Dei 44mila occupati in meno registrati a febbraio, 42mila sono donne. Gli ultimi dati ci dicono che le donne hanno cercato maggiormente lavoro, ma lo hanno trovato di meno. E anche che lo hanno perso con più facilità. Ma la ripresa del mercato del lavoro non può prescindere dall’occupazione femminile.
La crisi dal manifatturiero ai servizi
Meno 44mila occupati nell’ultimo mese. E 42mila sono donne. Questo dicono i
dati pubblicati il 31 marzo dall’Istat, a testimonianza della debolezza del
mercato del lavoro femminile in Italia. Rallenta così la riduzione del gap occupazionale tra uomini e
donne che il nostro paese ha sperimentato negli ultimi anni, principalmente per
un impatto più forte della crisi sull’occupazione maschile.
La crisi ha
inizialmente colpito settori dove tipicamente è più presente la forza lavoro
maschile, come il manifatturiero. Ora però sembra si stiano concretizzando i
timori che le modalità con cui è stata data una risposta alla crisi, in
particolare con riduzioni nell’offerta dei servizi pubblici, penalizzino in
maniera particolare le donne. Sia perché nel settore dei servizi, soprattutto se
a offerta pubblica (pensiamo alla sanità), le donne lavorano in percentuali
maggiori, sia perché di quei servizi possono beneficiare quando devono
conciliare lavoro e famiglia (pensiamo ai nidi).
Gli ultimi dati ci dicono
che le donne hanno cercato lavoro di più e lo hanno trovato di meno – il tasso
di disoccupazione femminile è salito – e che lo hanno perso con maggiore
intensità – il calo negli occupati è quasi tutto femminile. Il tasso di
occupazione femminile oscilla ormai da un quinquennio tra il 46 e il 47 per
cento, non mostrando mai una decisa risalita e lasciandoci sempre in fondo alle
classifiche europee.
Incentivi e effetti differenziati per genere
Possiamo sperare che i numeri sulle nuove assunzioni che Inps e ministero del
Lavoro stanno diffondendo in questi giorni siano il segnale atteso di una
ripresa del mercato del lavoro? In particolare, qual è la distribuzione per
genere dei nuovi contratti? Questa informazione non è ancora stata data.
Il
beneficio degli sgravi contributivi cui hanno accesso le imprese dal 2015 per
assunzioni a tempo indeterminato porta a maggiori assunzioni per entrambi i
generi o è concentrato sugli uomini oppure sulle donne?
Il lavoro a tempo
indeterminato promesso dal Jobs act beneficerà la forza lavoro femminile, che
sconta una maggiore presenza nei contratti a tempo determinato, o riguarderà in
uguale misura tutti i lavoratori? Sgravi contributivi o contratti a tutele
crescenti non sono misure con una esplicita dimensione di genere poiché
riguardano l’intera platea di nuovi lavoratori, ma poiché le dinamiche di
accesso e partecipazione al mercato del lavoro di uomini e donne sono
differenti, è importante valutare se gli effetti di questi interventi siano
differenziati per genere.
Le fragilità specifiche del lavoro femminile hanno
poi portato all’introduzione di misure ad hoc per sostenerlo nelle
deleghe del Jobs act, come gli incentivi fiscali per la madri che lavorano.
Questi provvedimenti però non hanno ancora visto la luce.
È importante che il
mercato del lavoro riprenda sia per gli uomini sia per le donne. Per uno
sviluppo equilibrato, per un superamento della specializzazione produttiva, per
un pieno utilizzo delle capacità di tutti. I prossimi mesi ci diranno quanto le
misure ancora parziali finora messe in campo dal governo saranno in grado di
garantire questo obiettivo.(Info.lavoce)