Un occhio di riguardo per i nuovi poveri

Società | 1 gennaio 2015
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Il Centro Pio La Torre, come tutti, non si sottrae al rito propiziatorio dell’auspicio di un 2015 migliore degli ultimi anni. Nemmeno il 2014 è stato un buon anno, nonostante gli sforzi del Presidente Renzi e del suo governo di promuovere ottimismo e fiducia.

L’Istat ha reso noto, con la crudezza delle sue statistiche, che anche il 2015 segnerà una sostanziale stazionarietà del quadro economico recessivo. Probabilmente rallenterà la recessione, ma si attende una debole crescita in Italia e in Europa, insufficiente dopo anni di arretramento a riportarci ai livelli precedenti la crisi, intanto la disoccupazione aumenterà. Il disagio sociale, sempre più ampio, ha raggiunto livelli preoccupanti. La disoccupazione nell’ultimo trimestre ha superato in Italia il 13%, mentre la media europea è dell’11%. Le cifre non danno conto del dramma umano di milioni di cittadini, ieri lavoratori occupati, oggi disoccupati e poveri impossibilitati a soddisfare i bisogni primari. 

A tal proposito, cercando di evitare toni pietistici o retorici, voglio riferire di un incontro casuale dell’altra mattina. Ho accompagnato, di buon’ora prima dell’alba, un familiare alla stazione dei bus interregionali di Palermo. Trovo sulla panchina, sotto la pensilina, un uomo che dorme. Quando si alza, svegliato dall’arrivo di altri viaggiatori, vedo che non ha l’aspetto di un barbone, è un sessantenne dal portamento dignitoso, discretamente vestito e dall’aspetto pulito, che con molta cura ripiega le coperte e le mette in una valigetta e in due sacchetti da supermercato. Incuriosito dal suo aspetto, gli chiedo quale bus deve prendere. Il signore mi spiega, con garbo e in buon italiano, che da ben due mesi, non avendo trovato un posto letto nei centri di accoglienza stracolmi di tanti altri bisognosi, è costretto a dormire su quella panchina.

È un operaio ex Gesip, senz’altri mezzi, in attesa del Tfr e della pensione che potrà prendere, grazie ai suoi trentasette anni di marche assicurative, solo (legge Fornero) tra qualche anno a sessantasei anni compiuti. Quando percepirà il suo legittimo Tfr, si affitterà una casa, intanto dorme all’addiaccio. Il caso è solo un piccolo frammento degli effetti della recessione e della riduzione del Welfare nel nostro paese.  

Per cancellare tali storture e le tante nuove povertà non basta l’ottimismo mediatico, occorre una politica di governo pubblico di quel capitalismo finanziario globalizzato che da solo si è dimostrato incapace di ridurre gli squilibri sociali, anzi, con le politiche di austerità, ne ha accresciute le diseguaglianze. Tale situazione non può essere nascosta invocando lo scontro generazionale (gli anziani non lascerebbero il posto di lavoro ai giovani che perciò rimangono disoccupati o precari o scoraggiati), quando persistono e crescono, nelle nuove forme del XXI secolo, le contraddizioni e le distanze tra chi accumula ricchezza sempre di più e i sempre più poveri della società. Una politica di riequilibrio è possibile solo con una politica di crescita sinora bloccata dalle politiche di austerità. Lo stesso Presidente Napolitano nel suo ultimo saluto di fine anno ha voluto rilevare che le politiche pubbliche sono state insufficienti per alleviare le nuove povertà. Gli Usa che hanno messo in atto politiche keynesiane per contrastare la crisi stanno beneficiando di una vivace ripresa e di una riduzione del suo debito, dando all’Europa un esempio alternativo di politica economica. Invece, come documenta l’economista francese Piketty, l’eurozona, soprattutto nella sua area meridionale, per effetto delle politiche restrittive della Troika è stata fortemente penalizzata.

Invece di tassare le grandi rendite finanziarie nazionali e multinazionali si è scelta la via più facile di spremere i ceti produttivi e il lavoro autonomo e dipendente, ridurre il welfare e la spesa per la sanità, la scuola, l’assistenza sociale. Invece di norme efficaci contro il riciclaggio e l’autoriciclaggio si è pensato ai condoni fiscali che hanno legalizzato anche i capitali mafiosi. Invece di colpire i corrotti e i corruttori si è preferito distinguere il reato di corruzione e rifugiarsi dietro il paravento del garantismo per sollevare dubbi sull’introduzione dell’agente provocatore o della premialità per coloro che  collaborano nella denuncia della corruzione.

Il Centro Pio La Torre anche nel 2014 ha proseguito la sua azione educativa, quello politico- culturale, le ricerche, l’animazione dei confronti politico programmatici, ha avviato un Osservatorio sui fondi europei, la trasparenza e lo sviluppo , ha promosso assieme ad Articolo 21 e Liberainformazione una petizione al Parlamento europeo per l’antimafia, ha deciso di ristrutturare il suo settimanale on line A Sud’Europa in mensile di approfondimento. Ha fatto tutto seguendo il filo logico che individua come madre di ogni iniquità, compresa quella del sistema politico mafioso, l’ingiustizia e la diseguaglianza sociale, il mancato rispetto della Costituzione e dei suoi principi laici e etici e che considera compito prioritario delle classi dirigenti nazionali e europee di riformare un sistema economico privo di quei valori etici affermate nelle Costituzioni nazionali e dell’UE.

Il Centro La Torre, con i pochi mezzi finanziari a disposizione e la collaborazione di tanti volontari, ha potuto mantenere la barra del contrasto al malefico intreccio tra i mondi degli affari, delle mafie, della politica legati dalla corruzione e dalla sete di dominio sulla società e di arricchimento personale. In questa scelta non siamo soli.

 Il Presidente Napolitano ha esortato tutti, società civile e politica, a bonificare il sottobosco marcio del mondo di sopra e di sottoformato da criminalità e corruzione con le sue complicità in alto.

Il Papa Francesco, come vescovo di Roma, ha voluto rinnovare il suo appello, condannando lo scenario nel quale è maturata “Mafia capitale”, a considerare la povertà e gli umili la priorità dell’azione religiosa della Chiesa.

Ridare eticità alla politica nazionale e internazionale sia l‘impegno di chi vorrà infondere fiducia al Paese e all’Europa con il grande respiro della pace e di uno sviluppo che mirino a superare le diseguaglianze tra gli uomini e le nazioni.

 di Vito Lo Monaco

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