Verità e bugie sul travagliato rapporto tra l'Italia e l’Ue
Da
tempo il nostro rapporto con l’Ue è
considerato se non in modo negativo almeno in modo critico. Mentre in passato
si esaltavano soprattutto i vantaggi dell’Unione costituiti prima di tutto
dalla libera circolazione dei beni e delle persone nell’ambìto dei paesi che ne
fanno parte, da qualche anno, almeno in Italia ma non solo nel nostro paese, si
pongono in evidenza spesso i limiti della politica dell’Unione : si contesta
soprattutto la scarsa disponibilità della Commissione Europea ad affrontare il
problema dei migranti, per il quale effettivamente siamo lasciati soli, una sua
insufficiente sensibilità ai temi dello sviluppo e dell’occupazione,
particolarmente sentiti nel nostro paese, in genere l’eccessivo rigore
finanziario che impone al nostro paese, che come è noto ha uno dei più alti
debiti del mondo, limiti al finanziamento in deficit.
Quando si
fanno tali contestazione non si considera ciò che era l’Europa nel dopoguerra quando si
era reduci di ben due guerre che vedevano coinvolti paesi europei, quando i
rapporti anche diplomatici, e non solo commerciali, erano difficili se non
impossibili anche per l’esistenza di diverse valute, quando, essendo impediti
gli scambi anche la qualità ed i prezzi dei beni non erano i migliori, quando
l’emigrazione in altri paesi non era facile, quando non si disponeva di una
politica comune sia nel settore economico che in quello della convivenza
civile. Se si considerasse tutto questo il giudizio anche dei più critici forse
sarebbe diverso.
Certo, bisogna riconoscerlo, ci sono allo
stato attuale diversi problemi irrisolti, oltre il già citato problema dei
migranti, quello del costo del lavoro, attualmente causa della delocalizzazione di molte imprese oltre che
occasione di sfruttamento di molti lavoratori , quello del controllo e del sostegno
ai paesi indebitati tra cui il nostro , in genere quello dello conciliazione
tra il rigore e lo sviluppo a cui è
connesso il problema dell’occupazione,
drammatico nel nostro paese . Occorrono sicuramente modifiche ai trattati
attualmente in vigore , modifiche non sempre facili per i diversi “interessi”
dei paesi membri (sono oggi 28) e per l’attuale vigore in diversi casi del
principio dell’unanimità.
Riconoscere
questi limiti non può significare però uscire dall’Ue ma lavorare per
migliorarla, non può significare uscire dall’Euro ma lavorare per renderlo più
forte, non può significare accettare che i migranti rimangano in Italia ma
discutere per risolvere in modo solidale e non formale il problema.
Al contrario significa
essere presenti nelle istituzioni europee per incidere nella elaborazione delle
varie decisioni, significa creare collegamenti ed alleanze per ottenere
soluzioni convenienti dal punto di vista nazionale senza trascurare la
prospettiva dell’integrazione reciproca.
Significa
anche a livello periferico mettere in evidenza i “contributi” dell’Ue per
migliorarne l’immagine, organizzarsi per sfruttarli come fanno tanti altri
paesi, in modo che il nostro saldo tra entrate ed uscite per l’Europa torni a
nostro vantaggio. E’ doloroso dirlo : molti contributi possibili per il nostro
Sud, come è noto molto bisognoso, non sono utilizzati per mancanza di progetti
e comunque per problemi procedurali.
L’augurio è che
tutto questo possa avvenire e che la nuova Commissione guidata da una donna possa creare
quell’armonia tra gli stati membri che è necessaria per risolvere con spirito
unitario e solidale i diversi problemi dell’Unione, primo tra tutti quello dei
migranti.
L’armonia infatti, anche nel campo politico-economico, paga come dimostra l’immediata caduta dello spread sotto i 200 punti alla notizia del riconoscimento da parte della Commissione europea del venir meno dei presupposti per l’apertura della procedura d’infrazione per eccesso di debito contro il nostro paese dopo la presentazione dell’assestamento di bilancio da parte del nostro governo.
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