Una superprocura per il terrorismo
I terroristi vivono e operano pienamente inseriti nel XXI secolo, sfruttando al massimo delle potenzialità tutto ciò che la modernità offre, in particolare nel campo della tecnologia, della comunicazione e dei trasporti. Per contro, gli apparati di contrasto degli Stati nazionali sono ancora fermi al XIX secolo o giù di lì.
Perché le frontiere, soprattutto in Europa, di fatto consentono la libera circolazione di tutti, criminali compresi, con una sola eccezione: poliziotti e magistrati nell'esercizio delle loro funzioni. In questo caso le frontiere sono ancora, se non invalicabili, d' ostacolo a una comune azione investigativo-giudiziaria che non sia sclerotizzata. Di qui la necessità e l' urgenza di rendere concretamente operative forme di coordinamento che tengano conto della realtà.
Fatta anche di jurisdiction hopping (letteralmente: salto di giurisdizione), cioè di operazioni criminali che privilegiano le aree dove le complicazioni legali sono più facili e quindi maggiori le possibilità di cavarsela con pochi danni.
Anche sul piano nazionale si pone la questione di ricercare la miglior efficienza nel contrasto del terrorismo. L' esperienza insegna che le carte vincenti contro il crimine organizzato (sia mafia come terrorismo, internazionale o interno) sono la specializzazione e la centralizzazione.
Specializzazione significa che gli operatori debbono occuparsi esclusivamente di fatti rientranti nello specifico ambito di criminalità loro assegnato. In modo da affinare sensibilità, approfondire conoscenze, capire sempre di più la realtà del fenomeno e delle sue manifestazioni.
Centralizzazione significa che tutti i dati via via acquisiti devono confluire in un unico motore di raccolta che li elabori: così che non si disperdano elementi senza dei quali il "mosaico" potrebbe risultare incompleto o illeggibile.
AI TEMPI del terrorismo brigatista, Polizia e Carabinieri (dopo il sequestro Sossi del 1974) si erano dotati di strutture calibrate appunto sui parametri della specializzazione e centralizzazione, dando vita ai Nuclei antiterrorismo diretti dal questore Santillo e dal generale Dalla Chiesa. Per la magistratura inquirente invece l' ordinamento non prevedeva nulla di simile. Per cui toccò ai magistrati (la spinta iniziale fu di Emilio Alessandrini, poi ucciso da "Prima linea") improvvisare forme di coordinamento che a quei parametri si avvicinassero. Su base del tutto volontaristica, si sviluppò una rete di collegamento, con scambi di informazioni e atti processuali fra i vari uffici giudiziari interessati , non più costretti a procedere in ordine sparso con conseguente indebolimento delle rispettive inchieste. Questo proficuo metodo di lavoro fu attentamente studiato da Giovanni Falcone, che ne trasse spunto per dare vita alla Procura Nazionale e alle Procure Distrettuali che ancora oggi sono il nerbo dell' antimafia (con una significativa "imitazione" europea che è Eurojust). Ma quel che si è fatto per la mafia muovendo dall' esperienza sul versante del terrorismo, in questo secondo caso non ha mai oltrepassato la soglia del volontariato. Mai vi è stata (nonostante ripetute e diffuse richieste) una qualche traduzione in cifra di ordinamento che equiparasse sul piano del contrasto istituzionale mafia e terrorismo.
SAREBBE finalmente ora di rimediare a questa pericolosa lacuna, posto che la gravità dell' attacco terroristico in Francia pone anche per il nostro Paese il problema di poter contare su dotazioni adeguate a fronte di rischi che nessuno può consentirsi il lusso di escludere o sottovalutare.
Dunque, una Procura nazionale anche per l' antiterrorismo appare fortemente auspicabile. Salvo che i tempi siano ancora quelli degli Anni Ottanta, quando fu formata una Commissione (ne facevano parte Falcone e Piero Vigna, insieme ad altri fra cui il sottoscritto) per l' istituzione di una "banca dati" nazionale sul crimine organizzato.
Il progetto fu personalmente approvato dal ministro Martinazzoli, che però aggiunse subito (con sincerità) che secondo lui difficilmente sarebbe passato.
Non lo disse espressamente, ma tutti capimmo bene che la motivazione stava nelle resistenze troppo forti e scontate di quanti non amavano che la magistratura fosse dotata di strumenti troppo validi ed efficienti...
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