Sette anni fa la strage di Lampedusa, quel “Mai più” tradito dai governi

Società | 3 ottobre 2020
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Sette anni fa il naufragio che indignò l’Europa venuta al capezzale di Lampedusa per dire «mai più». Invece di stragi e naufragi ce ne sono stati anche dopo. Tanti. Tantissimi. Il 3 ottobre 2013, a poche centinaia di metri dall’isola, a circa mezzo miglio, un barcone con a bordo 500 migranti è affondato provocando la morte di 368 uomini, donne e bambini. «Il 3 ottobre non è un giorno come tutti gli altri», è il titolo di un breve video diffuso in queste ore per ricordare ciò che avvenne in quell'alba tragica. Una iniziativa del Comune di Lampedusa e Linosa, ente capofila del progetto europeo «Snapshots from the Borders», che coinvolge 35 partner di 13 Paesi Ue (comprese 19 città e isole di confine, impegnate in prima linea sul fronte dell’accoglienza e dell’integrazione), con il sostegno di Uclg, organizzazione che riunisce le città, i governi locali e le associazioni municipali di tutto il mondo. Il video rievoca l’immagine di «mare calmo» per ribadire il valore della «memoria collettiva» di quella tragedia e sostenere la campagna «No More Bricks in the Wall» del progetto Snapshots affinchè il 3 ottobre diventi Giornata europea della memoria e dell’accoglienza. Infine un appello affinchè «il Mediterraneo diventi un mare di pace», in linea con il percorso di dialogo internazionale intrapreso da Lampedusa. «Bisogna affrontare il tema dei flussi migratori entrando nel merito degli aspetti reali - sollecita il sindaco Totò Martello - evitando di lasciarlo alle strumentalizzazioni della ricerca del consenso politico».

Quel drammatico naufragio, ricordano Unhcr e Oim, «provocò dolore e indignazione, e mobilitò una risposta di ricerca e soccorso in mare senza precedenti che nel corso degli anni si è però nettamente indebolita. Dal 3 ottobre 2013 hanno perso la vita nel Mediterraneo oltre 20 mila persone».

«Al di là della regolare presenza di Unhcr a Lampedusa, essere qui per il 3 ottobre - sottolinea Chiara Cardoletti, Rappresentante dell’Unhcr per l’Italia, la Santa Sede e San Marino - è per noi un dovere civico e morale. Non possiamo accettare che donne, bambini e uomini in fuga dalla violenza continuino a perdere la vita in mare per una carenza di mezzi di soccorso. Non è sostenibile che il soccorso in mare sia delegato al lavoro della Guardia costiera italiana, a poche organizzazioni non governative e a mercantili che non sono attrezzati per il salvataggio e il trasporto di persone vulnerabili. Come non è sostenibile che solo agli stati costieri sia lasciato l’onere esclusivo dell’accoglienza di chi arriva via mare. Occorre un piano comprensivo che coinvolga tutti gli Stati membri dell’Ue, dal salvataggio all’accoglienza».

L’Unhcr, Agenzia Onu per i rifugiati, e l’Oim, Organizzazione internazionale per le migrazioni, ribadiscono «l'urgenza di ripristinare un’operazione efficace di ricerca e soccorso nel Mediterraneo e di istituire un meccanismo stabile e coordinato di sbarco e redistribuzione automatica dei richiedenti asilo negli Stati membri della Ue».

Le morti nel Mediterraneo, afferma Laurence Hart, direttore dell’Ufficio di coordinamento dell’Oim per il Mediterraneo, «continua a essere un’emergenza in termini umanitari che non può essere ignorata. Il 3 ottobre resta una data che ci ricorda come il salvataggio di vita umane debba sempre restare la priorità numero uno. In tal senso ci auguriamo che il riferimento all’importanza delle attività di ricerca e soccorso in mare menzionato nel recente patto della Commissione europea su migrazione e asilo possa stimolare gli stati europei a impegnarsi in modo più coordinato ed efficace su questo aspetto così essenziale, che può essere affrontato solo attraverso una maggiore condivisione di responsabilità a livello europeo».

Le due organizzazioni delle Nazioni Unite partecipano alle iniziative di commemorazione a Lampedusa insieme a organizzazioni della società civile, rappresentanti delle istituzioni governative locali e nazionali, sopravvissuti e parenti delle vittime del naufragio del 3 ottobre, rappresentanze di studenti e classi con didattica a distanza da tutta Italia per «mostrare solidarietà con i rifugiati e i migranti, e ribadire ancora una volta che salvare le vite in mare è un imperativo umanitario».  



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