Scacco matto alle energie rinnovabili
Le
rinnovabili in Italia faticano a decollare, anzi sono ostacolate sovente da una
burocrazia farraginosa, nonché da blocchi da parte di amministrazioni- locali e
regionali- e da comitati vari. Secondo quanto asserito da Legambiente “a
metterle sotto scacco matto sono normative obsolete, la lentezza nel rilascio
delle autorizzazioni, la discrezionalità nelle procedure di valutazione di
impatto ambientale, blocchi da parte delle sovrintendenze, norme regionali
disomogenee tra loro a cui si aggiungono contenziosi tra le istituzioni. E la
poca chiarezza è anche causa delle opposizioni dei territori che devono
districarsi tra regole confuse e contraddittorie”.
Nel
nuovo report dell’associazione ambientalista “Scacco Matto alle rinnovabili.
Tutta la burocrazia che blocca lo sviluppo delle rinnovabili favorendo gas e
finte soluzioni” vengono raccontate venti storie simbolo di blocchi alle
fonti pulite che riguardano tutta la Penisola. Si va ad esempio dal Veneto
dove il consiglio regionale ha proposto una legge per limitare il fotovoltaico
in aree agricole (contenendo la potenza installabile di impianti solari
fotovoltaici su aree agricole fino ad un massimo di 200 kWp o 1 MWp, in base
alla tipologia di area agricola interessata dall’impianto) ai casi dell’eolico
offshore di Rimini, Taranto, Sicilia e Sardegna (Sulcis). In Sicilia, ad
esempio, dei problemi si riscontrano per la realizzazione dell’impianto eolico
galleggiante nel Canale di Sicilia, un progetto ambizioso ed innovativo da
realizzare in sette anni e che al momento trova forti opposizioni da parte di
alcune amministrazioni, comitati NIMBY e rappresentanti del settore ittico. Tra
le 20 storie raccontate nel report c’è anche il caso dell’impianto a biometano a San Filippo del
Mela (ME), in Sicilia, progetto di riconversione della centrale A2A attualmente
alimentata con olio combustibile, legato ad una vicenda controversa, fin qui
senza lieto fine, in cui è coinvolta la sovrintendenza. C’è poi la questione dell’impianto
a biogas di Pozzallo (RG), ottenuto tramite trattamento anaerobico da rifiuti,
che rappresenta un altro caso di “caos
legislativo e di opinioni” a cui sono sottoposte le rinnovabili.
Legambiente
nel report ricorda che tra le prime criticità che investono lo sviluppo delle
fonti rinnovabili nel nostro Paese c’è la mancanza di un quadro normativo unico
e certo, in grado di mettere ordine e di ispirare le decisioni di tutti gli
attori coinvolti nei processi di valutazione e autorizzativi. Il principale
riferimento è il Decreto Interministeriale del 10 settembre 2010, emanato dal
Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministero dell’Ambiente
(ora Ministero della Transizione Ecologica) e il Ministero per i Beni e le
Attività Culturali. Un testo che ha ormai quasi 12 anni e risulta obsoleto
rispetto a quanto è cambiato non solo in termini di conoscenze delle diverse
tecnologie ma anche di innovazione e applicabilità. Tutti gli ostacoli
riscontrati stanno mettendo a rischio il raggiungimento degli obiettivi europei
climatici che prevedono una riduzione del 55% delle emissioni, al 2030,
rispetto ai livelli del 1990 e una copertura da rinnovabili del 72% per la
parte elettrica. Un obiettivo preciso per mantenere la temperatura al di sotto
del grado e mezzo e che l’Italia con i suoi 0,8 GW di potenza
media annua installata negli ultimi 7 anni rischia di veder raggiunti non prima
del 2100. Eppure, sottolinea Legambiente, se anche solo il 50% delle
rinnovabili oggi sulla carta arrivasse al termine dell’iter autorizzativo, la nostra Penisola
avrebbe già raggiunto gli obiettivi climatici europei. “È urgente – dichiara Stefano Ciafani, presidente
nazionale di Legambiente- snellire le procedure per i nuovi progetti di eolico
a terra e a mare, per l’ammodernamento degli impianti
esistenti, per la realizzazione dell’agrivoltaico che produce elettricità come
integrazione e non sostituzione della coltivazione agricola, per le comunità energetiche
che usano localmente energia prodotta da fonte rinnovabile”.
Legambiente
lancia le sue proposte ribadendo l’urgenza di una revisione delle linee guida,
rimaste ferme al DM del 2010, con un inquadramento aggiornato del comparto
delle fonti rinnovabili e attraverso un lavoro congiunto tra MITE, MISE e
Ministero della Cultura. Il varo di un Testo Unico che semplifichi gli iter di
autorizzazione degli impianti, definisca in modo univoco ruoli e competenze dei
vari organi dello Stato e dia tempi certi alle procedure. Oltre alla
semplificazione dei processi di trasparenza e certezza dei tempi è necessaria
una maggiore partecipazione dei territori sia nell’individuazione delle strategie da
attuare per il raggiungimento degli obiettivi climatici sia nella realizzazione
e individuazione dei siti dove questi devono essere collocati. “È
fondamentale – spiega Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente – mettere
al centro le esigenze dei territori, passando per una partecipazione attiva e
costruttiva degli stessi, in grado di far realizzare 9 GW di fonti rinnovabili
l’anno da qui al 2030. Il paesaggio è un bene comune e inevitabilmente
sarà trasformato dalla presenza delle rinnovabili, ma questa trasformazione
deve avere un valore positivo, con rinnovabili ottimamente integrate che è
quello che tutti auspichiamo, e con ciminiere e gruppi di centrali
termoelettriche che verranno smantellati”.
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