Si aggrava il deficit di bilancio, la Regione sul baratro
Il re è nudo. Come nella fiaba di Andersen gli occhi ingenui di un bimbo svelarono l'inganno del sarto di Corte, così bisogna leggere il nuovo DPEF 2016-2018 presentato dall'assessore regionale all'Economia Alessandro Baccei, con gli occhi della verità, a rischio di essere considerati impolitici. Non ci sarà Bilancio della Regione se Roma non concederà le risorse necessarie ad evitare il sostanziale default. Il disavanzo di 1,75 miliardi del 2016 potrà essere coperto solo da risorse nazionali, concesse dal governo centrale, perché gli impegni assunti con Bruxelles e gli orientamenti romani vietano -per fortuna- di utilizzare per la spesa corrente le risorse destinate allo sviluppo. Lo “sforzo per non utilizzare le risorse del FSC”di cui parla il documento è in realtà la constatazione che non sarà possibile riproporre gli escamotages degli ultimi anni e l'andazzo che ha consentito di nascondere una condizione di sostanziale default. Se agli otto miliardi di deficit accertati dalla Corte dei Conti, aggiungiamo le previsione del Documento consegnato ieri all'ARS, siamo ormai a dieci miliardi di deficit. Una situazione ormai insostenibile, affrontabile solo con un radicale cambio di paradigma di cui non si trova traccia nel dibattito politico regionale. Si era prevista per il 2014 una crescita del Pil pari allo 0,9%; eppure sarebbe bastato guardare le indagini periodiche della Banca d'Italia per accorgersi che l'economia di tutte le regioni meridionali si trovava ancora in un ciclo negativo e che, perciò, anche quella siciliana sarebbe rimasta ferma sul rosso. D'altronde, come avrebbe potuto crescere l'economia siciliana in assenza di condivise e realistiche politiche di sviluppo? Si scrive di ben due miliardi di evasione fiscale l'anno, ma cosa si è concretamente fatto per avviare un'azione costante e seria di recupero, aldilà dei soliti annunci roboanti? C'è di peggio: non vedo nel documento di programmazione economica e finanziaria alcuna strategia per utilizzare la ripresa, seppur debole e contraddittoria, che in qualche modo riverbererà anche sulla Sicilia. Sono stati approvati i programmi operativi dei fondi strutturali, ma essi hanno solo deboli collegamenti con le strategie di politica dei fattori produttivi e dei settori che la regione dovrebbe impostare. In forza di ciò, ci troveremo probabilmente a ripetere- tranne qualche eccezione- la tragicommedia dei ritardi e dello spreco dei fondi strutturali: nessuno ne parla e sulla porta dei vertici della burocrazia regionale è affisso il cartello “non disturbare”, mentre scelte decisive per il futuro dell'isola si consumano nelle segrete stanze. ”. Mi chiedo perché in Sicilia manchi quasi del tutto un movimento di massa capace di far sintesi ed organizzare il disagio sociale diffuso. E' facile prevedere che nelle prossime settimane tutti coloro il cui “pane” dipende dalla spesa regionale si metteranno in moto per difendere se stessi; nella condizione data, a nessuno si potranno chiedere sacrifici in nome di un “bene collettivo” sempre più lontano ed indistinguibile. La Sicilia non riesce ad agganciare la ripresa, ma la politica continua ad occuparsi di se stessa, a discettare sul tasso di “cuffarismo” dei nuovi acquisti del centrosinistra. A cosa e a chi serve una vicenda politica che, ormai da mesi, si trascina stancamente da un presunto scandalo all'altro, in un'atmosfera che diventa sempre più mefitica? Quanto è avvenuto nell'isola nel corso dell'estate e quanto continua a succedere in questi giorni (e ciò che potrebbe accadere nei giorni a venire) suscita turbamento e preoccupazione. Percepisco che siamo ad un altro dei tornanti che la storia siciliana ha più volte conosciuto nell'ultimo cinquantennio; tornanti pieni di insidie, soprattutto perché oscure appaiono le ragioni del contendere e fortissima si avverte la necessità della trasparenza. Ecco, sono l'assenza di trasparenza, l'oscurità rispetto ai contenuti reali dei problemi in campo, la scarsa o nulla comprensibilità dei messaggi che si intrecciano, che mi fanno temere che nelle prossime settimane ci attendano sorprese ancora più amare. A mio avviso, proprio la trasparenza e l'apertura di un confronto con le “carte in tavola” è ciò che dovrebbe chiedere unitariamente il sindacato confederale siciliano che, oggi, resta uno di pochi soggetti sociali dell'isola la cui credibilità non sia stata intaccata. Un confronto da sostenere con un movimento di massa che assuma obiettivi non corporativi, di radicale cambiamento e sappia dare una risposta alla crescente frammentazione del mondo del lavoro provocata anche dalla politiche del governo Renzi Quando una situazione si fa veramente difficile, generalmente si dice che siamo arrivati al fondo del barile. Stavolta, temo che le cose stiano ancor peggio: potremmo scoprire che il barile non ha più il fondo e siamo destinati a precipitare all'infinito.
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