Sblocco dei licenziamenti, l'ira di vescovi e sindacati
“Non si può chiudere improvvisamente l'ombrello", anche
i vescovi bocciano l'ipotesi dello sblocco dei licenziamenti. Il vicepresidente della Cei e vescovo di
Novara, mons. Franco Giulio Brambilla, sottolinea senza mezzi termini che dopo
«il duplice ombrello, l’impossibilità dei licenziamenti e gli ammortizzatori
sociali», «bisogna immaginare un’uscita graduale». «Con tutti i soldi spesi
fino adesso, chiudere improvvisamente l’ombrello farebbe galleggiare, scusate l'espressione,
molti morti», ha aggiunto.
Dopo il blocco dei licenziamenti, al momento lasciato
invariato al 30 giugno invece del 28 agosto come inizialmente ipotizzato,
potrebbero saltare altri 600.000 posti di lavoro, di cui 60 mila in Sicilia. Il
pacchetto dedicato al lavoro contenuto nel decreto Sostegni bis, infatti,
introduce solo una serie di misure di stampo assistenzialistico e politiche
passive che non metteranno le imprese italiane nelle condizioni di poter
promuovere e sostenere l’occupazione, afferma Unimpresa, secondo cui «l'unica
agevolazione concreta riguarda lo sgravio contributivo, ma tale intervento
consente di coprire solo il 10% del costo del lavoro a carico di un’azienda». La
diminuzione dell’occupazione è la vera piaga di questa pandemia con 945.000 posti
di lavoro persi e altri 600.000 pronti a evaporare allo spirare del blocco dei
licenziamenti che con un colpo di spugna all’ultimo istante è stato riproposto»
, commenta il consigliere nazionale di Unimpresa, Giovanni Assi.
«La fine del blocco dei licenziamenti sommata alla mancata
riforma degli ammortizzatori sociali e all’assenza tutt'oggi di politiche per
il lavoro determinerà in Sicilia una catastrofe sociale con il venire meno di
57 mila posti di lavoro», dice il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio
Mannino, che critica da un lato quella che definisce «l'irresponsabilità
sociale della Confindustria», dall’altro l’atteggiamento del governo «che
avrebbe dovuto piuttosto tenere la barra dritta e accelerare sulle riforme e i
provvedimenti oggi invece al palo». Per Mannino, «la gravità della situazione
in Sicilia e nel Mezzogiorno o non è percepita o è sottovalutata. Ci saremmo
aspettati- sottolinea- un ordine inverso dei provvedimenti: prima la riforma
degli ammortizzatori sociali, le politiche attive e la partenza degli
investimenti, poi la fine del blocco dei licenziamenti. Questa oggi
determinerebbe nell’Isola un colpo di scure sul 3% del già esiguo numero di
occupati». Il segretario della Cgil rileva che «oggi ci troviamo in presenza di
risorse teoriche come quelle del Recovery Fund, mentre si pensa a tagliare
quelle reali dei fondi strutturali, ben 500 milioni, in un settore strategico
per la Sicilia come l’agricoltura». «E' una situazione paradossale - conclude
Mannino - è incredibile che il dopo Covid parta da tagli e licenziamenti,
anzichè da investimenti e assunzioni. E’ difficile ipotizzare così una
ripresa».
“Un’ondata di licenziamenti, in una regione che ha già tassi di disoccupazione
altissimi, non la possiamo permettere”, ribadisce anche il segretario generale della Uil Sicilia, Claudio Barone.
«C'è anche il rischio - aggiunge - che vengano tagliate le spese sulla
sicurezza. I lavoratori, scampati al Covid, non possono dovere scegliere tra
morire di fame, perché licenziati, o andare a lavorare in condizioni di
sfruttamento con turni massacranti e senza rispetto delle norme antinfortunistiche.
Per questo continuiamo a chiedere al governo regionale di potenziare da subito
gli organici degli ispettori del lavoro, oggi insufficienti. Senza controlli
sarebbe vanificata qualsiasi normativa. Gli edili - conclude il leader della
Uil Sicilia - saranno domani in piazza, a Palermo, anche contro l’annunciata
liberalizzazione dei sub appalti. Occorre spendere risorse e realizzare le
opere ma bisogna farlo garantendo trasparenza e sicurezza. Non si può dare il
«liberi tutti» con sub appalti selvaggi che vanificherebbero il rispetto di
contratti e nome».
Confindustria, dal canto suo, continua a chiedere la fine
del blocco dei licenziamenti. Per il presidente Bonomi, manca la volontà del ministro del
Lavoro Orlando di affrontare i veri problemi del mondo del lavoro. E scattano
le prime proteste. Il sindacato Usb Lavoro privato proclama 8 ore di sciopero
contro le «decisioni estremamente negative per i lavoratori e estremamente
positive per Confindustria prese dal governo in questi giorni» e contro
«l'ampia libertà alle imprese di peggiorare condizioni salariali e lavorative,
con il massimo ribasso nelle gare e l’ampliamento della possibilità di appaltare
e subappaltare». Lo sciopero di 8 ore sarà articolato a livello provinciale, a
partire dalla prossima settimana, spiega l’Usb, con manifestazioni davanti alle
sedi di Confindustria e alle Prefetture.
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