Spesa per i rifiuti, record alla Sicilia piena di rifiuti
I comuni italiani, attraverso la Tari, finanziano il costo della gestione dei rifiuti, dalla raccolta allo smaltimento della spazzatura, alla manutenzione degli impianti. Secondo i dati elaborati dall’associazione Openpolis e relativi all’anno 2014, le maggiori città italiane spendono cifre differenti e tra loro quella che ha speso la cifra più alta è Padova, con 334 euro per ogni abitante. Seguono Napoli, con 318 euro pro capite, e Venezia, con 310,80.
Al quarto e quinto posto, Catania (258 euro) e Roma (227 euro). Tutte le città considerate si trovano sopra la soglia dei 200 euro pro capite, tranne tre. Si tratta di quelle collocate agli ultimi tre posti: Bologna (181,73 euro), Trieste (151,31 euro) e Verona (145 euro). In Sicilia l’elaborazione Openpolis dei dati 2014 ha preso in esame 338 comuni delle 9 province siciliane.
Facendo un focus sui capoluoghi di provincia, la spesa di Agrigento (14 posto nella classifica dei comuni italiani) è stata pari a 444,66 euro, quella di Siracusa a 262,62 euro, quella di Catania a 258,22 euro, mentre quella di Palermo è stata di 201,47 euro. Seguono Trapani con 181,92; Ragusa con 174,72; Enna con 154,84 e Caltanissetta con 2,36 euro. Sul podio dei comuni dell’isola c’è Malfa, in provincia di Messina, posizionato al quinto posto della classifica dei comuni italiani, che nell’anno 2014 ha speso 1260,05 euro.
Lo seguono due comuni della provincia di Palermo collocati rispettivamente al nono e al decimo posto della classifica dei comuni italiani- Campofelice di Fitalia con una spesa pari a 1009,3 euro e Sclafani Bagni con una spesa pari a 994,20 euro- e poi due comuni della provincia di Messina, Santa Marina Salina con una spesa pari a 816,51 euro e Santa Domenica Vittoria con una spesa pari a 712,05 euro. Il paese siciliano che ha speso di meno è Santa Cristina Gela (Pa) con nessuna spesa procapite nel 2014 e quindi posizionata al 7692 posto nella classifica italiana.
La tassa sulla raccolta e sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani nel corso degli anni ha cambiato nome e ragione giuridica. Nel 1993 venne istituita la Tarsu (tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani), nel 1997 la Tia (tariffa di igiene ambientale), nel 2011 la Tares (tassa sui rifiuti e servizi). Nel 2013, infine, con la legge di stabilità, il nome del tributo è diventato Tari (tassa sui rifiuti). A prescindere dal nome, i soldi raccolti attraverso questo prelievo vengono spesi per la gestione della spazzatura in tutte le città italiane.
La voce “rifiuti” comprende tuttavia tutte le uscite destinate non solo al servizio di raccolta rifiuti, ma anche alla manutenzione degli impianti necessari per la raccolta e lo smaltimento degli stessi (come, ad esempio, discariche o inceneritori). Nell’elaborazione dei dati forniti dall’associazione va tuttavia segnalato che l’aggregazione, fatta a partire dal solo bilancio del comune, non comprende le spese effettuate da eventuali partecipate o aziende speciali.
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