Parlamento che elegge, non ratifica, il Presidente della Commissione e rafforza il suo compito d’indirizzo e controllo delle attività della Commissione. L’obbiettivo strategico è quello di una UE politica che governi il mercato comune, le politiche economiche, finanziarie e sociali, le politiche della difesa, della sicurezza, dei diritti civili, della giustizia in nome della sovranità dei cittadini europei e non solo dei governi nazionali. Quindi va bene questo prima intesa tra le forze europeiste, ma sarà necessario procedere con urgenza imposta dai fatti alla correzione della linea d’austerità “modello Merkel”. Gli indicatori dello stato economico e sociale italiano sono concordi nel constatare una recessione ancora in corso con deboli segnali di inversione, soprattutto nel meridione e in Sicilia, le cui conseguenze sociali abbiamo descritto, facciamo anche in questo numero, e che continuano a rafforzare corruzione, mafie, criminalità economica e finanziaria. S’impone la necessità di un nuovo modello di sviluppo che punti a recuperare prioritariamente la vivibilità dei nostri territori urbani e rurali. Tutto ciò senza investimenti pubblici e privati diventa una perorazione più che un programma politico concreto.

Lo abbiamo potuto toccare con mano nell’incontro tra laici e religiosi tenutosi alla chiesa SS. Trinità alla Zisa. Come si fa a strappare nuove giovani reclute dalle grinfie dei mercanti di morte dei narcotrafficanti senza poter offrire un’alternativa dignitosa di lavoro quando con i cento euro guadagnati con lo spaccio sopravvive un’intera famiglia? Come difendi i commercianti o gli imprenditori dall’usura quando le banche non fanno credito alle imprese appena in odore di difficoltà economica? Difendi un territorio dalla mafia se lo proteggi dalla crisi, difendi la legalità se la previeni e non soltanto se ti limiti a reprimerla. Offri servizi, lavoro, sicurezza, comportamenti pubblici immuni da ogni forma di corruzione, non chiedi voti tramite i mafiosi, non benedici i funerali dei mafiosi, non eleggi gli uomini di mafia e allora crescerà il consenso per ogni forma di legalità. È quanto ci dicono ogni giorno coloro che l’antimafia la fanno a contatto con i bisogni della società, della scuola, dell’economia e non solo una volta l’anno con l’anniversario di turno durante l’esposizione mediatica del fercolo della vittima di mafia. Stato, Chiesa, le rappresentanze del mondo economico, sindacale, economico sembrano concordi nel denunziare il pericolo della corruzione e delle mafie per la società italiana ed europea che questo ventennio di sfrenato neo liberismo sembra aver accresciuto. E allora, cosa fare se non superare tali politiche e dottrine e ripensare il modello di sviluppo? Risanare i conti pubblici senza contemporanee politiche di crescita ha portato l’Europa mediterranea al punto in cui è, cioè al punto di rimettere in discussione tutte le conquiste sociali del novecento- stato sociale, diritti del lavoro e al lavoro, equità-. All’Ue e al governo italiano non rimane che la scelta radicale di rovesciare le politiche pubbliche e private neoliberiste sinora perseguite per ridare fiducia e una prospettiva democratica ai cittadini.

Vito Lo Monaco



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