Sviluppo nella legalità, l’impegno della politica.
L'intervento

28 gennaio 2013
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Il Forum con i capilista siciliani, tenutosi al Centro La Torre giovedì scorso, ha avuto il merito, riconosciuto da tutti, di aver fatto discutere una delle questioni e un tema programmatico rilevante per il futuro del Paese. Siamo entrati nel dibattito elettorale a gamba tesa sollevando il seguente interrogativo: si può governare senza affrontare, insieme al modello di sviluppo ipotetico, la questione della liquidazione del fenomeno mafioso e del sistema corruttivo e di iniziarla concretamente nei primi cento giorni di governo?

C’è da tenere presente la seguente premessa. Durante questi vent’anni di pensiero economico unico neoliberista, ben accompagnato dalle varie forme di populismo e personalizzazione della politica, il sistema politico mafioso, benché perseguito dalla giustizia, è cresciuto e si è ulteriormente raffinato. È addebitabile al neoliberismo, alla politica del “laissez faire” o è solo un frutto avvelenato del populismo? Il Centro La Torre, insieme a tante componenti storiche del movimento antimafia, è convinto che tutte e due hanno concorso in perfetta sinergia alla nuova e più avanzata forma del sistema politico mafioso.

Ciò che ci preoccupa dell’attuale dibattito politico elettorale è che nel momento in cui il fallimento delle politiche neoliberiste è sotto gli occhi di tutti- oltre il 30% dei giovani non trova occupazione, le donne rinunciano a cercare lavoro, i salari hanno perso potere d’acquisto, il 50% della ricchezza del paese è nelle mani del 10% della popolazione- nascono nuovi epigoni del neoliberismo che scoprono che le cause della crisi risalgono all’eccessiva protezione sociale del welfare, alla rigidità e insufficiente produttività del lavoro, agli sprechi dello Stato. Anche per questo motivo, la proposta della CGIL di un nuovo “Piano del Lavoro”, che rievoca quello del 1949 di Di Vittorio per la ricostruzione del paese dopo la guerra, ha il pregio di spostare la campagna elettorale sui programmi e sul nuovo modello di sviluppo da perseguire.

Come nel 1949, la CGIL non ha parlato solo di difesa del salario, ma di un nuovo patto per la crescita, sul quale ha chiamato per prima il centro sinistra a pronunciarsi. Dal canto suo, il presidente della Confindustria ha presentato il “Progetto per l’Italia”condividendo con quello della CGIL, pur nella diversità di ricetta, l’esigenza di un confronto tra partiti, governo e sindacati sul “rapporto tra rigore e crescita”il quale è un concreto punto di contatto con la proposta del sindacato. L’economia reale e la sofferenza sociale e delle imprese, sembrano dire le due proposte, sono il solo fondamento possibile di una “politica ricostruttiva” che deve essere il tema obbligato della campagna elettorale, sopratutto per il centrosinistra che si candida al governo. La questione della cancellazione storica del fenomeno politico mafioso e del suo ruolo ne sistema economico, da questo ragionamento, non deve essere estrapolato o ridotto solo a problema criminale.

Un progetto di rigore e crescita deve prevedere la scomparsa di ogni forma di corruzione e di presenza criminale nell’economia, pena l’illusorietà di avere un mercato libero e un vera democrazia. Un’Italia ai primi posti dei paesi più corrotti, con la diffusa presenza del sistema mafioso e la farraginosità burocratica, scoraggia gli investimenti esteri, mortifica la volontà imprenditoriale nazionale, vanifica il futuro dei giovani. Dalla Sicilia può venire il rafforzamento della spinta a quel cambiamento avvertito come necessario e urgente. Il centrosinistra ha la responsabilità di raccogliere e interpretare positivamente la richiesta che sale dal basso a volte in modo confuso e qualunquista fornendo proposte convincenti per la crisi.

Disoccupati e scoraggiati, crisi dell’agroindustria e dell’industria, svuotamento d’interi territori rurali e montani, infrastrutture insufficienti richiedono progetti credibili e risorse da reperire per gli investimenti. Ovviamente, prima bisogna ottenere una maggioranza e poi parlare di alleanze con quanti condividono progetto e investimenti. Anche per questo non si può più affidare la soluzione della crisi a politiche neoliberiste, a populismi e liste personali di destra come di sinistra. Già sono stati sperimentati e i risultati li abbiamo sotto gli occhi.

 di Vito Lo Monaco

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