Scuola ed educazione civica, patto per la cittadinanza attiva

Società | 13 settembre 2021
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In alcuni paesi europei, come Inghilterra e Romania, viene trattata come disciplina a sé stante, distinta dalle altre. In altri casi il suo insegnamento è trasversale alle diverse materie scolastiche, con il coinvolgimento di tutti gli insegnanti nell’offerta formativa in questo ambito. Una terza opzione, invece, ne prevede l’integrazione nel programma di altre materie, solitamente quelle umanistiche o relative alle scienze sociali, come la storia. 

Stiamo parlando dell’educazione civica, che in Italia, ormai da due anni, costituisce una disciplina obbligatoria e trasversale alle diverse materie, con voto e per tutti i gradi di istruzione, come previsto dalla legge 92/2019 che ne ha reintrodotto l’insegnamento. La legge italiana indica anche in 33 le ore annue minime che devono essere dedicate all’insegnamento dell’educazione civica e individua tre assi contenutistici principali: Costituzione, studio delle istituzioni nazionali ed europee, delle leggi; sviluppo sostenibile e agenda 2030; cittadinanza digitale. Tutte competenze che mirano alla formazione della cittadinanza attiva, a cui la scuola è chiamata in prima linea ad educare i cittadini sin dalla giovane età. Tra queste, la cittadinanza digitale ha assunto una importanza crescente nel tempo considerato l’aumento dell’uso delle tecnologie. Fenomeno, questo, accompagnato dal divario in termini di utilizzo. 

A tal riguardo, Openpolis riporta che il 73,7% degli studenti provenienti da famiglie socialmente ed economicamente avvantaggiate usa internet per leggere notizie. Tra coloro che appartengono a famiglie più svantaggiate, invece, questa percentuale scende al 60,4%. Oltre al divario socio-culturale, vi è anche quello geografico. Stando ai dati provenienti dal Miur e risalenti al 2018, è Milano la città italiana con la più alta percentuale di studenti, il 44%, che studia in un plesso con oltre 10 pc o tablet, contro il 36-37% di Roma e Napoli. A Torino sono poco meno del 35%, mentre a Genova e Palermo si attestano sul 31%. Al contempo, secondo le informazioni ricostruite dal portale “Scuola in chiaro”, relative all'anno scolastico 2018/19, quindi prima dell’emergenza Covid, negli scorsi anni le regioni del mezzogiorno hanno mostrato progressi significativi nella dotazione di pc grazie all'uso dei fondi europei stanziati a tale scopo.

Sul ruolo della formazione alla cittadinanza attiva nelle scuole, Openpolis ci ricorda l’ultima indagine dell’ICCS (international civic and citizenship education study) condotta in 23 paesi nel 2016 e tesa a verificare la preparazione di ragazze e ragazzi tra 13 e 14 anni nel diventare futuri cittadini. L’Italia, con i suoi 3.500 studenti delle scuole medie che hanno partecipato a quella ricerca, su un totale di 94.000 studenti internazionali coinvolti, si è piazzata all’undicesimo posto, con 524 punti. Un punteggio sopra la media internazionale in termini di conoscenze civiche, superiore anche a quello dei Paesi Bassi (523). Lontana, comunque, da quei Paesi che occupano i primi posti della classifica quali Danimarca (586), Taipei Cinese (581), Svezia (579), Finlandia (577), Norvegia (574). 

Sono, dunque, soprattutto i paesi europei quelli in cui i giovani mostrano maggiori conoscenze civiche. Ed è proprio in Europa che l’insegnamento dell’educazione alla cittadinanza avviene per lo più attraverso la combinazione tra un criterio trasversale alle diverse materie e quello dell’integrazione nel programma di specifiche materie, come la storia. Tutti gli insegnanti, pertanto, sono responsabili, ma vi è anche una attribuzione specifica per alcune materie. Nel contesto europeo, inoltre, la formazione alla cittadinanza dei giovani avviene anche in contesti non formali grazie ad una serie di programmi finanziati dall’UE, come Erasmus+.

Alida Federico



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