Tre settimane contro insensatezza e orrore

Cultura | 31 agosto 2016
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Giorgio Pressburger è uno dei pochi intellettuali di cui il Vecchio Continente può andare sempre fiero. Con la sua vita e le sue opere ha raccontato il cuore dell’Europa, anche quello che non c'è più, e il suo inferno, come l'ha attraversato, come talvolta ritorna. E non solo con quello che ha scritto, ma anche con traduzioni che hanno svelato all’Italia i maggiori scrittori magiari. Per le preziose edizioni Calabuig Pressburger ha tradotto “L’odore umano” (210 pagine, 15 euro) di Erno Szep, protagonista della cultura ungherese nella prima metà del secolo scorso, ora ridotto al rango di figura minore. Un felicissimo recupero, però.

L'Ungheria di Szep non è quella post-comunista degli scorsi decenni (la città dell'Europa orientale con la più numerosa comunità giudaica, circa ottantamila persone), non quella attuale – dominata dalla destra xenofoba e antisemita di Orban – e sta per finire d'essere quella figlia del dominio asburgico, in cui la comunità è integrata e forte dal punto di vista economico, colleziona titoli nobiliari e ha intellettuali che dominano la scena come Theodor Herzl e Max Nordau. L'Ungheria di Szep è quella post-1944, con l'occupazione dei nazisti, deportazioni, razzie ed esecuzioni sommarie delle squadre delle Croci frecciate, i filonazisti magiari di Ferenc Szálasi. È lo scenario in cui prende corpo il diario di Szep, che copre circa tre settimane, il racconto minimalista di un ultrasessantenne costretto ad abbandonare i propri piccoli agi per andare ai lavori forzati, con altri anziani, spesso malati, impegnato a scavare quasi inutilmente una trincea anticarro, che avrebbero dovuto fermare l'avanzata dell'Armata Rossa in direzione di Budapest.

Libro di grande forza, “L'odore umano”, che fa della sofferenza e della memoria, perfino del dettaglio minuzioso e delle piccole solidarietà o crudeltà fra sventurati, le basi di un inno alla resistenza contro il male: abbrutiti, ma comunque umani, vessati e quasi allo stato animale, ma nonostante tutto non privati del loro intimo sentire e della personalità, i protagonisti de “L'odore umano” - che, beninteso, non vivono l'esperienza del lager – sono in bilico tra la vita e l’inferno ma non smettono di resistere, nelle difficoltà e nelle situazioni più grottesche si concedono una battuta e mantengono il sangue freddo.

 di Salvatore Lo Iacono

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