Usque tandem abutere?

15 marzo 2013
Condividi su WhatsApp Twitter

Maltrattamenti, botte, abusi, violenze, ferimenti, uccisioni. Ma anche aborti selettivi, mutilazioni genitali, stupri etnici, stupri “correttivi”, donne lapidate, ragazze sfigurate con l'acido, bambine violentate, oggetto di pedopornografia, piccoli corpi comprati e venduti. E poi mobbing e ricatti, minacce e umiliazioni, stalking e molestie, segregazioni e schiavitù. Le parole sono pietre, ma i numeri pesano più delle pietre. Sarà bene allora fare i conti con i numeri, perché altrimenti ti fanno passare per visionaria, vittimista, ideologicamente prevenuta, in malafede, tragediatrice, e chi più ne ha più ne metta.

Anche solo per poter continuare a nascondere la testa sotto la sabbia, facendo finta che quello che succede dietro la porta accanto, o forse persino nella stanza accanto, non ti riguardi, o sia solo “un episodio”, in fondo “niente di grave”, “niente di irrimediabile”, “niente di cui preoccuparsi” o peggio “in cui immischiarsi” - anche se i pianti e le grida e i colpi si sentono attraverso i soffitti le pareti i pavimenti le scale - perché “sono fatti loro”, “tra moglie e marito non mettere il dito”, “un padre sa quello che fa”, e via così con le illusioni e le mistificazioni, raccontando e raccontandosi balle, fino a quando alla “banalità del male” non c'è più scampo né rimedio.

Proprio mentre in tutte le piazze e le città del mondo “one billion rising” - un miliardo di donne di tutte le età, ceti, culture, religioni ed etnie, hanno alzato la testa e si sono messe a ballare e a recitare la storia del “lupo cattivo” che, quasi sempre in famiglia, ne mangia una su tre - esplodeva l'ultimo “caso” eclatante e ormai arcinoto dell'uccisione della propria fidanzata da parte di Oskar Pistorius: l'uomo dalle gambe di titanio che appena pochi mesi fa ha vinto la sua battaglia gareggiando alle olimpiadi come un uomo “normale”, e che invece “normale” non è - o forse sì - se ha ucciso la sua donna per gelosia, inscenando poi una sgangherata “disgrazia” per farla franca. Come O.J. Simpson, ricordate? L'ultima uccisa in Italia, invece, era una piccola donna meridionale del tutto sconosciuta.

Così ne ha scritto il 18 febbraio il Fatto Quotidiano: “Giuseppina Di Fraia aveva 52 anni e una vita difficile. Stringeva i denti e sgobbava. Pensava solo alle sue due figlie di 23 e 14 anni. Umiliazioni e offese. Scenate e botte. Scariche d’ira. E alle frequenti ondate di rabbia e violenza opponeva il silenzio. Non rispondeva. Tratteneva le lacrime. Viveva in apnea cercando di tenere unita quella parvenza di famiglia. Nonostante tutto, ogni santa mattina Giuseppina, fattosi il segno della croce, andava a lavorare come colf. I soldi che guadagnava le occorrevano per garantire un piatto caldo a tavola. Lo scorso 11 febbraio, mentre Giuseppina andava al lavoro a Pianura, il marito l’ha inseguita e investita con la sua auto. Ad assistere alla tragica scena alcuni passanti. Neppure credevano ai loro occhi.

L’uomo invece era freddo, distaccato e strafottente. Con faccia tosta e agire impunito li rassicura: si è trattato solo di un incidente. Giura che non era sua intenzione investirla, che voleva solo parlarle, che adesso l’avrebbe accompagnata in ospedale. Invece pochi metri dopo ferma l’auto, trascina la moglie fuori tirandola per i capelli, la cosparge di benzina, le dà fuoco. Giuseppina brucia, è una torcia umana, le grida sono strazianti. Lui la osserva, risale sull’auto e si allontana. Giuseppina è in condizioni disperate. I medici del reparto Grandi Ustionati dell'Ospedale Cardarelli di Napoli fanno di tutto per strapparla alla morte. L’agonia di Giuseppina è atroce. Le ustioni di terzo grado le hanno divorato oltre la metà della superficie del corpo. Dio, se esisti davvero chiamala a te.

Concedile la pace, la felicità, la serenità che non ha mai avuto. Venerdì a mezzogiorno il suo cuore si è fermato”. Niente emozioni, dicevamo. E allora ecco i numeri: oltre 100 donne uccise in Italia nel 2012, quasi una ogni tre giorni; 104 nel 2011; 127 nel 2010. Secondo l'Istat, “una donna su tre è stata vittima almeno una volta dell'aggressività di un uomo. Circa 6 milioni di donne italiane hanno subito violenze sessuali. Quasi 700mila donne ogni anno subiscono violenze da parte del marito, del fidanzato o del compagno”. La maggior parte degli abusi accadono tra le pareti domestiche: il 69,7% degli stupri è opera del partner: marito o ex marito, fidanzato o ex fidanzato; il 17,4% da un conoscente o comunque da un uomo frequentatore abituale della cerchia familiare.

 “Solo” il 6,2% è opera di estranei, i cosiddetti “stupratori occasionali”. Il rischio di subire uno stupro è tanto più elevato quanto più è stretta la relazione tra autore e vittima. Ma uno dei dati più allarmanti è senza dubbio la percentuale delle donne che non denunciano uno stupro o un maltrattamento. Secondo l'Istat, “il 95% delle vittime non denuncia la violenza subita”. E nel resto del mondo? Beh: all'inizio c'erano gli spartani che buttavano le bambine giù da una rupe, esempio seguito alacremente dai cinesi nella seconda metà del secolo scorso in riguardo alle politiche demografiche che consentivano un solo figlio, maschio naturalmente, per cui le figlie femmine erano oggetto nel migliore dei casi di “aborto selettivo” e nel peggiore di “infanticidio di genere”, ragione per la quale pare esserci oggi in Cina un grave deficit nel rapporto maschi-femmine per la costruzione di quella moderna società.

 D'altra parte proprio in quelle terre lontane uno dei segni della sopraffazione e della tortura quotidiana cui erano sottoposte le donne è consistito per secoli nella fasciatura dei piedi delle neonate fino alla riduzione a due moncherini dolenti che ne impediva la deambulazione e di fatto ne limitava i movimenti solo all'interno delle mura domestiche. E vogliamo mettere nel conto, molto al di là dell'imposizione del burqa o dello chador o dei diversi veli che ne occultano le sembianze, le violenze contro le donne afghane? O contro quelle bosniache, cecene, turche, iraniane, irachene, algerine, esteuropee o centroasiatiche o africane in genere? Qualcuno sa che nelle “civili” tradizioni egiziane, non solo nei villaggi sperduti ma anche nelle grandi città come Il Cairo o nella “civilissima” Alessandria, all'80% delle bambine vengono inflitte gravissime mutilazioni genitali? Per non parlare del Mali, Burkina Faso, Nigeria, Ciad, Sudan, e via elencando.

O forse vogliamo parlare dell'India, dove “le tradizioni” consentono a un uomo di sfigurare impunemente una donna per impedirle un matrimonio “indesiderato” o non consono alle aspettative della famiglia? Il resto del mondo non è meglio dell'Italia, tant'è che “one billion rising” ha riguardato e coinvolto donne di ogni latitudine e livello di “civiltà”. Questo però non ci conforta perché se, come afferma l'Istat, ogni anno in Italia vengono violentate 700mila donne, significa che nella prossima ora 80 donne subiranno uno stupro, che per 56 avverrà in casa, che a una di loro, a una di noi, toccherà tra meno di un minuto.

 di Gemma Contin

Ultimi articoli

« Articoli precedenti