Verso una patria europea
Siamo di fronte a d un periodo importante di cambiamento
ed il segno delle scelte di oggi sarà determinante per il nostro futuro.
L'Europa non ha saputo reagire con un progetto
unitario alla crisi economica, poi alla
migrazione di massa in corso ed oggi agli attacchi terroristici.
La costruzione europea può fermarsi qui ed essere più
capace di vincoli che di opportunità o può, invece, andare avanti ed essere capace di fare un
passo ulteriore.
E’ probabile che questo non sia nei desideri di tutti i
paesi membri, ma sarebbe importante che si formasse un primo nucleo capace
d’iniziare un processo di unità federale, chiedendo insieme ai mercati delle
risorse a debito per affrontare l'emergenza della disoccupazione e dell'immigrazione,
attuando importanti investimenti pubblici comuni nei settori di punta della
green economy, energia, servizi avanzati ecc. e per realizzare una difesa
comune.
La BCE sta
portando avanti un programma d'immissione di ca. 1.600 miliardi di euro entro
il 2016 nel sistema europeo aumentando contemporaneamente la liquidità e
calmierando il costo del denaro ed il valore dell'euro.
Mi chiedo cosa sarebbe successo se, invece, questi 1600
miliardi fossero stati investiti in Europa per investimenti pubblici , centralmemte coordinati fra i
singoli Stati, in sinergia con i
privati per avviare o potenziare attività di servizio, produzione e ricerca di
alto livello e dare immediatamente occupazione e lavoro, anche in deroga alle
legislazioni nazionali, a disoccupati e migranti.
La stessa formazione del fondo di sviluppo e
d'investimento europeo in Africa ha una dotazione modesta (ca. 3,5 miliardi) da
attuare in un certo numero di anni (ca. 10).
Niente a confronto di quanto potrebbe essere necessario
per dare un segnale forte a quelle popolazioni e per sostenere paesi come la
Tunisia e l’Egitto che contrastano il terrorismo che cerca inutilmente
d’intimidirli.
Recentemente, anche Romano Prodi segnalava poi la
necessità di un coordinamento fra i servizi e le polizie europee sul piano
dell'antiterrorismo e la necessità che si attui una politica comune, anche
militare, di risposta.
La possibile estensione
del conflitto con il
terrorismo oltre alla Siria e l’Irak
anche alla Libia , o ad altri territori africani impongono una maggiore presenza comune
dell’Europa in ambito internazionale. Una presenza che non veda i singoli stati europei muoversi autonomamente ricercando di volta in volta le
alleanze più utili.
La sensazione è che non si possa mantenere o accontentarsi,
in Europa, della situazione attuale.
Bisogna fare dei passi importanti verso un’unità
federale, rispettosa delle autonomie dei singoli Stati nazionali e della loro
cultura, ma, nello stesso tempo, capace di fondare una Costituzione comune ed
una politica economica, fiscale e di difesa unitaria, che si accompagnino a
quanto è già stato costruito sul piano monetario.
Dobbiamo verificare subito la possibilità di percorrere
questa strada e con chi.
Gli impegni presenti sono di tale portata da esigere una
dimensione che supera quella nazionale e rappresentano forse l'occasione
propizia per avviare questo processo.
Bisognerebbe almeno provarci.
http://ciragionoescrivo.blogpot.com
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