Violenza e mistero dei clan, la forza della mafia nigeriana da Catania a Torino

Società | 15 novembre 2021
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Black Axe, Eiye, Maphite, Vikings, Bucaneers.Sono alcuni dei gruppi criminali nigeriani attivi in Italia, nei confronti dei quali diverse inchieste giudiziarie degli ultimi quindici anni hanno più volte contestato il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Nati nelle università nigeriane a partire dagli anni ‘50 del XX secolo a difesa della cultura autoctona durante il periodo della dominazione coloniale britannica e con l’obiettivo di contrastare le discriminazioni contro i neri, i secret cult si sono trasformati nel tempo in gruppi violenti che seminano morte e terrore nella comunità di riferimento. È negli anni ’80 che avviene questa deriva violenta dei cult, la cui attività si estese al di fuori dei cam­pusnigeriani. Essi divennero il braccio armato dei vari regimi militari,che si sono succeduti nel tempo,per mitigare l’opposizione delle associazioni studentesche e degli accademici impegnati per la democrazia. Come ormai è noto, il primo cult segreto, la PyratesConfraternity, venne fondato nel 1953 presso l’Università di Ibadan, mentre il suo rivale, il gruppo Eiye, venne creato nel 1965. Negli anni ‘70, poi, sorsero numerose confraternite studentesche che discendevano dai Pyrates, tra cui i Buccaneers. Altre divisioni hanno portato, negli anni ‘80, anni della guerra civile, alla nascita dei Vikings, i RedBeret, i Mafia, e i Black Axe (detti anche Aje) e di altre confraternite.

In seguito alla diaspora nigeriana, i cult si sono diffusi in tutto il mondo. In Italia si sono stanziati da Nord a Sud, da Torino al Litorale Domitio, da Ferrara a Palermo e Catania, passando per Roma, Cagliari, Perugia, L’Aquila.

Nel nostro Paese si comincia a parlare della criminalità nigeriana tra la fine degli anni ’90 e i primi anni duemila. Proprio in quegli anni la Commissione parlamentare antimafia della XIV legislatura, pur esprimendosi nei termini di «criminalità organizzata nigeriana», evidenzia le caratteristiche tipiche mafiogene quali il vincolo associativo -«fondato sull’appartenenza familiare, tribale o etnica» – l’omertà dei membri, la condizione di assoggettamento delle vittime e l’uso della violenza. Tuttavia, è nel 2007 che, per la prima volta in Italia, viene emessa una sentenza di condanna (Tribunale di Torino) per il reato di associazione mafiosa a carico dei membridei cultEiye e Black Axe. Sentenzaconfermata in tutti i gradi di giudizio. Tra le ultime pronunce di condanna per 416 bis nei confronti dei cult nigeriani vi è quella, nel 2018, del Tribunale di Palermo a carico di quattordici axe men- assolti, tuttavia, coloro che hanno scelto il rito ordinario. Dal 2016 gli inquirenti del capoluogo sicilianohannocondotto una serie di operazioni contro i cult Black Axe, Eiye eVikingaventi base operativa nel quartiere Ballarò. Qui, sebbene sia il “regno” di Cosa nostra, i cult si sono ritagliati uno spazio nello spaccio e traffico di stupefacentie sono coinvolti nello sfruttamento della prostituzione delle loro concittadine, attività quest’ultima di maggiore pertinenza delle maman. Come indicato dagli inquirenti nella relazione della DIA del 2019, i cult «hanno trovato un proprio spazio, con il sostanziale placet di Cosa Nostra che permette loro di controllare la prostituzione su strada e alcuni segmenti di spaccio di stupefacenti in determinate zone». Tra le due organizzazioni criminali, specificano successivamente gli investigatori (DIA 2020), «Non risultano espliciti accordi… ma certo è che non si registra alcun episodio di violenza o di insofferenza ragionevolmente ascrivibile ad una situazione di conflittualità̀, anzi è emersa nel corso delle indagini una direttiva da parte di cosa nostra di “trattare bene” nelle carceri i cittadini nigeriani; infatti, dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia ... è emerso che i nigeriani detenuti nei reparti di alta sicurezza del carcere Pagliarelli, dopo una prima fase conflittuale, sono stati accolti con rispetto su indicazione dei mafiosi del mandamento Porta Nuova, i quali hanno comunicato che i nigeriani “erano stati in passato di ausilio per i mafiosi di Ballarò”».

Come le organizzazioni mafiose nostrane, i cult hanno una natura segreta conclamata dal ricorso ai riti di iniziazione e dall’uso della simbologia. I riti di affiliazione, pressoché simili tra i diversi cult, consistonoin una aggressione fisica cruenta, con calci, pugni, bastonate, a cui si alterna l’assunzione di bevande nelle quali spesso viene miscelato del sangue. Un cultista è per sempre. Una volta fatto ingresso nel cult, l’unico modo per uscirne è la morte. La violenza è, dunque, un tratto distintivo della criminalità nigeriana tanto all’interno quanto all’esterno dell’organizzazione - quest’ultima dotata di una struttura gerarchica con organi e ruoli ben definiti. Oltre al controllo delle attività illecite, tra le quali la criminalità nigeriana spicca nel panorama internazionale per il narcotraffico, la tratta di esseri umani e lo smuggling, le indagini condotte in Italia hanno anche svelato i legamitra i cult e la politica nigeriana. In una operazione realizzata dalla Procura di Torino, il “Don” dei Miphite, giunto in Italia per incontrare i membri del cult stanziato nel nostro territorio, intercettato ammette: «Sono un politico in Nigeria, vi posso dire che stiamo crescendo nello Stato Edo, e con la grazia di Dio avremo il potere nello Stato Edo tra tre anni. Posso dire con certezza che avremo un commissario, sindaci e altri membri del potere tra tre anni. Sono sicuro che la maggior parte di voi arriva dallo Stato Edo quindi se rientrate in Nigeria e avete dei problemi con le forze dell’ordine nigeriana state sicuri che ci sarà qualcuno che vi può dare una mano a uscire dal problema» (Nazzaro, 2019).


 di Alida Federico

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