Un filo nero lega i delitti La Torre e Mattarella

Società | 16 luglio 2021
Condividi su WhatsApp Twitter

«Nel corso di faticose istruttorie abbiamo trovato tutta una serie di riscontri che per brevità ometto e che ci hanno portato a dover valutare il fatto che queste risultanze probatorie fossero conciliabili con una matrice e quindi con dei mandanti sicuramente all’interno della mafia, oltreché ad altri mandanti evidentemente esterni». E’ la ricostruzione che il giudice Giovanni Falcone fa, il 22 giugno del 1990, davanti alla Commissione Antimafia dell’omicidio dell’ex presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella. Il verbale dell’audizione è stato desecretato nei giorni scorsi. 

Ma pur essendo certo della matrice mafiosa dell’omicidio Falcone ritene che l’esecuzione materiale sia stata delegata ad altri soggetti. «Tutti i personaggi, quelli realmente importanti e senza i quali non sarebbe potuto avvenire un omicidio mafioso di quel calibro a Palermo, nella zona di Francesco Madonia (questo non lo dimentichiamo), nessuno di questi personaggi è stato riconosciuto, ma non nel senso che non è stato riconosciuto dalla vedova Mattarella, ma nel senso che ha sicuramente escluso che questi personaggi potessero essere coinvolti nell’esecuzione dell’omicidio», aggiunge.

Il magistrato, che sarà assassinato a Capaci nel 1992, ritiene dunque che la mafia si sia rivolta a killer esterni per il delitto e sembra ritenere attendibili le parole di Cristiano Fioravanti che dell’assassinio Mattarella accusa il fratello, il terrorista nero Valerio Fioravanti, poi processato e assolto per il delitto dopo le dichiarazioni del pentito Buscetta che ne mise in dubbio la responsabilità.

"Questo è un dato di fatto assolutamente incontrovertibile. Per converso abbiamo dei riconoscimenti quasi certi nei confronti di questi imputati (Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini entrambi scagionati ndr) ); - continua - Ci troviamo di fronte a delle modalità operandi che sono molto simili, in alcuni casi addirittura identiche, a quelle di questi personaggi».

Parole che smentiscono quanto detto a gennaio dallo stesso Fioravanti che, in una intervista, ha sostenuto che Falcone credeva nella sua innocenza e che aveva dovuto procedere contro di lui per non meglio precisate pressioni. Nel corso dell’audizione all’Antimafia Falcone racconta anche di un tentativo di depistaggio delle indagini sul delitto Mattarella da parte di un confidente dei carabinieri, Benedetto Galati.

Falcone, come già il capo dell’ufficio istruzione Rocco Chinnici, vede un filo unico che lega i grandi delitti di Palermo, a partire da quello del segretario cittadino della Dc Michele Reina la cui vedova Marina Pipitone riconoscerà anche lei Giusva Fioravanti, fino all’omicidio del segretario regionale del Partito comunista, Pio La Torre, passando proprio per Mattarella, un altro uomo condannato a combattere "da solo" la mafia come recita il sottotitolo della biografia dedicatagli da Giovanni Grasso, oggi stretto collaboratore del fratello Sergio al Quirinale.

Dice Falcone: «Si sarebbe trattato, cioè, di omicidi eccellenti che sono in un certo modo apparentemente scaglionati nel tempo, ma che in realtà si inseriscono in vicende di dinamiche anche interne alla mafia e che possono restringersi in un ben individuato arco di tempo che va dal 1978 (omicidio di Michele Reina) al 3 settembre 1982 (omicidio di Carlo Alberto Dalla Chiesa), anche se il delitto Dalla Chiesa sarebbe più opportuno, alla luce delle nostre indagini, tenerlo fuori da questa dinamica, poiché l’omicidio importante, l’omicidio di spicco, l’omicidio che si inquadra in un determinato contesto dovrebbe essere, secondo me, quello di Pio La Torre».

L’omicidio di Piersanti Mattarella, tuttavia, «non avrebbe potuto essere consumato senza il benestare di Cosa Nostra», afferma ancora il giudice Giovanni Falcone alla Commissione Antimafia in trasferta a Palermo. «Mannoia (Francesco Marino pentito, ndr) - spiegava Falcone in quella audizione - ha fatto un esempio che mi sembra assolutamente chiaro: quando abbiamo un omicidio e non si sa esattamente che cosa sia avvenuto e perchè quella persona è stata uccisa, in seno a Cosa Nostra succede il finimondo perchè ovviamente ognuno cerca di capire da dove è partito il colpo. Nel caso dell’omicidio Mattarella tutto era tranquillo».


 di Angelo Meli

Ultimi articoli

« Articoli precedenti