Tra popolarità e populismo sta la differenza di ogni fascismo
Caro Angelo,
ti scrivo nella pausa di attesa in aeroporto, dopo aver
letto sul "L'Espresso" un estratto del libro di Michela Murgia, "Così
diventiamo fascisti". Mi scuserai, spero, se ti ho individuato come
interlocutore, ormai ce ne sono pochi, non solo in Italia ma nel
complesso del Vecchio Continente, e confido in un tuo pensiero al
riguardo, se ti andrà di esprimerti.
Mi ha colpito la capacità della
Murgia di guardare oltre lo stillicidio della quotidianità con
l'acutezza, tipica degli intellettuali di razza.
Nel teorizzare
"popolarità" e "populismo", attribuendo la prima all'esercizio e alla
cointeressenza della democrazia, mentre la seconda, non necessariamente
ma fondante nell'essenza del fascismo, ha sviluppato,"malgré elle",
intendo, inconsapevolmente, il concetto di "società liquida" di Zygmunt
Bauman, portandolo alle estreme conseguenze.
Con "popolarità" la
Murgia intende la teorica possibilità dei cittadini di entrare nel
novero del gruppo dirigente nazionale o sovranazionale, sostituendo e/o
scalzando i titolari, senza mai riuscirvi, e, in questo individua il
tallone d'Achille della democrazia, non solo degli assetti italiani ma
globale. Infatti, la dose insufficiente di cultura del merito, non
esclusivamente in Europa, altri continenti, compresa l'America, ne sono
afflitti, rende familista la selezione.
Con il relegare i "migliori" e
i "peggiori" ai margini dell'assetto sociale, è iniziato, da anni, il
collasso dell'attuale forma di democrazia, almeno nell'unico e solo
modello declinato negli ultimi due secoli. Così, dalla "società liquida"
si è passati all'attuale "società delle assenze", le cui morti, per
usare il linguaggio di Nietzsche, già celebrate sono quelle delle
ideologie e dei valori. Non quelli passatisti, lascia intendere la
stessa Murgia, ma le forme faticosamente maturate in tempi recenti,
riguardanti tolleranza, solidarietà, accoglienza, tutela dell'ambiente,
ius soli, declinati negli ultimi decenni, rifiutate dai populisti e
pretestuosamente additate per indicare modelli autoritari, alternativi
alla democrazia agonizzante.
Non avendo letto per intero il libro
della Murgia, lo inizierò oggi stesso, dopo aver completato "Gli
autunnali" di Luca Ricci, non so se la scrittrice sarda abbia sviluppato
il concetto, difficile da rendere fruibile ai lettori del subliminale
avvento della dittatura, mai palesemente imposto, almeno in epoca
post-moderna, attraverso i carri armati, ma legittimato da un consenso
consistente, mai della maggioranza assoluta della popolazione. Su questo
versante si sono mossi e continuano a proliferare i movimenti
sovranisti austriaco, ungherese, ceco, olandese, svedese e altri ancora.
In questa prospettiva, mi pare di cogliere e condividere l'indicazione
della Murgia di distinguere i fascismi di ritorno dai populismi
imperanti, giacché la differenza sta nelle forme di libertà individuali e
collettive, negate dai primi e usate dai secondi per imporre leggi e
modi di pensare del loro elettorato.
Comunque sia, sta qui il
nocciolo del mio apprezzamento per il libro di Michela Murgia, che,
peraltro non conosco, a scanso di equivoci e per sfatare il rituale
della cerchia chiusa di scrittori tra loro solidali e autoreferenti!, il
suo è un appello agli intellettuali, non soltanto italiani, a
impegnarsi nei modi e nelle forme più adatte in un indilazionabile
ripensamento della società, sporcandosi le mani in politica, affermando
la necessità di una nuova forma di democrazia, di vivere sociale, che
abbia la radicalità necessaria dell'inclusione, della difesa dei poveri,
qui e subito, che riproponga l'etica individuale e collettiva come
presupposto per il primato della politica sulla finanza,
dell'affermazione dei diritti ma anche quella dei doveri di un cittadino
nei confronti dello stato, dell'ambiente, delle giovani generazioni.
Tra
i meriti della pubblicazione anche l'interpretazione della parità tra
uomo e donna, da perseguire e non da sbandierare a mo' di presa per i
fondelli di donne, ormai rassegnate a un ruolo di subordine rispetto al
maschio. Insomma, sembra dire la Murgia, dobbiamo coltivare la
differenza e le peculiarità tra i sessi, tra le culture, tra le
provenienze, incrementando il pluralismo non omologando con le idee, i
popoli.
Saluti. Angelo Mattone
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