Scarpinato: in calo la fiducia nella giustizia

Società | 30 gennaio 2016
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«Alcuni reati, come estorsioni e usura, non vengono denunciati per una scarsa fiducia nella giustizia. Altri come quelli della pubblica amministrazione non vengono denunciati per paura di ritorsioni di tipo amministrativo. Mi chiedo quanta giustizia effettivamente riesce a dare questo sistema?». Lo ha detto il Procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, durante la cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario a Palermo. «C'è una crisi della giustizia penale ordinaria - ha spiegato - Per esempio il meccanismo della prescrizione, unico di questo tipo in Europa, vanifica in molti casi il lavoro della magistratura. Se i vantaggi della commissione del reato sono maggiori degli svantaggi e dei rischi penali, allora questo sistema non può funzionare. Questo vale anche nelle confische. Il costo penale è comunque irrisorio rispetto ai vantaggi economici avuti, anche perchè spesso i patrimoni finiscono in paradisi fiscali». E ha continuato:  «Non mi sento di poter condividere l'ottimismo del ministro che crede che la riforma possa risolvere molti dei problemi attuali. Non basta solo azionare le leve del deflazionamento penale, bisogna ripristinare la capacità del diritto penale di irrorare in concreto le pene necessarie, recuperando la fiducia dei cittadini». «Vogliamo formulare un appello al ministro - ha aggiunto - vogliamo chiederle di farsi promotore di un'azione di legge che preveda l'inserimento dei rilevanti reati in materia di corruzione nell'elenco dei reati per cui è previsto il raddoppio dei tempi di prescrizione»Il pg di Palermo, Roberto Scarpinato ha rivolto un appello al ministro della Giustizia, presente alla cerimonia che si è tenuta nel capoluogo siciliano, perchè siano raddoppiati i tempi di prescrizione della corruzione. Appello accolto dal Guardasigilli che ha però ricordato come il testo approvato dalla Camera vada «esattamente in questa direzione».  Una frase pronunciata a Palermo dal ministro - «la politica ha mostrato forse troppatimidezza nell'intervenire e stabilire le regole per chi le regole è chiamato ad applicarle»cioè della magistratura - ha rischiato di alimentare equivoci. Così Orlando ha volutoprecisare che intendeva riferirsi al passato e in particolare all'«aver lasciato spazi didiscrezionalità ampia per esempio non regolando attraverso norme i compensi e lemodalità di affidamento degli incarichi agli amministratori giudiziari». «Ora si è aperta unastagione nuova di dialogo con la magistratura», ha aggiunto il Guardasigilli.  

  

 GALLUCCIO: A MESSINA CARENZA ORGANICI 


 «Il quadro generale del funzionamento dell'amministrazione giudiziaria nel Distretto continua a registrare una situazione difficile, a causa delle scoperture negli organici che, in ogni caso, dovrebbero essere dimensionati, non alle sopravvenienze, ma rispetto ai carichi di lavoro, i quali - come risulta dalla elaborazione statistica comparativa tra tutti i 139 tribunali italiani, effettuata dal Dog, sono tra i più alti d'Italia». A dirlo durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario il presidente della Corte di Appello di Messina Michele Galluccio. «In stretta connessione con la questione della durata dei processi, si pone quella degli indennizzi di cui alla legge Pinto, il cui arretrato, con risultati già definiti straordinari, è stato abbattuto grazie all'impegno dei magistrati della Corte - ha aggiunto - A questo proposito, appare doveroso segnalare che la cifra liquidata dall'ufficio ragioneria della Corte e corrisposta per indennizzi ex legge Pinto (oltre 25 milioni di euro nel corso del decennio 2005-2015), rappresenta un fiume inarrestabile di denaro pubblico che è destinato, inevitabilmente a scorrere ancora per molti anni. Di fronte alla entità di tali cifre, viene da interrogarsi, se non sarebbe stato più conveniente assumere per un determinato periodo, dei magistrati onorari il cui compenso complessivo, di certo, sarebbe di gran lunga inferiore all'enorme esborso per gli indennizzi».

   

TAFURI: A CATANIA SITUAZIONE UFFICI DISASTROSA 


 «Non è per nulla mutata in quest'ultimo anno la disastrosa situazione degli uffici catanesi, insufficienti nelle strutture e dispersi sul territorio cittadino, con conseguenze pesantemente negative sul regolare e dignitoso esercizio della giurisdizione locale, e per di più, per come si dirà, limitativa di una seria prospettiva di miglioramento del servizio al cittadino». Lo ha detto stamane a Catania nella relazione letta durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario il presidente facente funzioni della corte d'appello di Catania Carolina Tafuri, aggiungendo come «non deve suscitare sorpresa nè meraviglia se l'esordio di questa relazione viene dedicato alle problematiche logistiche che da tempo affliggono gli Uffici giudiziari aventi sede nella città capoluogo del distretto».  Tafuri, prendendo in esame il periodo che va dal primo luglio del 2014 al 30 giugno del 2015, ha parlato di un quadro logistico «per nulla confortante», definendo «decisamente inadeguata» la situazione dei locali destinati alla Corte di Appello e quella degli altri uffici« e sottolineando come ciò abbia »costretto il presidente del Tribunale a prospettare la riprogrammazione dei calendari d'udienza dei giudici civili, con un inevitabile allungamento dei tempi processuali«.  »Anche nel periodo in esame - ha aggiunto Tafuri - risulta confermato il buon andamento della giurisdizione civile e penale nel distretto, anche grazie al ridimensionamento percentuale dell'handicap costituito, in anni recenti, dai vuoti d'organico del personale di magistratura che pur continuano ad affliggere parte degli Uffici del distretto, e in particolare quelli di primo grado. Allo stato tali scoperture si attestano su una percentuale media del 6,27 per gli Uffici giudicanti e del 7,45 per gli Uffici requirenti, comunque inferiori alle medie nazionali«. Tafuri ha anche parlato del »grido di dolore« che viene dalla Procura distrettuale della Repubblica di Catania, che reclama come »ormai indilazionabile l'adeguamento dell'organico dei magistrati anche in rapporto a quell'enorme sommerso di criminalità e di illegalità e di illegalità che viene ad emersione proprio attraverso la più efficace azione dei pubblici poteri».  

CARDINALE: «I CLAN MAFIOSI SANNO COME RIGENERARSI»



La mafia nel Nisseno è ancora forte e pericolosa. È un comune denominatore sul quale si sono soffermati il presidente della Corte di Appello Salvatore Cardinale e il procuratore generale Sergio Lari, nei loro interventi all' inaugurazione dell' anno giudiziario a Caltanissetta. Con sfumature apparentemente diverse, hanno posto l' accento sulla pericolosità delle cosche mafiose.Lo ha fatto il presidente della Corte di Appello Salvatore Cardinale quando ha detto che: «Le organizzazioni criminali, sotto la regia di alcuni "inossidabili" affiliati di rango, continuano a rigenerarsi e a riprendere la tradizio nale capacità d' azione giacché i pesanti interventi subiti, sebbene abbiano causato la cattura di schiere di malavitosi di prima e seconda linea, non hanno sgretolato la propensione dei mafiosi all' illecità e ad operare come sempre hanno fatto "imporre il pizzo, inquinare la vita pubblica, gestire traffici illeciti". Si conferma - ha continuato Cardinale- il potere direttivo dei capi più carismatici i quali, anche dal carcere, continuano a elaborare strategie criminali». Lo ha fatto infine il procuratore generale Sergio Lari quando ha sottolineato che: «Dal gennaio 2004 al dicembre 2013 sono stati iscritti nel nostro distretto per reati di tipo mafioso 9.320 indagati noti. Questi dati non devono stupire più di tanto - ha sostenuto Lari -, poiché il territorio del distretto di Caltanissetta vanta antiche tradizioni mafiose: in esso, infatti, come ci hanno raccontato decine e decine di collaboratori di giustizia, imperversano due organizzazioni mafiose - cosa nostra e stidda - che in passato si sono rese protagoniste di una guerra di mafia con centinaia di morti, ma che dal 1992 hanno stipulato un patto di non belligeranza spartendosi affari e controllo del territorio. Del resto non va dimenticato che la Dda nissena, che in questi anni si è resa protagonista di una azione di contrasto nei confronti della criminalità mafiosa con centinaia di arresti e condanne, oltre che con confische di patrimoni illeciti per diverse decine di milioni di euro, gestisce oltre 130 collaboratori di giustizia e 50 detenuti sottoposti al 41 bis. Dalle indagini è, perfino, emerso che le organizzazioni mafiose hanno progettato attentati per bloccare le iniziative della Magistratura e delle forze dell' ordine nei loro confronti. Come dimenticare, infatti, che nel gennaio 2010 tanti cittadini sono scesi in piazza per manifestare solidarietà ai magistrati di Caltanissetta minacciati di morte e che nell' aprile del 2015 si è acquisita la notizia di un progetto di attentato di matrice mafiosa nei confronti di Gabriele Paci - recentemente nominato dal Csm procurato re aggiunto a Caltanissetta - e di alcuni suoi familiari». Il procuratore Lari ha anche aggiunto che «molti giovani condannati alla disoccupazione, piuttosto che emigrare, cedono alle lusinghe del malaffare ed all' abbraccio della criminalità nella prospettiva di facili guadagni».In un passaggio Lari si è anche occupato di terrorismo: «Anche la procura di Caltanissetta - ha detto - ha condotto a termine una complessa indagine che ha portato all' arresto di un pakistano per il reato di apologia di delitto aggravata da finalità terroristiche in quanto appartenente ad una organizzazione talebana che si prefigge il compimento di attentati. Uno straniero che si era ben mimetizzato tra le migliaia di richiedenti asilo politico pre senti nel nostro territorio». Lari ha detto che «In Italia i reati di stampo terroristico non sono, per nostra fortuna, sfociati in eventi sanguinosi e drammatici come quelli verificatisi a Parigi.Tuttavia, è diffuso tra la gente un sen sodi insicurezza ampiamente giustificato dal fenomeno della immigrazione clandestina di massa e dalla gravità della situazione internazionale. Non va dimenticato però che tantissimi immigrati stazionano nel nostro territorio perchè in fuga da guerre e persecuzioni e quindi sono alla ricerca di migliori condizioni di vita».Il presidente Cardinale, infine, ha posto l' accento sulle recenti polemiche «che hanno diviso il mondo produttivo e che hanno riguardato imprenditori in passato distintisi per il lo ro impegno contro la mafia ma oggi accusati di averlo strumentalizzato per conseguire interessi propri. Va condiviso - ha proseguito - il pensiero di chi ricorda che la lotta alla mafia non è fatta di proclami e suggerisce di fare pulizia laddove occorra, smascherare le ambiguità, le truffe e le ipocrisie. Occorre tuttavia - ha aggiunto Cardinale - sia evitato il rischio che tali polemiche possano immotivatamente delegittimare l' apprezzamento per l' aria di rinnovamento che in questi ultimi anni si è respirato e si continua a respirare e ci potrebbero essere ambienti che, in malafede, vorrebbero cancellare dalla memoria collettiva il significato concreto e incisivo che l' antimafia militante ha avuto in questi anni anche in questa terra».

BOOM DI CAUSE CONTRO LE BANCHE,  FLOP  DEI CONTROLLI

  

A Milano aumentano le cause dei correntisti e dei risparmiatori contro gliistituti di credito, a Siena crescono le bancarotte e anche nelle Marche si cominciano asentire gli effetti del dissesto di Banca Marche sul tessuto produttivo e sullo sviluppostesso della regione. Ad accendere un faro sull'emergenza banche, alcune delle relazioniche i presidenti delle Corti d'appello e i procuratori generali hanno tenuto nelle cerimonie diinaugurazione dell'anno giudiziario. Non una semplice presa d'atto di quello che staaccadendo, ma anche una denuncia dei controlli interni inefficaci e della scarsa attenzioneriservata a queste vicende da istituzioni, politica e stampa. Che il rapporto di fiducia nei confronti delle banche si sia incrinato lo dimostrano i dati delcapoluogo lombardo: sono pendenti, ha segnalato il presidente facente funzioni della Corted'appello, Marta Chiara Malacarne, 57 procedimenti tra cause bancarie e di intermediazionefinanziaria intentati da risparmiatori che lamentano soprattutto di non essere statisufficientemente informati sull'adeguatezza degli investimenti, sulla «rischiosità dei prodottiproposti». Un numero «rilevante» che si accompagna alla crescita delle bancarotte e di unaltro fenomeno diverso, legato all'Expo: l'incremento del 40% delle controversie civili trasocietà italiane ed estere.  A Siena il dato più vistoso è l' aumento dei reati fallimentari, che c'è stato «anche inconseguenza delle ricadute negative della gravissima situazione finanziaria della BancaMonte dei Paschi di Siena», come ha evidenziato il Pg facente funzioni di Firenze,Francesco D'Andrea. I dati li ha forniti il procuratore di Siena, Salvatore Vitello: nel 2015 ifallimenti dichiarati sono stati 57 contro i 48 del 2014 e i 35 del 2013. E i reati di bancarottafraudolenta patrimoniale sono schizzati a 25 dai 16 dell'anno precedente.  La reprimenda più dura, anche nei confronti di Bankitalia, è arrivata dal Pg di AnconaVincenzo Macrì: sul «più grave disastro bancario mai avvenuto in Italia dopo quelli diSindona e di Calvi», cioè quello di Banca Marche, «l'attenzione della stampa, dell'opinionepubblica e degli organi istituzionali e politici non è stata all'altezza», ha denunciato senza giridi parole. Il dissesto ha portato «anche problemi economici e di sviluppo della regione e neporterà ancora» e chi ha partecipato all'aumento di capitale, fatto nel 2012 di circa 270milioni di euro, «ha perso tutto, proprio perchè la Banca d'Italia non aveva fornito allaConsob le informazioni sulla situazione di dissesto in cui si trovava» la banca. Un monito alla dirigenza delle banche è giunto dall'avvocato generale di Bologna, AlbertoCandi, che ha richiamato il caso Parmalat: «gli amministratori degli istituti bancari, anchenon pubblici, dovrebbero essere ben consapevoli della funzione sociale che svolgono,avendo tra le mani i patrimoni e, in qualche caso, le vite delle persone. Ebbene, deve farriflettere che, nonostante gli episodi di infedeltà nei confronti dei clienti, i controlli funzioninocosì male». Non solo banche: nelle relazioni dei vertici giudiziari non sono mancati altri allarmi, acominciare dalla carenza di personale amministrativo negli uffici giudiziari, che a Milano haraggiunto «livelli inaccettabili, tali da mettere a rischio il regolare funzionamento dei servizi».E un fronte caldo resta quello dalla prescrizione. A Roma - dove peraltro il fenomeno dellacorruzione «sembra aver superato il livello di guardia», come ha avvertito il Pg GiovanniSalvi - è aumentata del 30%. A Napoli - dove i cancellieri, muniti di cartellini rossi, si sonovoltati di spalle per protesta durante l'intervento del sottosegretario alla Giustizia GennaroMigliore - sta diventando «una sorta di amnistia strisciante», ha lamentato il presidente dellaCorte d'appello Giuseppe De Carolis. 
 di Alida Federico

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