I tagli che non vanno fatti alla Sicilia

19 marzo 2013
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Correttamente l’attuale governo regionale, ponendosi la questione del risanamento finanziario della Regione e l’obiettivo della crescita economica e sociale, non nasconde di aver ereditato una pesante e non incoraggiante situazione. Infatti, lo scenario macroeconomico è condizionato dalla crisi di lunga durata che ha investito l’intero paese e si è abbattuta ancora più pesantemente su una regione strutturalmente più arretrata.

Le conseguenze economiche e sociali sono evidenti e sotto gli occhi di tutti. Interi settori industriali stanno scomparendo assieme a quello automobilistico, mentre l’avvitamento tra recessione, crollo degli investimenti e della domanda interna ha allargato periodicamente l’area del disagio sociale e della povertà.

In tale situazione il DPEF approvato dal governo Lombardo, prima del voto dell’ottobre

scorso, è stato doverosamente cambiato dal governo Crocetta per renderlo credibile.

Sarà un’operazione difficile renderlo applicabile tenuto conto del peso che la spesa improduttiva ha assunto per le scelte clientelari, di un bilancio ormai ingessato dalla spesa corrente e per l’esigua disponibilità di risorse per gli investimenti produttivi sommata alla strutturale inadeguatezza della pubblica amministrazione di spendere le risorse comunitarie.

Le tabelle illustrative del DPEF 2013 documentano il calo del Valore Aggiunto regionale dal 2008 al 2011 del – 1,5 % nell’agricoltura, del -7 % nelle costruzioni, del .4,3 %nell’industria.

Inoltre dodicimila imprese hanno chiuso i battenti, l’export-import registra un saldo negativo del -6 %, la previsione per il 2012 è una riduzione del Pil del -2,7% e una modesta inversione per il 2013.

D’altra parte le previsioni del Fondo monetario e della Commissione europea sono state ulteriormente ridotte rispetto al trimestre scorso.

Con questi oggettivi limiti, senza uno sforzo concertato e sostenuto socialmente, sarà difficile recuperare risorse per la crescita.

L’austerità praticata fino ad oggi è stata pagata dalla parte più debole della società e dell’economia. È dimostrata dal calo dei consumi e dalla cessazione di attività delle imprese a corto di liquidità.

Il governo regionale dovrà scomporre la spesa e di eliminare quella “inutile” generata durante la fase delle vacche grasse che ha alimentato il clientelismo che a sua volta ha generato quel brodo di coltura della corruzione madre di tutte le mafie.

Gli obiettivi generali del DPEF sono condivisibili ma raggiungibili se ci saranno l’appoggio dello Stato e la definizione del Patto di stabilità.

“Crescita dimensionale delle imprese, innovazione tecnologica, economia sostenibile e verde, difesa e valorizzazione dell’ambiente e del territorio, moderna industria culturale, completamento delle reti infrastrutturali e logistiche per riconquistare credibilità in Europa e nel Mediterraneo” sono i titoli ambiziosi di un programma innovativo di medio e lungo periodo la cui copertura finanziaria non potrà essere recuperato solo dalla scomposizione dell’attuale bilancio regionale. 

 di Vito Lo Monaco

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