Un Falstaff di vetro per Riccardo Muti

Cultura | 29 luglio 2015
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Consegnata domenica 26 luglio a Riccardo Muti in occasione del Falstaff da lui diretto al Teatro Alighieri di Ravenna (nel corso del Ravenna Festival, con l'Orchestra giovanile Luigi Cherubini) la scultura Falstaff Venini, realizzata in edizione limitata, a firma del noto designer Alessandro Mendini.

Nero, come l'anima nera che per le comari di Windsor merita una punizione esemplare..., ma il vetro nero soffiato di Venini, celebrata casa di lavorazione artistica del vetro di Murano, ha morbidi riflessi ambrati, atti a rendere tutte le sfumature dell'umana simpatia di Falstaff. Trasparenti le sue orecchie, come foglie d'edera, attente ad arrampicarsi ovunque si prospetti un'occasione ghiotta. Espressivo di un'espressività primordiale trascinata sulla soglia della caricatura, veste i panni di un giullare che intrattenga anzitutto se stesso, consapevole che siamo "tutti gabbati", appunto.

Occhi spalancati sul mondo, ipnotizzanti sotto una coroncina a pois bianchi, che sembra assegnarlo a ipotetiche altre dimensioni. Il temperamento e le idee parlano in verde, muovendosi tra quelle foglioline di varie gradazioni, che, messe in cresta, vibrano di luce e di giovinezza, come dando un aspetto condiviso alle idee.

Certo lontano dalla fisicità importante del bravissimo baritono Kiril Manolov, il personaggio non ha gambe proprie, si consegna su base circolare come un simbolo, riassumendo nei colori lo sfarfallio dei giardini verdiani nelle scene di Ezio Antonelli (auspicata nelle note di regia di Cristina Mazzavillani Muti la rievocazione dei luoghi cari a Verdi).

Come una maschera appoggiata su un tavolo, la scultura può essere indossata, nascondendovisi dietro; o forse non c'è neppure bisogno di nascondersi: il vetro riflette da sè quanto sta intorno, gabbati gabbanti in caleidoscopica alternanza.

 di Ludovica Radif

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