Scuola, la protesta corre da Catania a Milano
Acque agitate nel mondo della scuola dove i docenti hanno per un giorno abbandonato le loro cattedre, incrociato le braccia e sono scesi in piazza per far sentire la loro voce. Sulla scia del Decreto Legge sulla “Buona Scuola”di Renzi che impone la valutazione dei docenti, gli stessi hanno preso in mano la penna rossa per esprimere il loro giudizio sull’operato del governo.
La pagella data al ministro della Pubblica Istruzione, Stefania Giannini, e al Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, li ha visti entrambi bocciati. “Bacchettati”nel merito e nella forma. Se fossero stati a scuola, vista la valutazione a maggioranza elargita dai docenti di tutte le scuole d’Italia di ogni ordine e grado, avrebbero dovuto ripetere l’anno. Con in mano i “numeri”della massiccia adesione allo sciopero, i prof chiedono al Governo di rivedere la loro posizione.
Era da sette anni che non veniva proclamato uno sciopero unitario dei sindacati e il risultato èstato eclatante. Il suono della campanella non ha dato la possibilitàagli studenti -che tuttavia sono scesi in piazza con le loro famiglie a fianco dei docenti- di entrare in classe. Il 5 maggio 2015 èuna data storica: èquella che ha visto il mondo della scuola compatto e ha segnato l’inizio di una “resistenza”. Quella dei professionisti della conoscenza che hanno subìto negli ultimi decenni le politiche di denigrazione della scuola pubblica e della cultura vivendo quotidianamente sulla loro pelle una ferita aperta, scottante.
La Buona Scuola di Renzi ha certamente avuto un merito: “scongelare”dal torpore una categoria di professionisti che ha scaldato i motori e ha fatto partire la catena di montaggio della rivolta il cui coinvolgimento èpassato anche dai social network. I prof hanno alzato la voce e, dopo aver deliberato documenti nei collegi dei docenti, fatto sit-in e flash mob con tanto di lumini e vestiti a lutto per richiamare l’attenzione sulla morte della scuola pubblica, hanno anche incontrato i genitori dei loro alunni in assemblee. Hanno sospeso altresìle attivitàaggiuntive all’insegnamento.
Nella giornata della proclamazione dello sciopero generale hanno sfilato democraticamente tra cori e canzonette dando vita a lunghi serpentoni per le vie delle città. Da Aosta a Bari, da Milano a Roma, fino a Cagliari. Ventimila i manifestanti a Palermo, diecimila a Catania. Gli scioperanti hanno parlato di difesa della democrazia, di libertàdi insegnamento e di dignità. Stavolta vogliono tenere la testa alta e non abbassare la guardia. Rispediscono cosìal mittente il Decreto Legge che li riguarda, che riguarda il loro “futuro”professionale e quello dell’intera nazione.
Buio e pieno di incognite. I docenti contestano le politiche scolastiche avulse dai bisogni concreti. “La buona scuola siamo noi”hanno gridato i docenti in corteo a Palermo. All’istituzione scolastica vengono relegati compiti e funzioni che la stessa non èin grado di sostenere. Sono le cronache a raccontare i disastri delle scuole fatiscenti, dell’assenza di fondi per la garanzia dei servizi essenziali i cui fruitori sono i minori in istruzione. Quella fotografata in piazza dai prof èuna scuola pubblica che, dopo anni di una politica di disinvestimento, cade a pezzi.
Dopo averla vista agonizzante per decenni adesso ne celebrano addirittura la morte. Chiedono di essere ascoltati dalla politica che vuole fare la “rivoluzione”della scuola senza chiamare in causa chi la scuola la fa. Ogni giorno. L’elisir per il governo èl’accentramento dei compiti al dirigente che i docenti talvolta non riconoscono all’altezza del ruolo “manageriale”. La “Buona Scuola”di Renzi non piace a precari, docenti e ATA, per i quali i sindacati congiuntamente, chiedono un piano di stabilizzazioni articolato e immediato che garantisca stabilitàa chi da anni assicura il funzionamento della scuola e la regolaritànella didattica e nella gestione.
Non piace ai lavoratori di ruolo, il cui contratto èal palo da 7 anni e per i quali il rinnovo èuna necessitàperridare anche potere d’acquisto ai loro stipendi. Non piace soprattutto per lo strapotere affidato ai dirigenti attraverso la chiamata diretta dei docenti. E’questo uno dei punti maggiormente criticati nel Decreto Legge “Buona scuola”, quello che ha fatto alzare la temperatura del malcontento e aumentato i mal di pancia dei prof delle scuole di ogni ordine e grado. I docenti paventano la possibilitàdi finire nel tritacarne del clientelismo e del ricatto da parte dei loro capi, nonchédi rimanere fuori dagli albi territoriali dove a decidere la loro permanenza èil loro dirigente.
Temono di divenire “oggetto”di un ricatto senza precedenti mandando in frantumi cosìla libertàdi insegnamento citata nella Costituzione Italiana. “Il governo Renzi non puòfar finta di niente - ha detto Mimmo Milazzo, segretario regionale della Cisl - ora ha il dovere morale di ascoltare chi la scuola la vive e la conosce, migliorando il testo del DDL”. Secondo le stime della FLC CGIL in Sicilia ha aderito allo sciopero il 90% dei docenti e il 70% del personale Ata e moltissime scuole sono rimaste completamente chiuse. “Dedichiamo lo straordinario successo della mobilitazione- ha detto Michele Pagliaro, segretario regionale della Cgil- a Matteo Renzi e a Davide Faraone che proprio ieri ha detto che sarebbe stata la protesta di una minoranza chiassosa”.
Nel corteo non solo docenti di ruolo, ma anche precari e semplici cittadini. C’erano anche i pensionati pronti a difendere il futuro dei loro nipoti, la Fiom, il Nidil con i co.co.coex Lsu della scuola, il Cidi e tutte le categorie, dalla Flai alla Fisac, dalla Fillea alla Filcams. Durante il comizio che si èsvolto a piazza Verdi a Palermo, Marisa Cuccìdella segreteria regionale della Flc Cgil ha citato una poesia di Khalil Gibran: “Non investendo sulla scuola si accresce l’ignoranza e l’assenza di pensiero critico nelle giovani generazioni”. “Quello che fa la differenza- ha sottolineato Cuccì- èun’educazione pubblica come mezzo di inclusione, di integrazione sociale e culturale, di promozione di opportunità”. Dal palco si sono susseguiti anche gli interventi di Mauro Giordano della Rete degli Studenti Medi, del segretario regionale della Cisl Scuola, Dionisio Bonomo, del segretario della Uil Scuola, Noemi Rainieri, e di Gianluigi Dotti della Gilda Nazionale.
L’onda dei docenti in rivolta pare non destinata ad arrestarsi facilmente e si dichiarano pronti ad alzare le vele del dissenso e a cavalcare il mare burrascoso fin quando non saranno prese in carico le loro istanze. La costruzione del senso e del consenso parte proprio dalla base, ma stavolta il governo italiano puntando dritto al vertice ha creato un eccessivo malcontento. La temperatura sale sempre più: saràun vero braccio di ferro. Anche se il premier Renzi cerca di calmare le acque invitando al dialogo: pronti a modificare il progetto.
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