Santiago-Italia, Moretti rievoca la rivoluzione solidale del 1973
'Santiago-Italià il nuovo film di Nanni Moretti sul Cile passato al
Torino film festival, tre anni dopo "Mia madre", è un
documentario dall’impianto classico, ma con una chiaro intento
morale e la precisa volontà di fare un inevitabile confronto di
"come eravamo» negli anni Settanta e di come siamo diventati.
Dedicato al colpo di stato dell’11 settembre 1973 di Pinochet
che pose fine al governo socialista di Salvador Allende in Cile,
'Santiago, Italià che chiude la 36esima edizione
del Torino Film Festival e in sala dal 6 dicembre con Academy
Two, è una lunga serie di interviste e materiali di repertorio
sulla fine del governo socialista di Allende e sul ruolo
dall’ambasciata italiana a Santiago.
Un’ambasciata che diede
rifugio a centinaia di oppositori del regime (circa 600),
consentendo poi loro di raggiungere l’Italia, unico paese in
Europa che, tra l’altro, non aveva riconosciuto il governo
Pinochet. Insomma cileni migranti che approdarono in un Italia
diversa, quella degli anni di piombo e ideologizzata, un Paese
che li accolse e li integrò con grande accoglienza. Scorrono
sullo schermo in 'Santiago, Italià, tra le altre le voci quelle
dei registi Patricio Guzman e Miguel Littin, delle giornaliste
Marcia Scantlebury e Patricia Mayorga, del traduttore Rodrigo
Vergara, di militari di Pinochet ormai in carcere e,
ovviamente, la testimonianza di Roberto Toscano, l’allora
ambasciatore italiano a Santiago. C'è poi l’avvocato Carmen
Hertz che ricorda il ruolo fondamentale degli Stati Uniti nel
golpe di Pinochet; chi ricorda le torture del regime e chi il
lancio di bambini oltre il muro dell’ambasciata italiana (un
modo estremo per dar loro salvezza). E ancora la testimonianza
del diplomatico Piero De Masi che, di fronte all’invasione della
sede italiana, dice:"pur non avendo risposte ufficiali
dall’Italia decisi alla fine di tenerli tutti».
Tra immagini di repertorio del docu quelle dello stadio-lager allestito da
Pinochet subito dopo il golpe e quelle dei caccia che
bombardarono la Moneda, il loro stesso palazzo presidenziale con
dentro Allende poi trovato morto (per suicidio o assassinato?)
Moretti, di cui si sente la sola voce durante le interviste,
mette la sua faccia, e si vede, solo una volta quando
intervistando un ex ufficiale di Pinochet in prigione (fine pena
2038), il generale Raúl Eduardo Iturriaga Neumman, replica alle
sue ragioni di militare fedele al regime e al suo desiderio di
un’intervista meno faziosa con uno scandito:"io non sono
imparziale».
Ma la morale del film è tutta nell’intervento finale di Erik
Merino, ex esule dal Cile negli anni Settanta e ora imprenditore
in Italia: «Sono arrivato in un paese che aveva fatta la guerra
partigiana e che aveva difeso lo statuto dei lavoratori. Oggi
viaggio per l’Italia e che somiglia sempre di più al Cile, alle
cose peggiori del Cile. Un consumismo terribile, quello che si
vede, dove la persona che hai al tuo fianco se può ti calpesta.
C'è ormai solo individualismo».
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