Un marchio di qualità contro il lavoro nero
La proposta di legge avanzata da Fai-Cisl, Flai- Cgil e Uila-Uil contro il lavoro nero in agricoltura prevede il rilascio di un marchio di qualità per le aziende da utilizzare nei rapporti amministrativi e commerciali. Aderendo alla «rete del lavoro agricolo - riporta il numero speciale A sud Europa edito dal centro Pio La Torre e dedicato a sfruttamento e lavoro nero in agricoltura - verrebbero riconosciute agevolazioni fiscali e contributive e un credito di imposta pari a un euro per ogni giornata dichiarata, finanziato da un apposito fondo costituito con i proventi delle sanzioni per evasioni fiscali e violazioni delle norme sul lavoro». «Un circolo della legalità al quale aderire conviene», ha detto Salvatore Tripi, della Flai Cgil, intervenendo alla presentazione del numero alla Facoltà di Agraria di Palermo. «Con il decreto legge 91/2914, però, la proposta è stata recepita solo in parte, prevedendo l'istituzione della rete ma escludendo il monitoraggio delle parti sociali e gli incentivi fiscali e contributivi per i datori di lavoro - si legge su A sud Europa - Mancano anche gli incentivi per i lavoratori immigrati che intendono denunciare i datori di lavoro che occupano manodopera illegale. Ancora una volta, un'occasione persa. Occorre un segnale forte e chiaro da governo e parlamento».
CALECA: USARE LE STESSE NORME PER LA LOTTA A COSA NOSTRA
«La mafia è presente nel settore agricolo e agroalimentare della Sicilia e ciò è confermato dalle indagini giudiziarie e dal settore delle misure di prevenzione dove da alcuni mesi a questa parte si sequestrano solo aziende agricole che rappresentano per Cosa nostra un obiettivo appetibile, sia per le possibilità di finanziamento occulto, e quindi riciclaggio, sia per le intestazioni fittizie che consentono di intercettare i fondi pubblici stanziati per il settore agricolo. Pertanto, in questo settore vanno utilizzati tutti gli strumenti impiegati contro Cosa nostra». L'ha detto l'assessore regionale all'Agricoltura, Nino Caleca, intervenendo a un incontro organizzato dal centro Pio La Torre e dedicato al lavoro nero in agricoltura. «L'associazione criminale che punta a gestire i contributi comunitari - ha aggiunto Caleca - e che si infiltra nella filiera della distribuzione e dell'importazione deve essere perseguita con gli stessi strumenti normativi utilizzati contro Cosa nostra: cioè sequestri patrimoniali, intercettazioni, e competenze che arrivano fino alla direzione distrettuale antimafia, perchè siamo di fronte a un'organizzazione che scientificamente sta condizionando tutto il settore, dalla produzione fino alla ristorazione. Con gli strumenti normativi di cui disponiamo, tecnicamente non possiamo farlo». «Non ci troviamo di fronte a singoli approfittatori - ha proseguito Caleca - ma a un'organizzazione che scientificamente sta condizionando ogni settore con un'illegalità di sistema». L'assessore ha aggiunto che «in alcune zone della Sicilia, specialmente le più ricche, come Ragusa e Siracusa, c'è qualcuno che governa i processi di sfruttamento della manodopera» e ha annunciato uno studio più approfondito del fenomeno. Sulla prevenzione delle infiltrazioni mafiose, «occorre una filiera più corta», ha concluso Caleca, e forme di premialità come «i 2,3 miliardi del Psr che sono pronto a mettere a disposizione di chi certifica la qualità e rispetta le norme sulla manodopera».
OLTRE 400 MILA LAVORATORI A RISCHIO
Sono circa 400.000 i lavoratori e le lavoratrici esposte al lavoro nero o grigio in agricoltura, di cui circa 100.000 esposti a condizioni di caporalato e grave sfruttamento paraschiavistico. Lo denuncia uno studio condotto dall'osservatorio 'Placido Rizzottò per conto della Flai Cgil e al centro del nuovo numero di ASud'Europa, rivista del Centro Pio La Torre, presentata nell'Aula Magna del Dipartimento di Scienze Agrarie di Palermo, con, tra gli altri, l'assessore regionale, Nino Caleca. Secondo la Flai-Cgil dall'introduzione del reato di caporalato sono 355 i caporali arrestati o denunciati, di cui 281 solo nel 2013. «L'Eurispes ha stimato il volume d'affari complessivo dell'agromafia in circa 14 miliardi di euro: solo due anni fa questa cifra si attestava intorno ai 12,5 miliardi - si legge su A sud Europa - in aumento anche l'incidenza del sommerso che in agricoltura, nei primi sei mesi del 2014, si attesta intorno al 32%. Nel 2013 era il 31,7%, nel 2012 il 29,5. Vito Lo Monaco, presidente del centro studi Pio La Torre, ha parlato di »intrecci perversi ai quali non sono estranei sistemi mafiosi. Il controllo del sistema di trasporto su ruota nei mercati - ha detto Lo Monaco - compreso quello di Vittoria, fattura 400 milioni di euro l'anno«. »L'Italia si sta per presentare all'appuntamento di Expo 2015 con un'agricoltura che nel definirsi 'di qualita«, nasconde dietro di sè un'incidenza di oltre il 30% di lavoro nero o irregolare - si legge ancora nel numero - Esemplare il caso della Puglia: secondo la direzione regionale del Lavoro, nel 2013 è risultata in nero la metà dei lavoratori delle aziende sottoposte a ispezione. Tra le aziende agricole, la quota varia al 70% nella zona del Salento, al 54% nella provincia di Bari, al 40% in quella di Foggia. I settori in cui più è diffuso il lavoro sommerso sono anche quelli in cui è più elevata la presenza di lavoratori migranti. Aumenta il numero degli stranieri occupati in agricoltura, 42mila in più rispetto al 2010».
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