Spesa vorace o malaburocrazia, aumentano le fake news sul Sud
Il Rapporto Italia di Eurispes, giunto quest’anno alla 32a
edizione, come da tradizione, ruota attorno a 6 dicotomie, illustrate
attraverso altrettanti saggi e 60 schede fenomenologiche. Vengono
affrontati, quindi, attraverso una lettura duale della realtà, temi che
l’Istituto ritiene rappresentativi della attualità politica, economica e
sociale del nostro Paese.
Le dicotomie tematiche individuate per il Rapporto Italia 2020 sono:
Valori/Comportamenti • Creazione/Distruzione • Episteme/Doxa
Eguaglianza/Disuguaglianza• Libertà/Soggezione • Hostis/Hospes
Ad arricchire il Rapporto, le indagini campionarie che,
nell’edizione di quest’anno, hanno sondato alcuni dei temi
tradizionalmente proposti dall’Eurispes e altri di recente interesse: la
fiducia nelle Istituzioni, l’opinione su alcune delle misure proposte o
introdotte dal Governo, la situazione economica delle famiglie e i
consumi, l’immigrazione e l’accoglienza, la legalizzazione della
cannabis, il mondo degli animali, le nuove abitudini alimentari, il
carico fiscale e i servizi al cittadino, l’evasione, l’uso delle
sigarette elettroniche e dei nuovi dispositivi senza combustione, i
consumi alimentari di qualità, la sicurezza nelle città, lo stalking e
il revenge porn, la sensibilità ambientale, la salute e l’uso dei
farmaci, l’informazione attraverso i media, l’antisemitismo,
l’educazione e la memoria storica.
Nel Rapporto vengono, inoltre, affrontati attraverso le schede
fenomenologiche diversi altri temi di stretta attualità come, ad
esempio, il caporalato e la tratta degli esseri umani, i fenomeni
migratori, la capacità di innovazione del Made in Italy, la moda
sostenibile, l’evoluzione tecnologica in medicina e i suoi riflessi
sulla salute delle persone, l’agricoltura 4.0, l’artigianato, le energie
rinnovabili “condivise”, il fenomeno dell’usura, la digitalizzazione
del mercato dei giocattoli, l’editoria, i giovani e la musica, i
cambiamenti climatici, la comunicazione veicolata attraverso i Social
Network, gli investimenti Italia-Cina, gli E-Sport, la questione
meridionale.
Due anni fa avevamo affidato al Rapporto il concetto di RESPONSABILITÀ,
scelto come “parola chiave”, per sottolineare, in particolare per la
sua mancanza, ciò che ci pareva contraddistinguere le tendenze sociali,
economiche, politiche e culturali in atto nel Paese. Oggi più che mai
questo concetto rimane di estrema attualità.
Non solo, il concetto di “responsabilità” chiama in causa ognuno di noi,
tutti devono sentirsi chiamati ad averne. Responsabilità verso se
stessi, i propri figli, il Paese nel suo insieme.
Secondo il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara: «La frattura tra Sistema e Paese
che abbiamo segnalato nei precedenti Rapporti stenta a trovare elementi
di ricomposizione; anzi, si è allargata nel corso dei mesi e pone nuovi
problemi che rendono ancora più complessa ed incerta la prospettiva
generale. Una frattura che produce numerosi danni anche sul piano economico e mette in discussione la stessa tenuta sociale del Paese.
Ciò richiama l’urgenza di affrontare i nodi che sono all’origine di un
disagio diffuso, che alimentano il pessimismo e il qualunquismo, che
delegittimano la politica, che frenano la capacità di costruzione del
futuro, che impediscono la possibilità di mettere a frutto le enormi
potenzialità possedute dall’Italia».
E il Presidente Fara immagina e traccia una possibile via d’uscita: «È
necessario che la Politica possa contare su fondamenta rinnovate e,
quindi, su una sua “nuova” Costituzione. Ci si confronta oramai con la
mancata crescita del Paese che è divenuta strutturale, con
l’imbarbarimento del clima del pubblico dibattito, con la sterile
litigiosità che si rispecchia in un sistema dei media il quale si nutre
più di elementi distruttivi che costruttivi, con l’inefficienza della
Pubblica amministrazione, con i fenomeni endemici della corruzione, con
l’illegalità diffusa, con la sostanziale irresponsabilità della classe
dirigente».
«Manca una cornice – prosegue il Presidente dell’Eurispes
–di regole riformate e condivise in cui tutti possano riconoscersi, che
permetta di rimboccarsi le maniche e di identificare soluzioni. Ciò che ci divide lo conosciamo bene, e spesso le contrapposizioni non rappresentano un esito ineluttabile, ma appaiono il fine stesso dell’azione politica. Ciò che ci unisce, invece, è latitante. Un latitante che nessuno vuole concretamente ricercare.
Per riportare la politica al centro dell’attività dello Stato, e perché ritorni ad ispirarne l’azione, la Politica deve fare una cura “ri-costituente”, cioè deve affrontare una nuova fase costituente.
Malgrado il clima d’odio e di reciproco disprezzo che anche negli
ultimi mesi ha caratterizzato gli scambi tra i leader e le fazioni
politiche, da più parti, senza enfasi e sottovoce, anche recentemente si è rilanciata l’opzione di una Assemblea che riformi la seconda parte della Costituzione.
Una nuova Costituente, dunque. In questo modo si darebbe un
segnale al Paese: stiamo lavorando, tutti insieme, e per voi, e anche il
singolo cittadino, con ogni probabilità, sarebbe disponibile a dare
credito al tentativo.
Un progetto ambizioso, che potrebbe essere tacciato di illusorietà.
Ma un dato è certo: è solo con la composizione tra diversi e distanti
che si superano gli scogli contro cui ci stiamo progressivamente
squassando. Ancora più illusorio e, quindi, nefasto, è invece ritenere
che si possa riprendere un accettabile assetto di navigazione grazie
alla vittoria di una minoranza sull’altra, e “senza fare prigionieri”.
La politica bellicista sa distruggere, ma non è in grado di ricostruire».
Dai dati e dalle rilevazioni del Rapporto Italia 2020 emerge
l’identikit di un Paese che “galleggia”, lontano dalla politica, dal
Governo e dal Parlamento; di una popolazione che si è adattata allo
stato di perenne crisi ma che continua a “bruciare” ricchezza e
risparmi. Un Paese “incattivito” che guarda con diffidenza e poca
tolleranza gli stranieri e che, in molti casi, giustifica episodi di
razzismo e antisemitismo. Un Paese che non genera figli ma, nello stesso
tempo, ama sempre di più la compagnia degli animali e mostra una
cresciuta sensibilità nei confronti dei problemi dell’ambiente.
FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI, IL TREND POSITIVO SI ARRESTA. CALANO I
CONSENSI PER GOVERNO E PARLAMENTO, RESTA LARGO L’APPREZZAMENTO PER
MATTARELLA, SALE LA MAGISTRATURA. TRA LE FORZE DI POLIZIA PRIMEGGIA LA
GUARDIA DI FINANZA
Meno del 15% esprime fiducia nel sistema delle Istituzioni del nostro Paese
Nel 2020, la quota di chi ha un atteggiamento positivo si ferma al 14,6%
(-6,2% rispetto al 2019, anno in cui si era registrato il miglior
risultato dal 2014); poco meno della metà (46,6%) indica che la fiducia
non ha subìto variazioni (39% nel 2019). Gli sfiduciati, però
diminuiscono dal 29,4% al 24,9%.
Mattarella, resiste come punto di riferimento
Il Presidente della Repubblica raccoglie il plauso di più della metà
degli italiani e ottiene un tasso di consensi pari al 54,9% (era al
55,1% nel 2019).
Nessuno dei tre poteri dello Stato riesce a conquistare presso i
cittadini una fiducia che vada oltre il 50%. Inoltre per Governo e
Parlamento, calano i consensi. Più fiducia nella Magistratura
Poco più di un quarto degli italiani (26,3%) ripone fiducia nell’attuale
Governo, oltre dieci punti in meno rispetto al 2019 (36,7%). Il
Parlamento registra un decremento di cinque punti con solo uno su
quattro che si fida (25,4%; erano il 30,8% nel 2019). La fiducia nei
confronti della Magistratura continua a crescere, sebbene non riesca ad
oltrepassare la soglia della metà dei consensi (49,3%, +2,8% rispetto al
2019).
Forze dell’ordine: Guardia di Finanza sul podio
La Guardia di Finanza si posiziona in alto nella classifica delle tre
Forze di Polizia e arriva a guadagnare l’apprezzamento di sette italiani
su dieci (70,4%, +2,1% rispetto al 2019). A seguire, si posiziona la
Polizia di Stato con il 69% della fiducia (-2,5% rispetto al 2019). In
lieve discesa l’Arma dei Carabinieri dal 70,5% al 65,5% (-5%).
La Difesa e l’Intelligence
La fiducia nei confronti di Esercito, Aeronautica e Marina si attesta
intorno al 72%. Il sistema di Intelligence ottiene la fiducia del 64,1%
degli italiani.
Gli “Angeli in tuta rossa”
Entrati a far parte della rilevazione Eurispes solo negli ultimi tre
anni, i Vigili del Fuoco nel 2020 godono della fiducia dell’84,3% degli
italiani, nonostante un calo di 3 punti di consenso rispetto al 2019.
Le altre Istituzioni, “volano” le altre confessioni religiose (+10%) e i sindacati (+8,5%)
Vanno oltre il 50% e seguono un trend positivo di consensi le
associazioni dei consumatori (dal 53% del 2019 al 58,4%; +5,4%); le
associazioni di volontariato (dal 64,2% al 70%; +6,2%); la Chiesa
cattolica (dal 49,3% al 53,4%; +4,1%); il sistema sanitario (dal 62,3%
al 65,4%; +3,1%). Di segno positivo anche i risultati delle associazioni
degli imprenditori, passate dal 43,2% dei consensi nel 2019 al 49,4%. I
sindacati avanzano di ben 8,5 punti (dal 37,9% al 46,4%); le altre
confessioni religiose aumentano di 10 punti (dal 29,8% al 40,2%). In
lieve calo, il sistema scolastico che passa dal 67,4% al 65% e la
Protezione Civile dal 79,2% al 77,8%. Stabili partiti (dal 27,2% al
26,6%) e Pubblica Amministrazione (dal 34,7% al 34,3%).
LE “MOSSE” DEL GOVERNO. ITALIANI CRITICI SUL REDDITO DI
CITTADINANZA, FLAT TAX, E SUGAR TAX. APPOGGIANO QUOTA 100, AUTONOMIA PER
LE REGIONI E PLASTIC TAX. RIMPATRI E CONTENIMENTO DELL’IMMIGRAZIONE
METTONO D’ACCORDO LA MAGGIORANZA
Tra le misure attuate o proposte dal Governo le più criticate sono il
reddito di cittadinanza con il 67,1% delle indicazioni negative e la
Sugar Tax (67,4%); anche la Flat Tax incontra la disapprovazione dei più
(62,6%).
L’introduzione di Quota 100 è apprezzata da sei cittadini su dieci
(59,2%) e un numero simile si esprime positivamente sull’autonomia delle
Regioni (57,6%); conquista, anche se non in maniera netta, la tassa
sulla plastica (51%).
ESSERE CARABINIERI OGGI: PROFESSIONISTI PER MISSIONE. SI SENTONO
RISPETTATI MA PENSANO ANCHE CHE LA FIDUCIA DEGLI ITALIANI NEI LORO
CONFRONTI NEL TEMPO SI SIA MODIFICATA, AUSPICANO INTERVENTI DURI PER I
CARABINIERI CHE COMPIONO ABUSI O VIOLENZA E CHIEDONO PIÙ RISORSE E
RICONOSCIMENTI PER L’ARMA
Secondo l’indagine condotta dall’Eurispes su un campione di 3.539
appartenenti all’Arma, quasi la metà del campione (46,6%) considera il
proprio lavoro una “professione qualificata”; quasi quattro su dieci
(39,5%) la reputano una “missione”. “Rispetto” (56% “spesso”, 9,8%,
“sempre”) e “gratitudine” (51,8% “spesso”, 9% “sempre”) sono gli
atteggiamenti riscontrati con maggiore frequenza dai Carabinieri da
parte dei cittadini. Quasi un quarto (24,1%) afferma però di trovare
sfiducia nei propri confronti e più di un quinto (21,8%) percepisce
ostilità. Più della metà pensa che la fiducia dei cittadini sia
diminuita nel corso degli anni (53,2%). Otto su dieci (78,4%) auspicano
nessuna tolleranza per i carabinieri che compiono abusi o violenza,
episodi, questi, che hanno toccato la sensibilità della maggior parte
dei carabinieri intervistati (74,8%).
CONDIZIONE ECONOMICA DELLE FAMIGLIE: LIEVI SEGNALI DI RIPRESA MA
LA METÀ DEI CITTADINI CONTINUA A “POLVERIZZARE” I RISPARMI. UN ITALIANO
SU 10 VITTIMA DI USURA
Secondo la maggioranza degli italiani la situazione negli ultimi 12 mesi
è rimasta stabile (37,9%), il 37,5% ha riscontrato invece un
peggioramento netto o parziale. Circa un cittadino su dieci (14,3%) nota
un miglioramento; il 10,3% non esprime una valutazione. Rispetto al
2019 aumentano, seppur timidamente, gli ottimisti (+1,6%) e diminuisce
la percentuale di quanti ravvisano un peggioramento (-1,1%). Nelle
Isole il disagio di un’economia negativa è profondo e arriva al 72%, con
una distanza con le altre aree geografiche del Paese che arriva a
segnare un divario tra i 30 e oltre i 40 punti percentuali. Quasi la
metà delle famiglie (47,7%) è costretta ad utilizzare i risparmi per
arrivare a fine mese (+2,6% rispetto al 2019); ma crescono seppur di
poco quelle che riescono a risparmiare (23,7%; +1,7%). Saldare la rata
del mutuo rappresenta un ostacolo per il 34,1% degli italiani (+1,4%),
mentre migliora la situazione del pagamento degli affitti (38,7%;
-11,3%); in lieve discesa anche la difficoltà a pagare le utenze
domestiche (26,1%; -1,6%). Far fronte alle spese mediche è un problema
per il 22,3% degli italiani (+1,2%).
Nel corso del 2020 oltre la metà non ce la farà a risparmiare
Il 27% degli italiani probabilmente non riuscirà a risparmiare nei
prossimi dodici mesi e il 24,8% ne è certo; il 17,7% ritiene che ci
siano buone probabilità di farcela e solo il 5,2% ne è sicuro.
Nella crisi la famiglia resta un porto sicuro. Non potendo accedere al credito bancario, 1 italiano su 10 vittima di usura
Un terzo degli italiani (33,3%) è dovuto ricorrere al sostegno economico
della famiglia di origine per far fronte alle difficoltà economiche. Si
affianca a questo dato il 12,4% di chi è stato costretto a tornare a
vivere nella casa della famiglia di origine. Nel 14,9% dei casi un aiuto
finanziario è arrivato da amici, colleghi o altri parenti (-0,2%
rispetto al 2019). Pur di lavorare molti accettano impieghi senza
contratto (21,5%) o svolgono più lavori contemporaneamente (23,9%).
Almeno un italiano su dieci (11,9%) è caduto nelle maglie dell’usura non
potendo accedere al credito bancario (erano il 7,8% nel 2018 e il 10,1%
nel 2019).
Migrazioni interne e “fuga” all’estero: ne hanno esperienza indiretta 4 cittadini su 10
Il 41,2% del campione sostiene che qualcuno tra i propri familiari si è
trasferito all’estero per migliorare la propria situazione
economica/lavorativa: nel 22,9% dei casi si è trattato di trasferimenti
in un’altra città italiana e nel 18,3% all’estero. Al Sud, nelle Isole e
al Centro prevalgono i trasferimenti entro i confini nazionali
(rispettivamente 39,4%; 34,4% e 19%); mentre al Nord sono più frequenti i
trasferimenti all’estero (27,3% Nord-Est e 15,3% Nord-Ovest) rispetto a
quelli verso altre città italiane (15,3% Nord-Est; 12,2% Nord-Ovest).
«Che cosa rimane, dunque, di quel “lavoro” così centrale nel testo e
nello spirito della Costituzione, ma anche così determinante negli
equilibri di una politica che per decenni ha fatto del “lavoratore” un
protagonista a pieno titolo del palcoscenico politico e sociale?» si chiede il Presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara. «Siamo
certamente davanti ad un cambio epocale che, nel combinato disposto
degli effetti della globalizzazione e del clamoroso sviluppo
tecnologico, necessita una ridefinizione del lavoro, della sua
distribuzione, e della sua collocazione all’interno delle dinamiche
della società».
Prosegue Fara: «La società si è frammentata, perdendo progressivamente due puntelli che ne avevano guidato lo spirito: il valore della democrazia rappresentativa e quello del lavoro come elemento basilare della cittadinanza. Il risultato si rintraccia nell’endemica crisi di identità e nell’impoverimento dei ceti medi, che hanno a loro volta generato e generano una diffusa percezione di insicurezza e l’impossibilità di immaginare un futuro migliore dell’oggi, o per meglio dire, di quello di ieri. Alla base di tutto, c’è stato e c’è uno
sviluppo scientifico-tecnologico vorticoso che sembra rispondere solo a
se stesso, producendo risultati allo stesso tempo irrinunciabili e
invasivi, assistendoci fino a prevenire i nostri bisogni, ma di fatto disumanizzanti tale da comprimere l’intervento umano e rendendo
l’individuo soprattutto “libero” di essere assoggettato ai ritmi e alle
routine che la tecnologia incarna in una simbiotica giustapposizione
tra contenitore e contenuto».
I CONSUMI DELLE FAMIGLIE. QUASI UN TERZO DEGLI ITALIANI RINUNCIA
A CONTROLLI MEDICI E PREVENZIONE. LA METÀ HA RIMANDATO L’ACQUISTO DI
UN’AUTO NUOVA
Per contenere le spese nell’ultimo anno, il 32,5% degli italiani ha
rinunciato a effettuare controlli medici e di prevenzione e il 27,3% ha
tagliato sulle spese dentistiche; il 24,8% ha fatto a meno di
trattamenti ed interventi estetici. In misura minore, un italiano su
cinque (20%) ha rinunciato a terapie ed interventi medici o a sottoporsi
a visite specialistiche per la cura di patologie specifiche (20,1%). Il
numero di residenti in Sicilia e Sardegna che hanno dovuto rinunciare a
visite specialistiche per disturbi o patologie specifiche è quasi il
doppio della media rilevata nelle altre regioni (40%, contro un dato
nazionale del 20%).
Tra le rinunce nell’ultimo anno, al primo posto l’acquisto di una nuova
auto (51,4%); il 44,2% invece ha rimandato lavori di ristrutturazione
nella propria abitazione, il 38,2% ha rinunciato a sostituire arredi di
casa ed elettrodomestici logorati, il 28,5% ha fatto a meno delle
riparazioni del proprio autoveicolo e il 34,5% delle spese per un/una
badante.
Riparati, usati, smarcati o contraffatti: i prodotti si adeguano ad un consumo alternativo
Per ridurre le spese, sempre più ci si orienta verso comportamenti come:
la tendenza a riparare oggetti rotti invece di sostituirli con altri
nuovi (63,9%); la propensione ad acquistare prodotti usati al posto di
quelli nuovi (58,6%); la sostituzione di prodotti di marca con prodotti
senza marca (58,9%); l’acquisto di prodotti contraffatti (42,1%) e
compiere acquisti condivisi allo scopo di risparmiare (37,9%).
Acquisti online: abituè (30%), occasionali (48,5%) e refrattari (21,4%), un’Italia divisa in tre
Il 30,1% degli italiani fa acquisti online spesso o abitualmente. Il
48,5% si rivolge al web solo qualche volta o raramente, mentre il 21,4%
dichiara di non acquistare mai online. La tendenza più diffusa tra i
consumatori è quella di acquistare online un prodotto visto o provato
precedentemente in negozio (53,9%). Il 50,9% degli italiani afferma di
aver comprato, nell’ultimo anno, un prodotto visto solamente online
mentre scende al 39,1% il numero di chi ha comprato in negozio un
prodotto visto online. Infine, nel 38,8% dei casi l’acquisto online è
avvenuto dopo aver visto un prodotto attraverso la pubblicità.
PER QUATTRO ITALIANI SU DIECI LE TASSE SONO AUMENTATE. TASSE PIÙ BASSE RILANCEREBBERO I
CONSUMI (37,5%). PER METÀ DEI CITTADINI NON È INDISPENSABILE PAGARE LE
TASSE PER AVERE UN LIVELLO ACCETTABILE DEI SERVIZI, IL 63,7% È CONTRARIO
A PAGARLE PER GARANTIRE UNA DISTRIBUZIONE DELLE RISORSE TRA I CITTADINI
APPARTENENTI A REGIONI DIVERSE. L’EVASIONE È GIUSTIFICATA IN
DETERMINATE SITUAZIONI
Il carico fiscale sostenuto dalla propria famiglia nel corso del 2019 è
aumentato secondo l’opinione del 42,2% degli italiani, facendo però
registrare un dato del 27% in meno rispetto al 2013 quando a lamentare
una maggiore tassazione era il 69,2%.
Se le tasse diminuissero...
Meno tasse rilancerebbero soprattutto i consumi mettendo più soldi in
tasca ai cittadini (37,5%) e darebbero slancio all’economia e alle
imprese (22,6%), mentre inciderebbero negativamente sulla disponibilità e
qualità dei servizi per un altro 22,6% e farebbero aumentare il peso
del debito pubblico per il 17,3%.
Più di un terzo chiede di abbassare l’imposta sui consumi
Il 36,4% degli italiani ritiene che sarebbe opportuno ridurre l’imposta
sui consumi (+13,8% rispetto al 2007). Diminuisce, invece, del 22,2%
rispetto al 2007, chi pensa che sarebbe opportuno ridurre l’Imu,
arrivando al 21,1%. Il 22,4% è propenso a pensare che bisognerebbe
ridurre Irap e Ires e due su dieci (20,1%) l’Irpef.
Pagare le tasse per... Il 63,7% degli italiani si
dicono contrari a pagare le tasse allo Stato per garantire una
distribuzione delle risorse tra i cittadini appartenenti a Regioni
diverse. Sull’ipotesi di pagare più tasse agli Enti locali e meno tasse
allo Stato perché è più facile verificare la qualità dei servizi erogati
dalle Amministrazioni locali, la popolazione si divide a metà tra chi è
d’accordo (47,6%) e chi non è di questa opinione (52,4%). Pagare le
tasse allo Stato per avere un livello accettabile di servizi pubblici è
indispensabile per il 49,8% dei cittadini (il 16,4% in meno rispetto al
2007).
L’Italia vuole futuro: otto su dieci chiedono più investimenti per ricerca e sviluppo
Al Governo i cittadini chiedono soprattutto di aumentare gli
investimenti in ricerca e sviluppo (81%), le pensioni minime (80,6%), di
introdurre meccanismi di redistribuzione (80%) e attuare nuove
politiche di sostegno alle imprese (79%). Sette su dieci (70,7%)
vorrebbero che il Governo modificasse i meccanismi di accesso al
credito, il 63,3% che cambiasse la legge elettorale e sei su dieci (60%)
che applicasse il condono fiscale per favorire il rientro di capitali
dall’estero. Non manca chi caldeggia l’aumento della pressione fiscale
sul sistema bancario (53,3%) e ancora meno sono i cittadini che
vorrebbero l’introduzione della tassa patrimoniale (47%).
Tasse troppo alte, più della metà degli italiani tende a giustificare l’evasione in determinate situazioni
La maggior parte dei cittadini in qualche misura giustifica l’evasione
fiscale: per il 25,1% non è grave solo se compiuta da chi fa fatica a
sostenere la pressione fiscale; per il 19,6% è grave per chi possiede
grandi patrimoni; per il 9% non è grave perché in Italia la pressione
fiscale è eccessiva.
Evasione, giuste multe e sequestri di beni. Il 17,3% si spinge oltre e vuole il carcere come sanzione
La sanzione più giusta per i grandi evasori è il sequestro dei beni per
quattro italiani su dieci (40,9%), multe e sanzioni economiche e
amministrative per tre su dieci (29,6%). Mentre il 17,3% crede il
carcere sia la giusta sanzione.
IL MEZZOGIORNO AL DI LÀ DELLE FAKE NEWS
Spiega Gian Maria Fara, Presidente dell’Eurispes: «Sulla
questione meridionale, dall’Unità d’Italia ad oggi, si sono consumate
le più spudorate menzogne. Il Sud, di volta in volta descritto come la
sanguisuga del resto d’Italia, come luogo di concentrazione del
malaffare, come ricovero di nullafacenti, come gancio che frena la
crescita economica e civile del Paese, come elemento di dissipazione
della ricchezza nazionale, attende ancora giustizia e una autocritica
collettiva da parte di chi – pezzi interi di classe dirigente anche
meridionale e sistema dell’informazione – ha alimentato questa deriva.
All’interno di questo Rapporto si trova una descrizione della
vicenda meridionale ricca di dati e di informazioni prodotti dalle più
autorevoli agenzie nazionali ed internazionali che certificano come
siamo di fronte ad una situazione letteralmente capovolta rispetto a
quanto comunemente creduto».
Nel 2016 lo Stato italiano ha speso 15.062 euro pro capite al
Centro-Nord e 12.040 euro pro capite al Meridione. In altre parole,
ciascun cittadino meridionale ha ricevuto in media 3.022 euro in meno
rispetto a un suo connazionale residente al Centro-Nord. Nel 2017, si
rileva un’ulteriore diminuzione della spesa pubblica al Mezzogiorno, che
arriva a 11.939 (-0,8%), mentre al Centro-Nord si riscontra un aumento
dell’1,6% (da 15.062 a 15.297 euro). emerge una realtà dei fatti ben
diversa rispetto a quanto diffuso nell’immaginario collettivo che
vorrebbe un Sud “inondato” di una quantità immane di risorse finanziarie
pubbliche, sottratte per contro al Centro-Nord.
Dal 2000 al 2007 le otto regioni meridionali occupano i posti più bassi
della classifica per distribuzione della spesa pubblica. Per contro,
tutte le Regioni del Nord Italia si vedono irrorate dallo Stato di un
quantitativo di spesa annua nettamente superiore alla media nazionale.
Se della spesa pubblica totale, si considera la fetta che ogni anno il
Sud avrebbe dovuto ricevere in percentuale alla sua popolazione, emerge
che, complessivamente, dal 2000 al 2017, la somma corrispondente
sottrattagli ammonta a più di 840 miliardi di euro netti (in media,
circa 46,7 miliardi di euro l’anno).
Il Prodotto interno lordo al Nord Italia dipende molto poco dalle
esportazioni all’estero e per grossissima parte invece dalla vendita dei
prodotti al Sud, il quale a sua volta nei confronti dello scambio di
prodotti con il Nord Italia mostra valori in perdita di diversa gravità.
La situazione di import-export tra Nord e Sud Italia, tutta a vantaggio
del Settentrione è resa possibile, paradossalmente, proprio da quei
tanto discussi trasferimenti giungenti da Nord a Sud, come frutto delle
tasse pagate dal Settentrione. Se questi ultimi infatti fossero oggi
annullati o semplicemente ridotti, il primo a farne le spese sarebbe
proprio il Nord, subendone le conseguenze peggiori.
A conti fatti, a fronte dei 45 miliardi di euro di trasferimenti che
ogni anno si sono spostati da Nord a Sud, ve ne sono stati altri 70,5
pervenuti al Nord compiendo il percorso inverso.
«Dunque, ogni ulteriore impoverimento/indebolimento del Sud si ripercuote sull’economia del Nord,
il quale vendendo di meno al Sud, guadagna di meno, fa arretrare la
propria produzione, danneggiando e mandando in crisi così la sua stessa
economia». Conclude il Presidente dell’Eurispes.
Fondi utilizzati: al Sud performance migliore della media nazionale
I programmi di sviluppo regionali (e anche quelli nazionali) che si
avvalgono del Fondo Sociale Europeo (FSE) e del Fondo Europeo di
Sviluppo Regionale (FESR) per il ciclo 2014-2020, hanno potuto disporre
di una dotazione di ben 35,5 miliardi di euro totali, stanziati per il
60% dal budget europeo e per il resto dal cofinanziamento nazionale.
Alla fine del 2019, le Regioni italiane hanno speso in totale 7,4
miliardi. I progetti investono un ammontare complessivo di 25,8 miliardi
di euro, cioè il 69% del totale dei vari programmi regionali (IFEL,
2019).
Le regioni in ritardo di sviluppo (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia)
registrano una spesa che è mediamente minore di quella media nazionale
(18% contro 23%). Tuttavia, se consideriamo gli impegni di spesa, le
stesse Regioni raggiungono in media il 72% dell’intera programmazione,
che è un dato più alto del 3% rispetto alla media nazionale. Questi dati
smentiscono una performance peggiore di queste Regioni rispetto alle
altre. Diverso, invece, è parlare dell’efficacia della spesa, cioè
dell’impatto che questa spesa (piccola o grande) avrà sui territori.
UN QUARTO DEGLI ITALIANI HA UN RAPPORTO NEGATIVO CON GLI
IMMIGRATI, VISTI COME UNA MINACCIA ALL’IDENTITÀ NAZIONALE DA UNO SU TRE.
CRESCE LA CONVINZIONE CHE GLI STRANIERI TOLGANO LAVORO AGLI ITALIANI. CONTRASTARE L’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA? “AIUTIAMOLI A CASA LORO”
Quattro italiani su dieci (40,3%) definiscono il proprio rapporto con
gli immigrati “normale”, quasi uno su cinque (19,4%) parla di reciproca
indifferenza, il 14,4% di reciproca disponibilità, mentre un decimo
trova gli immigrati ostili (10,1%), l’8,1% li trova insopportabili, il
7,7% afferma di temerli.
Secondo il 45,7% degli italiani un atteggiamento di diffidenza nei
confronti degli immigrati è “giustificabile, ma solo in alcuni casi”.
Per quasi un quarto (23,8%) guardare con diffidenza gli immigrati è
“pericoloso”, per il 17,1% (+6,7% rispetto al 2010) è “condivisibile”,
per il 13,4% è “riprovevole” (-4,3% rispetto al 2010).
Cresce il senso di allarme e minaccia
Per la netta maggioranza del campione (77,2%) gli immigrati nel nostro
Paese vengono sfruttati dai datori di lavoro italiani. Ma la convinzione
che gli stranieri tolgano lavoro agli italiani rispetto a dieci anni fa
è cresciuta dal 24,8% al 35,2% (oltre 10 punti); la percentuale di chi
vede negli immigrati una minaccia all’identità culturale nazionale è
aumentata dal 29,9% al 33% e di chi paventa un aumento delle malattie è
passata dal 35,6% al 38,3%. Per contro, rispetto al 2010 crolla di 17
punti percentuali la posizione secondo la quale gli stranieri portano un
arricchimento culturale: dal 59,1% al 42%; analogamente, diminuisce la
convinzione che gli immigrati contribuiscano alla crescita economica del
Paese dal 60,4% al 46,9%.
Aiutare gli stranieri “a casa loro”, la soluzione per uno su quattro
Per contrastare il fenomeno dell’immigrazione clandestina, oltre un
quarto ritiene che il Governo dovrebbe soprattutto erogare aiuti ai
paesi di provenienza (26,2%, +7,7% rispetto a dieci anni fa), un altro
quarto che dovrebbe inasprire i controlli alle frontiere e lungo le
coste (24%, a fronte del 33,6% del 2010), per il 16% la priorità è
agevolare la regolarizzazione dei clandestini (nel 2010 erano il 25,5%),
per il 15,3% ridurre i visti di ingresso dai paesi dai quali provengono
i flussi più consistenti. Il 18,6% considererebbe preferibili altri
interventi.
Razzismo: per due su dieci è colpa degli immigrati
L’incremento di episodi xenofobi nel corso dell’ultimo anno sarebbe
avvenuto per quasi due italiani su dieci (19,7%) per colpa del
comportamento degli immigrati, per un altro quinto della popolazione
(19,2%) per le politiche inadeguate dei governi. Il 18,3% assegna la
responsabilità alla comunicazione aggressiva di alcuni esponenti
politici, il 15,1% al modo con cui i media diffondono le notizie, il 13%
all’atteggiamento degli italiani.
Ius soli, ius sanguinis e ius culturae, due passi indietro
Rispetto al 2010, sono diminuiti di oltre dieci punti gli italiani favorevoli allo ius soli (dal 60,3% al 50%) e sono aumentati notevolmente i sostenitori più rigidi dello ius sanguinis
(dal 10,7% al 33,5%, quasi 23 punti in più). In calo coloro che
auspicano la cittadinanza per chi è nato in Italia, purché educato in
scuole italiane (dal 21,3% al 16,5%).
Il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, commenta: «Gli immigrati
regolari in Italia sono circa cinque milioni (5.255.000 pari all’8,7%
della popolazione) e gli irregolari, circa cinquecentomila, la loro presenza è decisamente inferiore a quella che si registra in molti altri paesi. I lavoratori immigrati in Italia producono il 9% del Pil, circa 139 miliardi di euro annui; il denaro che spediscono ai loro familiari (6,2 miliardi annui) è
molto più importante per il sostegno ai paesi di origine di quanto non
sia quello che l’Italia destina agli aiuti internazionali allo sviluppo.
Chi dice “aiutiamoli a casa loro”, sostenendo che si debbano finanziare
i paesi di origine, trascura il fatto che siano proprio gli immigrati,
con le loro rimesse, che si aiutano da soli a casa loro. Inoltre, i dati
ufficiali sono nettamente in positivo per lo Stato. Il bilancio tra
costi e ricavi segnala un saldo attivo di 3,9 miliardi. I lavoratori stranieri in Italia sono il 10,5% degli occupati, tra loro vi è un numero crescente di lavoratori autonomi, le loro piccole imprese (oltre 700.000) assumono centinaia di migliaia di italiani e sono di origine straniera il 9,4% degli imprenditori “italiani”. Gli immigrati versano 14 miliardi annui di contributi sociali e ne ricevono solo 7 tra indennità di disoccupazione e pensioni. I loro contributi ci permettono di pagare oltre 600.000 pensioni.
Di fronte a questa rassegna di dati inoppugnabili, quand’è che la
Politica smetterà di cercare consenso sulla pelle (nera) dei profughi e
sulla pelle del futuro economico del Paese?»
L’IMMIGRAZIONE VISTA DAI MEDIA. GLI SBARCHI CALANO MA LA COPERTURA MEDIATICA È DA RECORD
Al 30 dicembre 2019 sono stati 11.471 gli stranieri sbarcati sulle coste
italiane, con un calo del 50,4% rispetto ai 23.122 arrivati del 2018.
Nonostante la definitiva uscita da una fase emergenziale, il sistema dei
media mainstream, come rilevato dall’Osservatorio TG Eurispes-Coris
Sapienza Università di Roma, ha continuato a dedicare al fenomeno grande
attenzione, trasformando il 2019 in un’annata record. Questa ulteriore
crescita si manifesta soprattutto sugli articoli a stampa (1.091 contro
gli 834 del 2018, +30%). Nei Tg del prime time l’attenzione resta
altissima: 4.002 i servizi dedicati a questi temi, contro i 4.513
registrati nel corso di tutto il 2018.
Servizio Pubblico vs Tg Mediaset
Al 31 ottobre 2019 i Tg Rai avevano prodotto il 57% delle notizie sul
fenomeno migratorio nelle edizioni di prime time (2.276), mentre le 3
testate Mediaset ne hanno gestite poco più di un terzo: il 34% per 1.364
servizi. Nel complesso, il 2019 presenta un “calo” di interesse da
parte di più di metà delle testate nei confronti dei temi migratori,
mentre 2 in particolare aumentano le proprie coperture: si tratta di Tg3
e Tg2, rispettivamente con 832 e 758 servizi, e in crescita dell’8% e
del 9% rispetto al 2018.
EBREI E STEREOTIPI: IL 15,6%% NEGA LA SHOAH E IL 16,1% NE RIDIMENSIONA LA PORTATA IN TERMINI DI VITTIME. DAL 2004 AD OGGI AUMENTA IL NUMERO DI CHI PENSA CHE L’OLOCAUSTO NON SIA MAI AVVENUTO (ERANO SOLO IL 2,7%). I CITTADINI
DENUNCIANO L’ESISTENZA DI UN PROBLEMA DI UN LINGUAGGIO DIFFUSO BASATO
SU ODIO E RAZZISMO E PENSANO CHE GLI ATTI DI ANTISEMITISMO IN ITALIA
SIANO IL SEGNALE DI UNA PERICOLOSA RECRUDESCENZA DEL FENOMENO
L’affermazione secondo la quale gli ebrei controllerebbero il potere
economico e finanziario, raccoglie il generale disaccordo degli italiani
(76%), non manca però chi concorda con questa idea (23,9%). Gli ebrei
controllerebbero i mezzi d’informazione a detta di più di un quinto
degli italiani intervistati (22,2%), mentre i contrari arrivano al
77,7%. La tesi secondo cui gli ebrei determinano le scelte politiche
americane incontra la percentuale più elevata di consensi, pur restando
minoritaria: il 26,4%, contro un 73,6%. Rispetto all’affermazione che
l’Olocausto degli ebrei non è mai accaduto, la quota di accordo si
attesta al 15,6%, a fronte dell’84,4% non concorde. Invece,
l’affermazione secondo cui l’Olocausto non avrebbe prodotto così tante
vittime come viene sostenuto trova una percentuale di accordo solo
lievemente superiore: 16,1%, mentre il disaccordo raggiunge l’83,8%.
A distanza di oltre 15 anni, nel confronto con l’indagine condotta
dall’Eurispes su questi stessi temi, la percentuale di italiani secondo i
quali gli ebrei determinano le scelte politiche americane è oggi più
bassa: dal 30,4% al 26,4%. Nel 2004 per oltre un terzo del campione
(34,1%) gli ebrei controllavano in modo occulto il potere economico e
finanziario, nonché i mezzi d’informazione, mentre oggi la percentuale
risulta inferiore ad un quarto. Aumenta invece il numero di cittadini
secondo i quali lo sterminio degli ebrei per mano nazista non è mai
avvenuto: dal 2,7% al 15,6%. Risultano in aumento, sebbene in misura
meno eclatante, anche coloro che ne ridimensionano la portata
(dall’11,1% al 16,1%).
Antisemitismo: episodi violenti sono casi isolati, ma esiste un
problema di un linguaggio diffuso basato su odio e razzismo. L’allarme
arriva dai giovani
Secondo la maggioranza degli italiani, recenti episodi di antisemitismo
sono casi isolati, che non sono indice di un reale problema di
antisemitismo nel nostro Paese (61,7%). Al tempo stesso, il 60,6%
ritiene che questi episodi siano la conseguenza di un diffuso linguaggio
basato su odio e razzismo. Per meno della metà del campione (47,5%) gli
atti di antisemitismo avvenuti anche in Italia sono il segnale di una
pericolosa recrudescenza del fenomeno. Per il 37,2%, invece, sono
bravate messe in atto per provocazione o per scherzo.
L’anima politica dell’italiano
Al campione è stato chiesto quali affermazioni esprimono al meglio
l’anima politica della maggioranza degli italiani. Trova un discreto
consenso l’affermazione secondo cui “molti pensano che Mussolini sia
stato un grande leader che ha solo commesso qualche sbaglio” (19,8%).
Con percentuali di accordo vicine tra loro seguono “gli italiani non
sono fascisti ma amano le personalità forti” (14,3%), “siamo un popolo
prevalentemente di destra” (14,1%), “molti italiani sono fascisti”
(12,8%) e, infine, “ordine e disciplina sono valori molto amati dagli
italiani” (12,7%). Oltre un italiano su quattro (26,2%) non condivide
nessuna delle opinioni presentate.
SICUREZZA: UN ITALIANO SU DUE SI SENTE SICURO NELLA PROPRIA CITTÀ. STALKING E REVENGE PORN: LE DONNE NEL MIRINO
Il 53,2% degli italiani ritiene di vivere in una città abbastanza o
molto sicura; sul versante opposto, il 30,4% giudica la propria città
come poco o per niente sicura. La paura di subire reati negli ultimi due
anni nella maggior parte dei casi è rimasta invariata (68,5%); sono
diminuiti coloro che hanno più paura (dal 30% al 24,5%), ma solo il 7%
afferma che la paura sia diminuita (-10,9% rispetto al 2019).
In difesa e non all’attacco: come ci si protegge
I provvedimenti adottati negli ultimi due anni per sentirsi più sicuri
hanno visto la maggioranza degli italiani installare grate alle finestre
(28,7%), un sistema di allarme (28,6%) o una porta blindata (27,3%).
Alcuni (11,1%) portano con sé, per sentirsi al sicuro, uno spray al
peperoncino, un coltello (9,2%) o hanno acquistato un’arma da fuoco
(8%).
Stalking: l’ex-partner responsabile delle molestie in circa un caso su quattro
Il 7,9% degli intervistati ha riferito di essere rimasta vittima
stalking, l’87,4% non ha subìto questo reato e il 4,7% ha preferito non
indicare alcuna risposta. Le vittime di stalking sono soprattutto
persone tra i 45 e i 64 anni (9,7%) e giovani tra i 18 e i 24 anni
(9,5%). Sono le donne ad essere più spesso vittime di atti persecutori,
con l’8,9% di risposte affermative rispetto al 6,8% registrato per gli
uomini. E l’ex partner si conferma come il primo responsabile di atti
persecutori (24,1%).
Revenge porn: almeno uno su dieci conosce qualcuno rimasto vittima
Il 12,7% degli italiani intervistati conosce qualcuno che è stato/a
vittima di revenge porn, mentre il restante 87,3% non conosce persone le
cui immagini o video intimi siano stati diffusi e veicolati senza
consenso. Più spesso a riferire di conoscere vittime di revenge porn
sono i giovanissimi under 25 (18-24enni) con il 21% delle indicazioni.
Nella metà dei casi sarebbero state messe in atto anche forme di ricatto
(47,9%). Questi i dati rilevati dall’Osservatorio Cybersicurity
dell’Eurispes che da tempo studia questo fenomeno.
SCUOLA: PIÙ DELLA METÀ VUOLE ESTENDERE L’OBBLIGO. TRA LE AGENZIE
EDUCATIVE, LA SCUOLA RELEGATA AD UN RUOLO DI SECONDO PIANO. I RAGAZZI
CHIEDONO DI APPROFONDIRE LA STORIA PIÙ RECENTE
Estendere l’obbligo scolastico fino alle scuole medie superiori trova
d’accordo il 52,4% degli italiani. Sei mesi di servizio civile
obbligatorio finita la scuola dell’obbligo è un’idea che piace nel 54,1%
dei casi. Molti meno (48,2%) concordano sull’opportunità di introdurre
nel sistema scolastico un criterio meritocratico per la retribuzione
degli insegnanti più bravi e preparati. Solo il 32,9% degli intervistati
ritiene una proposta valida il prolungamento dell’anno scolastico fino a
luglio; accolta in maniera negativa anche l’eventualità della riduzione
del numero delle Università presenti in Italia (il 33,3% si dice
favorevole).
Tra le agenzie educative, la scuola viene relegata ad un ruolo di
secondo piano e considerata formativa per la propria esperienza di vita
solo nel 6,5% dei casi. È la famiglia, al contrario, ad aver influito
maggiormente sull’educazione degli italiani intervistati (47%). Più
dell’approfondimento dei grandi eventi storici (47,6%) i programmi
scolastici relativi allo studio della storia dovrebbero privilegiare i
fatti della storia recente (52,4%). Questa richiesta arriva soprattutto
dai giovani (il 57,1% dei 18-24enni e il 65% dei 25-34enni).
I GIOVANI E LA LORO IDEA DI FUTURO. UN CONFRONTO INTERNAZIONALE TRA ITALIA, GERMANIA, POLONIA, RUSSIA
I valori della vita considerati prioritari tra i giovani 18-30enni di
Italia, Germania, Polonia e Russia sono: il lavoro, la salute, gli
amici, l’amore; in declino la politica, i figli, la religione. Questo
quanto emerge da un’indagine internazionale condotta da un pool di
esperti appartenenti a diversi enti: per l’Italia, l’Eurispes. Più di
sette tedeschi su dieci (73,8%) hanno piena o abbastanza fiducia nel
futuro, a fronte del 55% dei giovani italiani, di metà dei russi (49,1%)
e solo del 39,4% dei polacchi. Le difficoltà finanziare sono
considerate un problema dal 36,8% dei tedeschi, dal 35,7% dei russi, dal
22,9% degli italiani, dal 22,5% dei polacchi; gli affitti elevati lo
sono per quasi la metà dei tedeschi (48,2%), quattro polacchi e russi su
dieci (rispettivamente 41,9% e 40,2%) e tre italiani su dieci (30,5%).
Tra i criteri principali che i giovani indicano per definire cosa sia il
successo nella vita prevalgono i motivi di realizzazione personale: il
successo nella carriera (30,6% Russia, 27,8% Germania, 20,7% Polonia,
18,6% Italia); la possibilità di vivere una vita interessante (40%
Germania, 39,9% Russia, 25,2% Polonia, 10,2% Italia); di avere amici
(37,5% Polonia, 37,3% Russia, 36,6% Germania, 30,4% Italia); o una buona
salute (38% Germania, 37,9% Polonia, 36,7% Russia, 36,2% Italia).
MEDIA: LA TV È LA PIÙ CREDIBILE, MENTRE I SOCIAL NON SONO
AFFIDABILI. PER FORMARE L’OPINIONE DI VOTO GLI ITALIANI SI RIVOLGONO
ALLA TV
Gli italiani considerano ancora la televisione il mezzo più attendibile
(64,6%); seguono giornali radio (59,8%), quotidiani (55,3%); quotidiani
online (51,1%); talk televisivi (42,4%); forum o i blog (41,1%) e Social
Network (35,4%).
Opinione di voto, la Tv perde dieci punti in 12 anni. Un quarto degli italiani non si affida ai mezzi di informazione
Quasi tre italiani su dieci (28,6%) formano la loro opinione di voto
sulla base delle informazioni che apprendono in Tv (nel 2008 il dato era
al 38,3%); un quarto (24,6%) non si basa su alcun mezzo, in quanto ha
idee proprie. Pochi si affidano a Social (12,2%), quotidiani (10,1%),
quotidiani on line (8,5%), radio e comizi dei candidati (5,2%).
Valori e ideali orientano le scelte politiche per un terzo degli italiani
Ad influenzare maggiormente le scelte di voto sono i valori e le
opinioni personali (32,6%). Seguono la propria situazione
economica/lavorativa (16,8%), la propria visione del futuro (14,8%), la
situazione familiare (10,5%), la tradizione familiare (9,6%) e
l’opinione di parenti ed amici (8,8%).
ANIMALI, 4 ITALIANI SU 10 NE ACCOGLIE ALMENO UNO. LA LORO DIETA
SI “UMANIZZA”. E LA LORO PERDITA È UN VERO TRAUMA: SI DIFFONDONO
CREMAZIONE E CIMITERI PER ANIMALI
Quattro italiani su dieci (39,5%) accolgono almeno un animale in casa
(erano il 33,6% nel 2019 e il 32,4% nel 2018). In particolare, nel 20,7%
dei casi un animale, nel 9,6% dei casi due pet, nel 5,6% tre, nel 3,6%
più di tre. In quasi la metà dei casi si tratta di un cane (48,8%). A
scegliere un gatto sono il 29,6%. Il restante 21,6% si divide tra i
possessori di uccelli (3,5%), tartarughe (3,4%), pesci (2,9%), criceti
(2,4%), conigli (2,3%), cavalli (1,8%), rettili (1%), animali esotici
(0,8%) e asini (0,4%).
Aumenta la spesa e la salute diventa pet friendly
La spesa media mensile per la loro cura è aumentata negli anni: uno su
dieci investe tra i 100 e i 200 euro. In particolare, il 32,8% spende
“da 31 a 50 euro”, il 28,7% “da 51 a 100 euro”, il 22,4% “meno di 30
euro”, il 9,7% “da 101 a 200 euro”, il 4,3% “da 201 a 300 euro” e il
2,1% “più di 300 euro”. Tra le nuove tendenze, da segnalare l'uso degli
integratori alimentari: un quarto (25,8%) di chi possiede animali li
aggiunge alla loro dieta; degli alimenti biologici (22,2%) e dei farmaci
omeopatici (13,1%).
Affrontare la perdita. Il trauma del lutto
Quando l’animale di casa muore, la perdita è vissuta come un vero e
proprio trauma. Il 38,1% di chi ha dovuto affrontare questo dolore ha
scelto la cremazione, il 25,6% la sepoltura in un cimitero per animali,
il 27,8% ha deciso di non prendere più animali per evitare la sofferenza
legata alla perdita.
UNA SCELTA DI BENESSERE E AMORE PER GLI ANIMALI: VEGETARIANI E
VEGANI AUMENTANO ANCORA FINO ALL’8,9%. SEMPRE PIÙ SPESSO SI MANGIA SENZA
GLUTINE (14,6%) O LATTOSIO (18,7%). IL 5% DEGLI ITALIANI USA ALIMENTI
ALLA CANNABIS LIGHT. COMPRARE CIBO DA ASPORTO (70,3%), A DOMICILIO (54%)
O PRODOTTI INDUSTRIALI CHE RICHIEDONO QUALCHE MINUTO PER ESSERE PRONTI
(61,9%) SONO ORMAI ABITUDINI CONSOLIDATE
Di fronte alla domanda “è vegetariano?” il 6,7% degli italiani
intervistati afferma di esserlo, il 2,2% dichiara invece di essere
vegano, mentre il 6,3% dice di non essere più vegetariano. Nel 2020,
dunque, con l’8,9% delle indicazioni, vegetariani e vegani sono in
aumento rispetto al 2019 e al 2018, quando questa percentuale era
rispettivamente al 7,1% e al 7,3%. Tra le motivazioni alla base della
scelta troviamo soprattutto la salute e il benessere (23,2%) e l’amore e
il rispetto nei confronti del mondo animale (22,2%).
Le alimentazioni “senza”
Il 18,7% degli italiani che hanno partecipato all’indagine ha
un’alimentazione priva di lattosio, il 14,6% mangia cibi senza glutine, e
il 16,3% segue un’alimentazione arricchita regolarmente da integratori.
Alimenti alla cannabis: molti li hanno sperimentati o vorrebbero farlo. Il 5% li usa nella propria dieta
Il 23,1% degli italiani sarebbe curioso di provare alimenti a base di
cannabis light, il 16,4% li ha già sperimentati e il 5,1% ha inserito
questi alimenti all’interno delle proprie diete.
Un settore di potenziale crescita economica
Dall’entrata in vigore della legge 242/2016 nel gennaio del 2017 le
superfici coltivate a canapa in Italia erano passate da 950 ai quasi
4.000 ettari nell’ultimo triennio; erano nate 800 partite IVA agricole
specializzate, 1.500 nuove aziende di trasformazione e distribuzione, e
1.000 shops. Il settore contava 10.000 addetti e un fatturato di 150
milioni di euro per il 2018. Ventotto miliardi previsti per il 2021 era
il potenziale giro di affari del settore a livello europeo.
Vite frenetiche, cibo a portar via o a domicilio. Le nuove tendenze. Un bambino su tre è obeso
Il 54% degli italiani compra cibo a domicilio. L’abitudine di acquistare
alimenti già cucinati destinati all’asporto è assai diffusa e riguarda
ben il 70,3% degli italiani. Anche coloro che acquistano sui banchi del
supermercato e della grande distribuzione organizzata prodotti
industriali che richiedono qualche minuto per essere pronti sono in
molti (61,9%).
Accanto al consolidarsi di nuovi stili alimentari, si evidenzia un dato
preoccupante: i tassi di obesità infantile nel nostro Paese sono
considerati tra i più alti. Il sovrappeso in Italia interessa circa 1
bambino su 3. Ci troviamo al secondo posto in Europa per diffusione
dell’obesità infantile maschile (21%) e al quarto per obesità infantile
femminile (14%).
CLIMATE CHANGE, LA GENERAZIONE GRETA SMUOVE IL CAMBIAMENTO,
ANZIANI PIÙ PIGRI ED EGOISTI. UN TERZO DEGLI ITALIANI DISINTERESSATO A
CAMBIARE ABITUDINI PER FAR FRONTE AL RISCALDAMENTO TERRESTRE. PER
MIGLIORARE L’AMBIENTE SONO DISPOSTI AD ACQUISTARE LAMPADINE A BASSO
CONSUMO E DIMINUIRE L’USO DELLA PLASTICA, MA NON RINUNCIANO AI VIAGGI.
La temperatura globale è aumentata di 0,8 gradi celsius e, se la
situazione non dovesse cambiare, si potrebbe registrare una crescita di
1,5 gradi centigradi tra il 2030 e il 2052. Se il riscaldamento globale
non si arresterà, nel 2100 il Pil mondiale subirà una variazione
negativa del 23%. Tuttavia, l’alzamento delle temperature non
influenzerà tutto il mondo allo stesso modo: l’economia dei Paesi freddi
come Svezia, Norvegia e Canada, sta registrando aumenti del Pil pro
capite dal 25 al 34%. L’Italia è tra i paesi più vulnerabili: i
cambiamenti climatici ridurranno il Pil pro capite italiano dello 0,89%
nel 2030, del 2,5% nel 2050 e del 7% nel 2100.
Più di un quarto degli italiani (26,6%) considera il riscaldamento
globale il problema più urgente relativo all’ambiente. Seguono: gestione
dei rifiuti (20,7%), inquinamento atmosferico (16,4%), dissesto
idrogeologico (11,3%) e problema energetico (11,2%). A giudicare più
urgente una soluzione al riscaldamento globale sono i giovani tra i 18 e
i 24 anni (34,3%), più del doppio rispetto agli over 65 (16,1%).
Riscaldamento terrestre. Un terzo non è disposto a cambiare abitudini o crede che non serva o che sia un problema troppo grande
Più di un terzo degli italiani (34,7%) è disposto a ridurre i consumi
quotidiani per limitare il riscaldamento terrestre (nel 2018 erano il
23%,); un altro terzo (33,2%) crede possa servire se lo fanno in tanti
tutti i giorni (41,1% nel 2018,); l’ultimo terzo (32,1%) si divide tra
chi crede sia un problema troppo grande da risolvere attraverso i
comportamenti dei singoli (17%; nel 2018 erano il 20,2%), chi è poco
disposto a cambiare le proprie abitudini (9,7%; nel 2018 erano il 10,1%)
e chi crede non serva a niente (5,4%; nel 2018 il 5,6%).
Usare lampadine a basso consumo è l’accorgimento preferito; quattro su dieci non vogliono rinunciare ai viaggi in aereo
Per ridurre i consumi molti sono disposti a utilizzare lampadine a basso
consumo (79,4%), ad acquistare prodotti privi di imballaggio in
plastica (74,4%), a ridurre l’uso dell’auto privata (72,2%), a usare
meno i condizionatori d’aria d’estate (71%), e a consumare meno acqua
quando ci si lava (70,1%). Meno apprezzata la possibilità di rinunciare
il più possibile ai viaggi in aereo (59,7%), insieme all’acquisto di
pannelli fotovoltaici per la propria casa (63,2%).
VAPING E TABACCO RISCALDATO. SIGARETTA ELETTRONICA PREFERITA DALLA DONNE. SI CAMBIA PER SENTIRSI PIÙ IN SALUTE
In Italia i tabagisti sono circa il 20% della popolazione di cui il
61,8% uomini e il 38,8% donne (ISS). Nonostante le sigarette
tradizionali restino le protagoniste indiscusse del mercato del tabacco,
negli ultimi anni si è assistito alla crescita del settore di prodotti
senza combustione.
Poco più del 90% di chi consuma prodotti senza combustione usa la
sigaretta elettronica; il 3,4% preferisce i prodotti a tabacco
riscaldato; mentre il 4,9% li utilizza entrambi. Gli uomini più delle
donne utilizzano prevalentemente la sigaretta elettronica (92,6% contro
82,6%); le fumatrici scelgono invece più spesso l’utilizzo combinato di
entrambi i prodotti senza combustione (8,7% contro 4,1%).
Il 43,4% usa i prodotti senza combustione da 2-4 anni e il 23,4% da più
di 4 anni; sono il 18,9% coloro i quali hanno iniziato da 6 mesi-1 anno e
il 14% quanti li utilizzano da meno di 6 mesi.
Le motivazioni che spingono all’utilizzo: prima, la salute
La metà del campione (50,6%) ha scelto questi prodotti ritenendoli meno
dannosi per la salute. Uno su 3 afferma di sentirsi meglio fisicamente;
l’8,3% di aver riscontrato effetti positivi sul proprio corpo e il 6,8%
vuole dare meno fastidio a chi gli è accanto.
Il 66,4% dei fumatori dichiara di aver completamente smesso di fumare le
sigarette tradizionali dopo aver provato i prodotti senza combustione e
il 22,6% ne ha diminuito il consumo. Solo il 5,7% ha mantenuto
invariate le proprie abitudini nonostante utilizzi anche questi
prodotti, l’1,1% fa un uso associato di entrambi i prodotti senza
combustione, mentre lo 0,8% ha ripreso a fumare esclusivamente le
sigarette tradizionali.
Tra i modi di fumare, la sigaretta elettronica giudicata la meno nociva
La sigaretta tradizionale è il prodotto considerato più nocivo (94,8%).
Al contrario, la sigaretta elettronica è il prodotto al quale viene
attribuito un minore effetto dannoso (9,1%). Sigaro (83,4%) e pipa
(82,2%) sarebbero nocivi quasi quanto la sigaretta tradizionale.
L’utilizzo dei prodotti a tabacco riscaldato è giudicato pericoloso per
la salute nel 65,7% dei casi. Il consumo di hashish/marijuana invece
viene giudicato in prevalenza molto dannoso, ma con una percentuale
nettamente più bassa rispetto alle sigarette tradizionali, al sigaro e
alla pipa (52,8%).
Tasse in fumo
Per il 64,2% dei consumatori tali prodotti dovrebbero essere esclusi
dalla tassazione, mentre per il 14,3% devono essere tassati; in molti
non hanno saputo o voluto esprimersi al riguardo (21,5%).
Ultimi articoli
- La riforma agraria che mancò gli obiettivi / 2
- Mattarella, leggi
di svolta dall'incontro
con il Pci - Mattarella fermato
per le aperture al Pci - La legalità vero antidoto per la cultura mafiosa
- Natale, un po' di rabbia
e tanta speranza
nella cesta degli auguri - Lotte e sconfitte
nelle campagne siciliane
al tempo di Ovazza / 1 - La legge bavaglio imbriglia l'informazione
- Perché l’Occidente si autorinnega
- Ovazza, storia di un tecnico
prestato alla politica - Si smantella l’antimafia
e si indebolisce lo Stato