Sindaci in marcia per la legalità sui Nebrodi

Società | 21 maggio 2016
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A Sant'Agata di Militello è un sabato nuvoloso, con il sole che squarcia il grigio e piano piano impone la sua forza, scaldando l'aria. E' un pomeriggio di maggio e cinquemila persone, siciliani, irrompono con forza nel piccolo paese dei Nebrodi dissipando il grigiore di un terribile attentato ai danni di Giuseppe Antoci, il presidente del Parco dei Nebrodi, salvato dalla prontezza degli uomini della scorta e di un vicequestore fuori servizio,che hanno messo in fuga i mafiosi nel buio dei boschi.

Ci sono tanti ragazzi delle scorte, lo sguardo fiero e la testa alta, non nascondono la tensione per quello che è appena accaduto. Anche colui che ha protetto Antoci facendogli scudo con il proprio corpo è lì, già tornato al lavoro. Ha gli occhi lucidi, è commosso, ma terribilmente orgoglioso. “Ho fatto solo il mio dovere – ripete – non mi fermo, non voglio. Sono stati gli attimi più lunghi della mia vita, tutto mi è passato davanti, ma non ho esitato a reagire immediatamente. Ho visto negli anni i miei colleghi morire, conosco quel dolore, alcuni proteggevano Falcone e Borsellino. Oggi il mio pensiero va anche a loro. Quella notte, una volta in salvo, sono andato a casa e ho abbracciato mia moglie. E' stato il momento in cui ho ricominciato a vivere”.

E' un corteo di sindaci, cittadini, associazioni, famiglie, bambini, ragazzi delle scuole che intonano cori per le forze dell'ordine e contro la mafia. All'indomani della visita del ministro Alfano, che ha tenuto lì la riunione sull'ordine e la sicurezza, istituzioni e cittadini inondano Sant'Agata con la propria presenza, perchè l'attenzione non deve calare. Decine di gonfaloni seguono la folla, sono i sindaci, quelli che ogni giorno vivono le realtà più difficili, a testa bassa, pieni di coraggio e ostinazione.

Dalla sede del parco, si snoda un lungo serpentone che attraversa le vie principali del paese fino a giungere davanti al municipio, dove prendono la parola le autorità presenti all'iniziativa e lo stesso Antoci che esordisce così “Io voglio iniziare subito dicendo una cosa che ripeto da giorni, questa terra non ha bisogno di eroi, questa terra ha bisogno di normalità. Io ho fatto solo il mio dovere, non ho fatto nulla di particolare e da questa piazza, da questi sguardi, parte un segnale chiaro ed inequivocabile, siamo contro la mafia, lo dicono i ragazzi in piazza, lo dicono i sindaci. Facciamo questo, non perchè siamo sognatori o vogliamo fare le passerelle, ognuno di noi si deve ritagliare una fetta di responsabilità nell'essere cittadino, amministratore, nell'essere studente, ognuno per la propria parte.

Perchè quando ognuno nel proprio ruolo si ritaglia un pezzetto di responsabilità, non c'è la sovraesposizione di una persona ma c'è un corteo come questo che si muove, una strada intasata di coscienze come oggi, davanti alle quali la mafia è come un pugile all'angolo di un ring. Sono loro che devono avere paura, non siamo noi. Questa terra può avere un futuro solamente se facciamo delle scelte importanti. Sarò grato per sempre a voi per questa pacca sulle spalle, perchè la date a me ma la date anche a mia moglie e alle mie figlie che certamente non vivono un momento di serenità.

La forza delle idee va trasferita alle famiglie, alle scuole e se io alle spalle non avessi avuto una famiglia e le mie figlie che, guardandomi negli occhi per ben due volte, quando ho cominciato a ricevere le minacce e l'altro giorno, mi hanno detto: papà perderesti la nostra stima se ti fermassi. Senza di loro, non potrei fare la scelta che ho fatto, che è quella di non fermarmi, di andare avanti, per una Sicilia migliore, per le nostre coscienze e voglio dire da questo palco che lo Stato c'è, vince e reagirà in una maniera che non hanno neanche idea”.

Al suo fianco sul palco, ci sono i sindaci di circa cinquanta comuni, guidati da Fabio Venezia, il sindaco di Troina, anch'esso sotto scorta per le minacce mafiose che continua a ricevere, c'è il presidente della Regione Rosario Crocetta e quello dell'assemblea regionale Ardizzone, il presidente del Centro studi Pio La Torre, Vito Lo Monaco, c'è l'antiracket di Tano Grasso e Renzo Caponetti, il senatore Lumia. E sotto il palco, mischiati tra la folla, si scorgono i volti di sindacalisti, familiari di vittime di mafia, deputati ed ex deputati. Un popolo variegato, ma unito ieri più che mai, in un coro unanime che grida libertà.

 di Francesca Scaglione

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